Bravo Triceratopo

Dopo due recenti casi riguardanti dinosauri molto diversi fra loro, è successo ancora: quelli che si pensava fossero due diverse specie, sebbene filogeneticamente strettamente imparentate, non sarebbero altro che due stadi di sviluppo del medesimo animale. Dopo il caso del pachicefalosauro (Pikaia ne ha parlato qui) e del diplodoco (Pikaia ne ha parlato qui), questa volta è toccato al celeberrimo

Dopo due recenti casi riguardanti dinosauri molto diversi fra loro, è successo ancora: quelli che si pensava fossero due diverse specie, sebbene filogeneticamente strettamente imparentate, non sarebbero altro che due stadi di sviluppo del medesimo animale. Dopo il caso del pachicefalosauro (Pikaia ne ha parlato qui) e del diplodoco (Pikaia ne ha parlato qui), questa volta è toccato al celeberrimo triceratopo (Triceratops horridus).

Secondo quanto sostengono i paleontologi John Scannella e John R. Horner della Montana State University con un articolo dal titolo eloquente “Torosaurus is Triceratops sulle pagine del Journal of Vertebrate Paleontolgy, infatti, questo dinosauro non sarebbe altro che lo stadio giovanile di un altro colosso (ancora più colossale!), il torosauro (Torosaurus latus). L’errore di valutazione finora commesso era piuttosto comprensibile dal momento che i fossili di quelli che fino ad oggi erano considerati triceratopi e torosauri sono molto diversi tra loro, a prescindere dalle dimensioni corporee: sebbene entrambi fossero dotati di tre corna e un collare osseo, il collare osseo del torosauro era di dimensioni decisamente superiori ed era solcato da due grandi cavità. Il “piccolo” triceratopo non era dunque una copia in miniatura del più grosso torosauro.

Per giungere a tale conclusione, Scannella e Horner, oltre ad effettuate misurazioni su lunghezza, larghezza e spessore dei crani, hanno analizzato la microstruttura, la tessitura superficiale e il profilo del collare osseo di 50 individui fossili di triceratopo e torosauro. Mediante queste analisi microscopiche è stato possibile comprendere se questa struttura fosse ancora in fase di sviluppo o, al contrario, se si trattasse di un collare osseo ormai del tutto formato e giunto alla sua conformazione definitiva. Dai risultati emerge che i crani attribuiti ai triceratopi, anche quelli di individui considerati adulti, erano in in piena fase di cambiamento, contrariamente a quelli dei torosauri. Questo indicherebbe, sostengono i ricercatori, che i triceratopi non erano niente di meno che individui giovani di torosauro, che, come dimostrato in altri dinosauri, dovevano attraversare una fase di notevole metamorfosi prima di giungere alla conformazione tipica degli adulti.

Altri indizi supportano questa suggestiva ipotesi: ad esempio, non è un caso che non siano mai stati trovati stadi giovanili di torosauri, mentre si conoscono numerosi esempi di triceratopi con crani di varie dimensioni, da quelle di un pallone a quelle di una piccola automobile. Inoltre, i fossili di triceratopi sono di gran lunga numericamente superiori a quelli dei torosauri. Se i due animali fossero in relatà la medesima specie, sarebbe dunque possibile spiegare anche questa discrepanza nella frequenza di ritrovamenti fossili, che indicherebbe un’alto tasso di mortalità negli stadi giovanili.

Ora si pone un importante problema tassonomico: solo una delle due specie potrà mantenere il suo nome e, dal momento che si tratta della forma adulta, questo spetterebbe di diritto al torosauro. E che dire, allora, di tutta la suggestione che per decenni ha suscitato il bravo triceratopo? Mi auguro che non si ripeta il caso del brontosauro che viene introdotto così dalla famosa Wikipedia: Apatosaurus è il nome corretto per definire il dinosauro universalmente noto come brontosauro, tipico del Giurassico  superiore degli Stati Uniti…

Andrea Romano

Riferimenti:
John B. Scannellaa, John R. Hornera, Torosaurus Marsh, 1891, is Triceratops Marsh, 1889 (Ceratopsidae: Chasmosaurinae): synonymy through ontogeny, Journal of Vertebrate Paleontology, Volume 30, Issue 4 July 2010 , pages 1157 – 1168, DOI: 10.1080/02724634.2010.483632