Piccoli ma preparati

In natura i predatori in movimento inducono risposte comportamentali adeguate da parte delle potenziali prede. Uno studio sui pulcini dimostra che tipici comportamenti anti-predatori come il “freezing” e la fuga, sono risposte indotte da stimoli visivi in movimento che non necessitano di apprendimento

Avere reazioni adeguate nei confronti dei predatori è fondamentale per la sopravvivenza. La fuga è una risposta appropriata di fronte ad un predatore che si avvicina rapidamente, mentre ridurre al minimo il movimento quando il predatore sta cacciando è importante per non essere individuati. Questi sono due esempi classici di risposte innescate da minacce predatorie, ma il contributo dell’esperienza nel determinare risposte adeguate nei confronti di oggetti in movimento è tutt’ora dibattuto.

Secondo quanto riportato da uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Trento e pubblicato su PNAS, i pulcini (Gallus gallus) privi di esperienza sono comunque in grado di rispondere in modo appropriato a stimoli che riproducono sia l’attacco che la caccia da parte di predatori volanti.

Generalmente le prede mettono in atto due tipologie di difesa: la prima, definita difesa primaria, raggruppa tutte quelle risposte comportamentali che evitano alla preda di essere intercettata dal predatore, mentre la seconda, la difesa secondaria, serve ad eludere o eventualmente inibire un attacco da parte del predatore. Questa dicotomia insieme alle numerose evidenze del fatto che le risposte anti-predatorie tendono ad essere commisurate al rischio percepito, suggeriscono che le prede possono usare gli indizi dei predatori per valutare le minacce e rispondere adeguatamente. Gli stimoli visivi in movimento sono particolarmente efficaci nell’innescare comportamenti anti-predatori. I pulcini rappresentano un buon modello per lo studio di questi comportamenti in quanto posseggono un sistema nervoso e un sistema motorio relativamente maturi già al momento della schiusa.

I risultati della ricerca mostrano che questi giovani animali, in assenza di esperienza pregressa, possono utilizzare gli indizi visivi in movimento per selezionare la risposta adeguata alle differenti minacce e che queste importanti risposte dall’elevato valore adattativo non necessitano di apprendimento in quanto associate a meccanismi difensivi spontanei.

Per condurre l’esperimento, i ricercatori hanno creato un apparato predisposto per somministrare gli stimoli visivi e registrare le reazioni dei pulcini. In particolare, si trattava di un box con la parte superiore costituita da uno schermo (gli stimoli visivi simulavano un predatore in volo) e un pavimento inferiore trasparente al di sotto del quale era montata una telecamera a infrarossi per captare le immagini e misurare velocità e tempi di reazione.

I pulcini (218 esemplari cresciuti in isolamento e giunti al quarto giorno di vita), sono stati introdotti nell’apparato sperimentale e sottoposti a sessioni di stimolazione. Ad ogni pulcino veniva presentato un solo tipo di stimolo per sessione. Di fronte ad uno stimolo che simulava un rapace in avvicinamento dall’alto (un disco nero che si ingrandiva) i pulcini reagivano rapidamente con la fuga. Quando il disco si avvicinava a velocità costante, attraversando tutto lo schermo, simulando un predatore in caccia, i pulcini rallentavano il movimento fino a bloccarsi, comportamento conosciuto come freezing (PIkaia ne ha parlato qui).

I due grandi etologi Niko Tinbergen e Konrad Lorenz avevano già avanzato l’ipotesi che gli uccelli fossero in grado di mettere in atto reazioni anti-predatorie in risposta a stimoli visivi e in assenza di esperienze che riconducessero ad apprendimento, in linea con la loro idea di meccanismi a rilascio innato e con le risposte comportamentali istintive. Tuttavia questa particolare ipotesi rimane tutt’oggi una questione aperta a causa di poche e contraddittorie evidenze.

La produzione di risposte anti-predatorie appropriate ha un alto valore adattativo. Nei differenti taxa, le prede esibiscono risposte differenti nei confronti delle minacce da parte dei predatori. Per questa ragione è logico prevedere che la pressione evolutiva abbia “equipaggiato” le prede di meccanismi per contrastare i predatori nelle diverse situazioni (PIkaia ne fa alcuni esempi qui). I risultati di questo studio sembrano in parte risolvere la questione dell’origine evolutiva dei comportamenti anti-predatori, suggerendo che l’adattamento delle giovani prede, almeno in alcune specie, è possibile grazie ad appropriati meccanismi difensivi e risposte comportamentali che non necessitano di apprendimento.

Riferimenti:
Marie Hébert et al. Inexperienced preys know when to flee or to freeze in front of a threat. PNAS, published online October 28, 2019; doi: 10.1073/pnas.1915504116

Immagine: Scratchcradle [CC BY-SA 3.0], via Wikimedia Commons