Acqua e radiazioni per cena

Ci sono voluti gli sforzi di ben otto istituzioni per chiarire il singolare metabolismo di batteri che si sostentano con l’energia ricavata dai prodotti di decomposizione dell’acqua per azione dell’uranio radioattivo: lo ha recentemente annunciato la rivista Science. Lisa Pratt, che conduce ricerche di biogeochimica, spiega la sorprendente scoperta, che allarga i confini della biosfera comprendendo ora addirittura le profondita’

Ci sono voluti gli sforzi di ben otto istituzioni per chiarire il singolare metabolismo di batteri che si sostentano con l'energia ricavata dai prodotti di decomposizione dell'acqua per azione dell'uranio radioattivo: lo ha recentemente annunciato la rivista Science. Lisa Pratt, che conduce ricerche di biogeochimica, spiega la sorprendente scoperta, che allarga i confini della biosfera comprendendo ora addirittura le profondita' della crosta terrestre: non e' il sole, con la sua energia, a permettere la vita in un simile habitat, bensi' l'energia nucleare che deriva dal decadimento dell'uranio contenuto nelle rocce.

La Pratt e il suo numeroso gruppo di ricerca hanno sondato le profondita' terrestri all'interno di una miniera aurifera sudafricana a Mponeng, nei dintorni di Johannesburg: dell'acqua risaliva da una frattura, con il suo carico di sostanze chimiche e batteri. Dal punto di vista chimico, l'analisi dei campioni raccolti ha evidenziato la presenza di idrogeno, formatosi dalla reazione di decomposizione dell'acqua promossa dall'energia liberata dai processi di fissione dell'uranio. L'analisi molecolare con la tecnica del microarray delle specie batteriche contenute nei campioni di acqua ha rivelato l'appartenenza alla divisione Firmicutes (batteri prevalentemente Gram positivi con parete cellulare) termofili riduttori dei solfati, separatisi dai loro "parenti" di superficie (ad esempio da Desulfotomaculum kuznetsovii) tra 3 e 25 milioni di anni fa. Essi sono autotrofi in grado di estrarre l'energia chimica dell'idrogeno che si forma dall'acqua irradiata e dei solfati che vengono prodotti geologicamente, producendo a loro volta dei sostanze che servono da cibo per altri microorganismi; un po' come gli autotrofi fotosintetici fanno in superficie. L'analisi evidenzia inoltre che questa e' una comunita' stabile, probabilmente "vecchia" di milioni di anni, infiltratasi nella frattura per effetto del trasporto da parte di acque meteoriche.

Ma le ricerche future di Lisa Pratt si spingono oltre il nostro pianeta: nel mettere a punto nuovi strumenti e tecniche analitiche per la ricerca della vita nelle profondita' della crosta terrestre, la Pratt spera di dedicarsi presto all'esplorazione del permafrost di Marte, e della vita potenzialmente intrappolata sul pianeta rosso.

Paola Nardi