Acqua o terra? Dipende…

Ogni specie ovipara esistente è solita deporre le proprie uova in un determinato ambiente: esistono infatti animali che ovodepongono in acqua, mentre altre sulla terra ferma. Essendo questi due ambienti profondamente differenti, con l’imposizione di diverse pressioni selettive, le uova sono solitamente adattate allo sviluppo in una sola delle due situazioni, anche se esistono casi di plasticità di questo comportamento

Ogni specie ovipara esistente è solita deporre le proprie uova in un determinato ambiente: esistono infatti animali che ovodepongono in acqua, mentre altre sulla terra ferma. Essendo questi due ambienti profondamente differenti, con l’imposizione di diverse pressioni selettive, le uova sono solitamente adattate allo sviluppo in una sola delle due situazioni, anche se esistono casi di plasticità di questo comportamento in alcuni invertebrati. Tra i vertebrati, al contrario, non sono noti esempi in questo senso, almeno fino ad ora: la specie Dendropsophus ebraccatus, una rana che abita le regioni dell’America Centrale, sembra infatti ovodeporre sia in acqua che sulla terra, scegliendo il luogo adatto in base alle condizioni ambientali.

Popolazioni di questa specie di anfibio che vivono nella foresta, sotto una folta copertura vegetale ed in presenza di elevata umidità, infatti sono state documentate deporre le proprie uova in ammassi gelatinosi rilasciati su materiale vegetale in prossimità di piccoli specchi d’acqua. In questo modo, i girini appena schiusi devono semplicemente tuffarsi in acqua per proseguire al meglio il proprio sviluppo. Altre, che al contrario abitano aree non boschive, ovodepongono sotto la superficie dell’acqua, utilizzando come substrato alcune piante acquatiche.

Alla base di questo comportamento così differente, messo in atto da individui della medesima specie, ci sono cause genetiche? C’è stata dunque una divergenza che ha portato popolazioni di aree diverse ad adattarsi alle differenti condizioni oppure è solo il frutto di un’elevata plasticità comportamentale? Per testare quale delle due ipotesi fosse attendibile, un gruppo di ricercatori della Boston University ha prelevato da entrambe le popolazioni alcuni individui e li ha posti nelle due situazioni diverse.

I risultati, pubblicati su Proceedings of the National Academy of Science (PNAS), di cui hanno meritato la copertina dell’ultimo numero, indicano che quando si trovano in condizioni di elevata ombreggiatura, la maggior parte delle rane depongono le proprie uova sul terreno vicino agli stagni; al contrario, in assenza di copertura vegetale il comportamento è l’opposto. Si tratta dunque di un caso di grande plasticità comportamentale, promossa dall’azione della selezione naturale, che permette alle rane di deporre le uova di volta in volta nel luogo più adatto e sicuro, dipendente dalle condizioni esterne, massimizzando così la propria fitness.

Infatti, nel primo caso, non avendo problemi di disidratazione, eviterebbero un alto costo in termini di predazione delle uova, dovuto soprattutto a organismi acquatici specializzati al consumo di queste, e i problemi connessi all’assimilazione dell’ossigeno necessario per lo sviluppo embrionale, meno concentrato in acqua; nel secondo, invece, non potendo usufruire dell’ombra e dell’umidità delle piante, la strategia migliore per non condurre al decesso tutta la prole è quella di deporre in acqua, rischiando di incappare in predatori e di non portare al completo sviluppo tutti gli embrioni, ma sicuramente evitando l’essicazione della massa di uova.

Questi risultati suggeriscono che, contrariamente a quanto si pensava, non esiste una perfetta dicotomia tra la deposizione terrestre e acquatica, ma sottolinea come anche questo carattere in natura sia rappresentato da un continuum di situazioni. Anzi, concludono i ricercatori, questa specie  potrebbe rappresentare una situazione di passaggio tra la deposizione in acqua e la deposizione sulla terra, un gradino intermedio nell’evoluzione delle uova completamente svincolate dal mezzo acquoso.

Andrea Romano

Fonte dell’immagine: www.amphibiancare.com