Ci sono corna che non si possono affrontare

Cosa hanno in comune una roccia del Messico, un letto di ossa del Montana, l’Indiana University Press e un uomo con una ragazza molto espansiva? Quando la maggior parte di noi sente parlare di dinosauri cornuti pensa immediatamente al più famoso di tutti: il Triceratopo. Ma la famiglia dei Ceratopsidi (questo il loro nome corretto) è più articolata e numerosa

Cosa hanno in comune una roccia del Messico, un letto di ossa del Montana, l’Indiana University Press e un uomo con una ragazza molto espansiva?

Quando la maggior parte di noi sente parlare di dinosauri cornuti pensa immediatamente al più famoso di tutti: il Triceratopo. Ma la famiglia dei Ceratopsidi (questo il loro nome corretto) è più articolata e numerosa di quanto si pensi comunemente. Ed è anche in continuo aumento! L’Università dell’Indiana, negli USA, ha sfornato da poco un libro, dal titolo “New Perspectives on Horned Dinosaurs” che tira le fila delle ultime scoperte in questo campo, descrivendo nuovi componenti della famiglia. Due in particolare meritano attenzione. Il primo perché è grande e grosso (e non vorremmo mai offenderlo e inimicarcelo), il secondo perché è un simpatico burlone.

Il più massiccio dei due si chiama Coahuilaceratops magnacuerna. È sbucato nel 2001 vicino alla città di Porvenir de Jalpa (a circa 65 km a ovest di Saltillo), da un’unità di roccia messicana conosciuta come Cerro del Pueblo Formation. È datato tra i 71.5 e i 72.5 milioni di anni fa. Era erbivoro e (alla faccia di chi sostiene che l’insalata non fa ingrassare, mentre il kebab sì), era enorme. Ma proprio grosso! Per capirci: oggigiorno l’animale terrestre più grosso esistente dopo l’elefante è il rinoceronte bianco; ebbene, in confronto al Coahuilaceratopo, Rino è un nanetto. Tanto per cominciare, il nostro dinosaurino era lungo più o meno 6 metri e mezzo (un paio più del rinoceronte bianco), era alto tra 1,8 e 2,1 metri al garrese e pesava all’incirca 4-5 tonnellate (1 o 2 in più dell’odierno compagno di corna). Tanto per finire, era dotato di un cranio lungo circa 1 metro e 80 centimetri e poteva sfoggiare un paio di virili corna lunghe più di 1 metro e 20: le più grandi della categoria “Grandi Corna di Ceratopsidi”. Se considerate che il cosiddetto afrodisiaco corno di rinoceronte è lungo in media 50 centimetri, e che se fate arrabbiare Rino in un safari questo vi ribalta una jeep blindata a testate, capirete che non era tipo da infastidire il nostro Coa (nome amichevole: bisogna sempre mantenere buoni rapporti con chi ha una testa più lunga di tutto il tuo corpo).

E, a proposito di nomi, Coahuilaceratops deriva dallo stato messicano di Coahuila, dove è stata rinvenuto il Cerro del Pueblo, e da “ceratops”, termine greco per indicare un musetto cornuto; magnacuerna è invece una maccheronica combinazione di latino e spagnolo in riferimento alle corna che Coa sfoggiava al posto delle sopracciglia. Diversi animali, diversi modi di rendere espressivo il proprio sguardo: sapete com’è la biodiversità…

Ma, a prescindere dalle sue protuberanze, perché il Coahuilaceratops magnacuerna  è tanto interessante per i paleontologi? Perché come spiega Mark Loewen, primo autore dello studio e paleontologo del Museo di Storia Naturale dello Utah, è il primo ritrovamento di una specie identificabile di un Ceratopside nel Messico del Sud: la sua scoperta quindi accresce incommensurabilmente la nostra conoscenza dei dinosauri che vivevano in questa zona durante il Tardo Cretaceo. Coahuilaceratops appartiene alla sottofamiglia dei ceratopsidi Chasmosaurini (l’altra sottofamiglia è detta dei Centrosaurini), ed è strettamente imparentato con i famosi ceratopsidi apparsi nell’ovest del Nord America come il Chasmosaurus, il Pentaceratops e il Triceratops.

Basandosi sullo sviluppo osseo del teschio e dello scheletro, gli scienziati credono che Coa fosse un adulto al tempo della morte. Nello stesso sito sono stati inoltre anche resti di un esemplare giovane. Coa era uno dei più massicci erbivori del suo ecosistema, quindi da adulto probabilmente non temeva nemmeno i grandi predatori come il tirannosauro. Pertanto, sebbene non ce ne sia la certezza, il vantaggio evolutivo portato dalle enormi corna non era legato all’autodifesa, bensì al richiamo nei confronti del partner riproduttivo e al combattimento con competitori della stessa specie.

