Cervelli aviani e mammaliani. Incontri ravvicinati del terzo tipo

Il laboratorio di Erich Jarvis mostra che il pallio degli uccelli e la corteccia dei mammiferi sono giunti a soluzioni molto più simili di quanto si pensasse

Il gruppo di Erich Jarvis, alla Duke University di Durham, ha pubblicato sul Journal of Comparative Neurology i risultati di un lavoro decennale: l’analisi quantitativa e qualitativa dell’espressione di 52 geni in 23 regioni cerebrali di dieci specie di uccelli, fra le quali colibrì, pappagalli e quaglie. L’analisi fornisce una visione d’insieme più che convincente a supporto della revisione della nomenclatura del cervello aviano (già Reiner et al. 2004). Nella visione classica di origine ottocentesca le regioni che si trovano sotto la scissura del ventricolo laterale venivano considerate subpalliali, da cui i vecchi nomi di neostriato, iperstriato, archistriato e paleostriato. I neurobiologi dell’Avian Brain Nomenclature Consortium concordano nell’attribuire le prime tre vecchie regioni al pallio, il quale si svilupperebbe dunque intorno al ventricolo e lungo la lamina ad esso associata.
Non è solo un’amena questione di parole. La precedente terminologia rifletteva l’errato disegno dell’evoluzione come lineare e progressivo cambiamento verso il cervello umano: solo i mammiferi avrebbero numerose ed estese regioni corticali, mentre i pesci, con rettili e uccelli a seguire, sarebbero dominati dai gangli basali, di cui lo striato fa parte. In questa immagine si vede chiaramente quanto veniva rubato al pallio sotto le vecchie denominazioni. Il pallio degli uccelli costituisce circa il 75% dell’intero telencefalo.
La divisione nei principali domini del cervello è regolata in rane, tartarughe, topi e uccelli dagli stessi geni homeobox (come le famiglie EMX, DLX e PAX) all’inizio della neurogenesi. In tutti gli amnioti il telencefalo è così suddiviso in pallio, striato e pallido, il primo dei quali si organizza diversamente durante stadi successivi dello sviluppo. La corteccia dei mammiferi è stratificata e più o meno piena di circonvoluzioni, mentre l’organizzazione cellulare del pallio aviano è prevalentemente nucleare. Due ipotesi competono per spiegare questa soltanto parziale omologia: l’ipotesi che assegna ad alcuni nuclei del pallio aviano l’omologia per diversi strati corticali mammaliani; e l’ipotesi che invece ritiene le regioni palliali sotto il ventricolo siano omologhe all’amigdala e al claustro, un sottile foglietto di neuroni addossato alla corteccia insulare nei mammiferi. Entrambe queste ipotesi si basano sulla vecchia assunzione che negli uccelli le regioni del pallio disposte sopra e sotto il ventricolo non siano imparentate.
Nello studio di Jarvis invece queste regioni si rivelano più simili tra loro di quanto non lo siano con altre popolazioni cellulari adiacenti. I pattern di geni la cui espressione è regolata dal comportamento (BDNF, EGR1, C-FOS, C-JUN, DUSP1 e ARC) rivelano che le popolazioni cellulari del pallio si organizzano in colonne funzionali che aggirano il ventricolo, il principale ostacolo che rendeva cieca la vecchia nomenclatura. Ognuna di queste colonne contribuisce a diversi sistemi sensori e motori. L’ipotesi di Jarvis e colleghi considera queste popolazioni di cellule come campi, possibilmente omologhi sia alla corteccia stratificata dei mammiferi sia al complesso claustro/amigdala. Inoltre, lo studio gemello (Chen et al. 2013) dimostra che durante lo sviluppo, prima e dopo la schiusa, le divisioni del pallio hanno profili di espressione e tempi simili alle analoghe cellule corticali dei mammiferi. 
