10 modi per fare una radiazione adattativa

Il fenomeno della radiazione adattativa è l’equivalente dei fuochi d’artificio per gli evoluzionisti, uno evento spettacolare e imprevedibile che implica lo studio integrato di diverse discipline (ecologia, genetica, evo-devo) e comparato. Un gruppo che subisce radiazione adattativa, in un breve tempo geologico, va incontro a ripetuti eventi di diversificazione che portano il gruppo ad occupare varie nicchie ecologiche. Sergey Gavrilets

Il fenomeno della radiazione adattativa è l’equivalente dei fuochi d’artificio per gli evoluzionisti, uno evento spettacolare e imprevedibile che implica lo studio integrato di diverse discipline (ecologia, genetica, evo-devo) e comparato. Un gruppo che subisce radiazione adattativa, in un breve tempo geologico, va incontro a ripetuti eventi di diversificazione che portano il gruppo ad occupare varie nicchie ecologiche.

Sergey Gavrilets (dei Departments of Ecology and Evolutionary Biology and Mathematics dell’Università del Tennessee) e Jonathan B. Losos (del Museum of Comparative Zoology and Department of Organismic and Evolutionary Biology di Harvard) hanno individuato almeno 10 pattern generali (Adaptive Radiation: Contrasting Theory with Data), che prendono in considerazione variabili quali tempo, spazio e la componente genetica e morfologica, per comprendere tutte le più importanti proprietà della radiazione adattativa.

L’approccio scelto si discosta da quelli del passato, niente più scavare fossili, comparare cladi, studiare popolazioni in natura o in laboratorio: meglio la matematica, che permette generalizzazioni e l’individuazione di lacune logiche.

I pattern proposti sono questi: 1) Precoce periodo di divergenza evolutiva: la speciazione e la divergenza sono concentrate all’inizio della radiazione (esempio: fringuelli di Darwin; lucertole Anolis); 2) Superamento: ad un iniziale incremento di specie segue una diminuzione, causata dall’estinzione o dalla saturazione delle nicchie (esempio: ragni Tetragnatha delle Hawaii; ciclidi); 3) Radiazione a stadi: una progressiva a partire dalla nicchia ecologica fino ai dettagli dei meccanismi di isolamento riproduttivo e alle strategie di sopravvivenza (esempio: uccelli filloscopidi della Nuova Guinea, ciclidi, pesci pappagallo e Anolis); 4) Effetto area: la speciazione è favorita da aree ampie geografiche (esempio: chiocciole delle Galapagos; anolidi dei Caraibi, ciclidi africani); 5) Diversificazione non-allopatrica: ripetute speciazioni parapatriche (al limite di una nicchia/areale) e simpatriche (all’interno della stessa nicchia/areale) (esempio: ciclidi del Cameroon); 6) Effetto da gradiente di selezione: speciazioni parapatriche date da differenze né troppo alte né troppo basse nelle pressioni selettive (esempio: colorazione dei maschi e scelta nelle femmine di ciclidi); 7) Effetto da dimensione spaziale: aree geografiche approssimativamente unidimensionali (fiumi, rive di fiumi e mari) promuovono la speciazione (esempio: ciclidi africani); 8) Effetto da minima azione: la speciazione che avviene dopo il periodo iniziale richiede un cambiamento fenotipico minimo; 9) Effetto del numero di loci: diversificazioni rapide ed estese sono più probabili se il numero di loci implicato è minore (esempio: ciclidi, fringuelli di Darwin e piante del genere Mimulus); 10) Effetto del “genoma poroso”: specie possono stabilmente mantenere la propria divergenza in un grande numero di loci per un lungo periodo nonostante ibridazioni e flusso genico.

Detto ciò, i pattern non sono, ovviamente, mutualmente esclusivi (come testimoniato dagli onnipresenti ciclidi) ed alcuni di questi sono ben supportati dai dati, altri un po’ meno… Giù le calcolatrici… Non ci resta che tornare a scavare fossili, comparare cladi, studiare popolazioni in natura o in laboratorio – di nuovo e ancora.

Giorgio Tarditi Spagnoli