A scuola di evo-devo

Volontariamente non forniamo qui sintesi o conclusioni; una ricca bibliografia può essere rintracciata semplicemente digitando i nomi dei relatori in un motore di ricerca. Consigliamo inoltre un prezioso testo di recente stesura contenente contributi relativi a molte delle tematiche trattate: Minelli A., Fusco G. 2008. Evolving Pathways: Key Themes in Evolutionary Developmental Biology. Cambridge University Press. Proponiamo invece un breve

Volontariamente non forniamo qui sintesi o conclusioni; una ricca bibliografia può essere rintracciata semplicemente digitando i nomi dei relatori in un motore di ricerca. Consigliamo inoltre un prezioso testo di recente stesura contenente contributi relativi a molte delle tematiche trattate: Minelli A., Fusco G. 2008. Evolving Pathways: Key Themes in Evolutionary Developmental Biology. Cambridge University Press.

Proponiamo invece un breve resoconto di quanto accaduto con la speranza possa servire da stimolo per approfondire tematiche ed approcci innovativi.  

Tema di fondo di tutte le lezioni – che si sono succedute nei quattro giorni di lavoro – sono stati gli aspetti concettuali e teoretici della biologia evoluzionistica dello sviluppo.

L’apertura della scuola è spettata di diritto a Gerd B. Müller (Konrad Lorenz Institute, Vienna). Müller ha presentato una panoramica generale sulla storia dell’interazione tra la tradizione evoluzionistica e quella dello sviluppo, dai concetti base che ne hanno sancito il matrimonio fino alle conseguenze teoretiche della disciplina dell’evo-devo. La presentazione ad ampio raggio ha messo in evidenza quali siano gli elementi di innovazione dell’approccio evo-devo, in particolare rispetto ai paradigmi della sintesi moderna, e quale contributo questa possa fornire alla teoria classica dell’evoluzione.
Oltre alla discussione dei contributi teoretici sono stati presentate alcune interessanti tecniche innovative per l’acquisizione di dati in tre e quattro dimensioni che possono essere integrate alle classiche metodologie di analisi dei processi dello sviluppo. Nuovi strumenti di indagine quantitativa sono di particolare interesse nella pratica sperimentale in quanto permettono di condurre dettagliate analisi comparative e, seguendo un trend particolarmente in auge, di modellizzare i processi, le loro interazioni, e relazioni temporali.

L’intervento successivo ha visto come relatori i padroni di casa, Alessandro Minelli e Giuseppe Fusco (Università di Padova). La presentazione ha avuto come focus principale lo sviluppo post-embrionale e la sua importanza – spesso trascurata in favore dello sviluppo embrionale – nella comprensione delle meccaniche dello sviluppo degli organismi. I due professori hanno mostrano come si debba essere sospettosi delle definizioni che correntemente vengono utilizzate nella pratica biologica. Anche se operativamente utili, queste rischiano di compartimentalizzare i concetti creando delle categorie che non hanno corrispettivo reale. Ne sono esempi il concetto di segmento o quello di individuo.

La lezione del prof. Minelli ha costituito, nell’ambito della Summer School, anche un’inedita apertura al regno vegetale, elaborando sul concetto di segmento nelle piante. Come notato dallo stesso Minelli, i contributi a questa scuola veneziana ben riflettono il panorama internazionale dell’evo-devo: pochi, ad ora, sono stati i tentativi di approcciare con l’occhio evo-devo il mondo delle piante e, ancor meno, quello dei funghi. Costituzionalmente, fisiologicamente, ha concluso Minelli, l’evo-devo necessita dell’integrazione dei dati provenienti dai diversi regni della vita.

La lezione del prof. Einhard Schierenberg (Università di Colonia) esperto nello sviluppo dell’organismo modello Caenorhabditis elegans, ha illustrato in dettaglio lo sviluppo cellulare dei nematodi. Le traiettorie dello sviluppo, si è argomantato, variano non solo tra i ranghi tassonomici più alti (come tra i vari phyla) anche tra specie strettamente imparentate come dimostrato dal particolare caso dei nematodi. In questo gruppo di organismi, infatti, si assiste ad una generale conservazione del piano corporeo (bauplan) corporeo nelle diverse linee evolutive del phylum, mentre le traiettorie dello sviluppo, in particolare quello delle fasi più precoci dell’embriogenesi differiscono in modo notevole. Come giustificare, insomma, l’invenzione di percorsi così differenti per raggiungere lo stesso obiettivo?

Nella lezione del prof. Johannes Jaeger (Centre de Regulació Genòmica, Barcellona) è stato presentato l’ampio settore dello studio delle reti geniche regolatorie. L’attenzione è stata focalizzata sullo studio delle interazioni dei geni che controllano lo sviluppo analizzando come caso specifico la rete regolatoria dei geni coinvolti nella formazione degli assi corporei. Se i classici metodi di analisi hanno portato molte nuove informazioni riguardo lo sviluppo degli organismi, una piena comprensione dei meccanismi ad esso sottesi necessita di una visione integrata delle interazioni tra i geni e delle reti regolative; Jaeger ha mostrato come la misurazione quantitativa dell’espressione genica combinata con l’utilizzo di modelli matematici possa portare al superamento delle limitazioni imposte dall’utilizzo dei due approcci isolati.