Una volta, la corteccia dei mammiferi era chiamata neopallio. Lungi dall’essere un’aggiunta innovativa singolare, è solo uno dei possibili modi di ottenere le stesse soluzioni. Le somiglianze tra il cervello dei mammiferi e quello degli uccelli sono impressionanti, ma non bisogna dimenticare che le principali linee evolutive da cui derivano, i sinapsidi e i sauropsidi, si divisero la bellezza di 320 milioni di anni fa. Gli autori dello studio sono cauti nell’attribuire lo status di omologia alle colonne funzionali che hanno riscontrato, perché uccelli e mammiferi potrebbero essere arrivati a soluzioni simili in modo diverso. Le cellule disposte in colonne corticali nei mammiferi giungono a destinazione tramite migrazione radiale dallo stesso settore della zona ventricolare, mentre le colonne aviane coinvolgono gruppi di cellule che potrebbero disporsi tramite un altro tipo di migrazione da differenti settori della stessa zona. Servono ulteriori dati sui profili di espressione nel cervello di mammiferi e rettili non aviani, ma per animali così lontanamente imparentati è davvero idealistico aspettarsi un’omologia uno-a-uno.
Lo stesso vale per l’apprendimento vocale in uomini e uccelli (Pikaia ne ha parlato qui). Jarvis sostiene da tempo che dietro questo comportamento ci siano convergenze molecolari, vincoli genetici simili ma reclutati in modo indipendente da pulcini canori e parlanti in erba. Questi vincoli controllerebbero le connessioni tra i percorsi del prosencefalo per l’apprendimento motorio e i neuroni motori del tronco encefalico che normalmente sottendono alla produzione vocale innata. Nella nuova nomenclatura i nuclei vocali HVC, MAN e RA finiscono dritti dritti nel pallio, rendendo più agevole la comparazione con i percorsi dalla corteccia motoria facciale al tronco encefalico – in particolare al nucleo ambiguo del midollo allungato – coinvolti nell’apprendimento del linguaggio. Mentre il fringuello zebra canta, l’espressione di tutti e sei quei geni attività-dipendenti subisce un incremento in qualcuno dei sette nuclei vocali. L’unica espressione che si può considerare specifica per il canto è quella di DUSP1, dal momento che non è regolata in altre aree al di fuori di quelle sensorie non primarie, mentre raggiunge i livelli più alti proprio nei nuclei vocali durate il canto (anche negli altri uccelli che apprendono le vocalizzazioni: Horita et al. 2012). L’espressione di EGR1 è invece indotta anche in regioni adiacenti da performance motorie non vocali.
Con questo studio, gli uccelli si rivelano un ottimo modello per la neurobiologia, e senza dubbio il modello più sfruttato riguardo alla convergenza dell’apprendimento vocale. Per cui, la prossima volta che darete del “cervello di gallina” a qualcuno, ricordatevi che la sua corteccia non è tanto diversa dalla vostra.
In Dropbox, fra i video di supporto, trovate le ricostruzioni 3D rotanti dei principali nuclei vocali nel fringuello zebra.
Irene Berra
Riferimenti
Chen C-C, Winkler CM, Pfenning AR, Jarvis ED. 2013. Molecular profiling of the developing avian telencephalon: Regional timing and brain subdivision continuities. J Comp Neurol 521(16): 3666-3701.
Horita H, Kobayashi M, Liu W-c, Oka K, Jarvis ED, et al. (2012) Specialized motor-driven dusp1 expression in the song systems of multiple lineages of vocal learning birds. PLoS ONE 7(8): e42173. 
Jarvis ED, Yu J, Rivas MV, Horita H, Feenders G, Whitney O, Jarvis SC, Jarvis ER, Kubikova L, Puck AE, Siang-Bakshi C, Martin S, McElroy M, Hara E, Howard J, Pfenning A, Mouritsen H, Chen CC, Wada K. 2013. Global view of the functional molecular organization of the avian cerebrum: Mirror images and functional columns. J Comp Neurol. 521(16): 3614-65. 
Reiner A, Perkel DJ, Bruce LL, Butler AB, Csillag A, Kuenzel W, Medina L, Paxinos G, Shimizu T, Striedter G, Wild M, Ball GF, Durand S, Guturkun O, Lee DW, Mello CV, Powers A, White SA, Hough G, Kubikova L, Smulders TV, Wada K, Dugas-Ford J, Husband S, Yamamoto K, Yu J, Siang C, Jarvis ED. 2004. Revised nomenclature for avian telencephalon and some related brainstem nuclei. J Comp Neurol 473(3): 377–414.
Crediti immagine: un fringuello zebra (Taeniopygia guttata), Bloedel Conservatory – Vancouver (Canada). Foto di Ann Hung どこでもいっしょ. Tutti i diritti riservati.