Insomma, come spesso capita tutt’oggi, cornuto è bello! Quanto meno al di fuori della società umana…

Ma vi avevo accennato ad un cornuto burlone: trattasi del Medusaceratops lokii. Anch’esso un Chasmosaurino, questo esemplare si è conquistato un posto di rilievo all’interno del libro dell’Indiana University Press. E non solo, come qualcuno potrebbe malignare, perché lo scienziato del Museo di Storia Naturale di Cleveland nonché scopritore Michael J. Ryan è casualmente anche il primo curatore del libro in questione. Bensì perché Meduso (teniamoci buono anche lui, non si sa mai) è il primo ceratopside chasmosaurino dell’epoca campaniana (un’epoca che va da 83.5 a 70.6 circa milioni di anni fa) trovato in Montana. E, se non bastasse, la bestiola è il più antico ceratopside Chasmosaurino conosciuto.

L’animale, 78 milioni di anni fa (durante il tardo periodo cretacico), visse mangiucchiando insalate evidentemente meno caloriche di quelle di Coa. A testimoniarlo le dimensioni più contenute: 6 metri di lunghezza per un peso di più di 2 tonnellate. Uno smilzo. Ma perché si è meritato del burlone?

Meduso è stato scoperto in un letto di ossa rinvenuto in un terreno privato situato lungo il Milk River, nella zona centro-settentrionale del Montana. Le ossa fossilizzate provenienti dal sito vennero successivamente acquisite dalla Canada Fossil Inc. di Calgary, Alberta, nella metà degli anni ’90. Anni dopo la compagnia chiese a Ryan ed ai suoi colleghi una perizia per identificare il materiale. Solo che(problemino!) gli scienziati inizialmente non furono in grado di capire cosa avessero di fronte. Parte del materiale sembrava venire da un animale imparentato con il Centrosaurus, un centrosaurino noto per avere corte ossa sopraccigliari; il resto dei pezzi mostravano invece corna giganti simili al chasmosaurino Triceratops.

Il fatto è che nel 2007 Ryan aveva scoperto a sud di Alberta un cranio fossile completo di centrosauro con lunghe corna ossee: questo sembrava appartenere ad un nuovo animale del Montana, e lo studioso lo chiamò Albertaceratopo. In quel periodo il paleontologo credette di aver a che fare con un “randagio” finito fuori strada milioni di anni fa varcando confini internazionali. Esaminando quindi le ossa dategli dalla Canada Fossil, Ryan ipotizzò la loro appartenenza ad un Albertaceratopo. Solo dopo un riesame il paleontologo dovette ricredersi: alcuni elementi erano troppo grandi, troppo per qualunque altro dinosauro cornuto dello stesso periodo. Si trattava di una nuova specie che, seppure superficialmente molto simile ad Albertaceratops, apparteneva alla sottofamiglia dei chasmosauri.

Il Medusaceratops possedeva sopra ogni occhio corna ossee giganti, lunghe più di un metro. Aveva inoltre sul retro del cranio una grande placca ossea fronzoluta (un collare) adornata da grandi uncini arricciati. Da qui il nome: Medusaceratops significa “Muso cornuto di Medusa”, appellativo riferito agli spessi uncini fossili del collare, simili a serpenti. La seconda parte del nome, lokii, viene dal dio nordico dell’inganno Loki, ed è un (non si sa quanto piccato) omaggio ai grattacapi creati dal nostro amico agli scienziati intenti ad analizzare le sue ossa. Anthony Russel, co-autore della ricerca, spiega che anche in questo caso la spettacolare decorazione della placca ossea probabilmente non era utilizzata per difendersi dai predatori. Meduso aveva le dimensioni del Triceratopo, ma era più vecchio di 10 milioni di anni: il T. rex non era ancora in circolazione, per cui da cosa avrebbe dovuto difendersi? Il collare era piuttosto un gioiello scintillante preistorico utilizzato per attrarre una compagna.

Insomma, gioiello è bello! E questo anche nella società umana…

Luca Perri

Riferimenti:
Michael J. Ryan, Brenda J. Chinnery-Allgeier, and David A. Eberth (eds). New Perspectives on Horned Dinosaurs: The Royal Tyrrell Museum Ceratopsian Symposium, Indiana University Press, 656 pp, 2010.

Immagine di Luca Perri