Stuart A. Newman (New York Medical College, Valhalla) ha focalizzato il suo intervento sul ruolo dei processi fisici nell’origine e nello sviluppo delle forme biologiche. L’origine dei maggiori piani corporei, si è discusso, non è direttamente correlabile con l’origine genomica dei maggiori gruppi animali. Alcuni organismi unicellulari, ad esempio, possiedono geni che specificano per strutture corporee che sono presenti solo nei metazoi. Secondo Newman i piani corporei dei metazoi si sarebbero originati e diversificati sotto l’azione di moduli organizzativi dinamici DPM (Dynamical Patterning Modules): l’azione genica sarebbe strettamente controllata (dettata?) delle leggi fisiche del contesto in cui si trovano. Sono stati quindi analizzati in dettaglio processi quali la gastrulazione, la diffusione a gradiente delle molecole induttrici e la segmentazione, formalizzando tutti questi processi in modelli fisico-matematici che possono poi essere utilizzati per simulare il processo di sviluppo.

Con i DPM Newman propone anche una spiegazione alla variazione non graduale dei caratteri fenotipici. I meccanismi dello sviluppo presentano dei valori soglia che ne modificano il percorso. La variazione può andare accumulandosi senza essere espressa fenotipicamente; il raggiungimento di una certa soglia sdoganerà la variazione fenotipica.

Jukka Jernvall e Isaac Salazar-Ciudad (University of Helsinki) hanno presentato nuovi approcci di modellizzazione matematica dello sviluppo. Differenti pattern di formazione sono responsabili della produzione di variazione morfologica: la direzionalità del cambiamento morfologico può essere modellizzata matematicamente come risultato dell’interazione tra l’azione della selezione naturale e i vincoli che lo sviluppo dell’organismo può imporre alla comparsa di novità evolutive. Jernvall e Salazar-Ciudad si sono in particolare soffermati sul caso dell’evoluzione della dentizione nei mammiferi.

L’intervento di Claudio Alonso (University of Sussex) ha avuto come oggetto lo studio della regolazione genica durante lo sviluppo e l’evoluzione degli organismi. I cambiamenti nella funzionalità dei geni che regolano lo sviluppo sono infatti una delle chiavi per la comprensione della variazione delle modalità di sviluppo degli organismi e quindi della variazione morfologica osservabile. Alonso si è in particolar modo soffermato sulla regolazione trascrizionale e post-trascrizonale in diversi gruppi animali proponendo una fondamentale importanza per i moduli cis-regolatori, cioè l’insieme di tutti i regolatori di un gene che sono posti fisicamente nelle sue vicinanze. E’ infatti sempre più evidente l’importanza di una migliorata comprensione non solo dei geni coinvolti nello sviluppo di un determinato pattern e della loro funzione ma anche delle loro modalità regolative. Durante l’evoluzione, infatti, può accadere che a variare non siano i geni o la loro funzione in modo diretto, ma il modo in cui questi vengono utilizzati, quindi la loro regolazione, evidenziando così il carattere plastico dell’evoluzione delle forme viventi che l’evo-devo sta sempre più chiaramente portando alla luce.

Spetta a Ronald Jenner (Natural History Museum, Londra) concludere la Summer School con una con una panoramica sul “Tree thinking”: filogenetica e la sua importanza nell’approccio evo-devo.

Come hanno mostrato anche alcuni recenti studi, ha ricordato Jenner, la comprensione della rappresentazione ad albero delle relazioni tra gli organismi è tutt’altro che istintiva per la nostra mente. Malgrado una percentuale rilevante (circa il 30%) degli articoli pubblicati sulle classiche riviste dedicate all’evo-devo (ad esempio Evolution and Development, Journal of Experimental Zoology) riporti risultati di analisi filogenetiche, anche tra gli addetti ai lavori rimangono sintomatiche incertezze su alcuni punti chiave nella lettura delle relazioni evolutive. Un problema che davvero necessita di interventi urgenti.    

La Summer School on Evolutionary Developmental Biology si è conclusa con un arrivederci ad una prossima edizione. Docenti e studenti hanno espresso pareri entusiasti rispetto ai contenuti scientifici e all’organizzazione e delle giornate veneziane.

Ringraziamo gli organizzatori e l’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti per aver contribuito, riunendo un team di importanti scienziati di fama internazionale, alla divulgazione delle conoscenze di quella che è la frontiera moderna della comprensione della natura evolutiva della vita su questo pianeta.

Sara Baccei e Massimo Bernardi