Come hanno fatto le piante a diventare carnivore

Le piante carnivore hanno acquisito la capacità di intrappolare e digerire prede animali, . caratteristica evolutasi molte volte nel corso della diversificazione delle angiosperme,. Quali sono i meccanismi che hanno permesso l’evoluzione della “carnivorismo”? Lo studio dell’evoluzione molecolare del genoma di una piccola pianta carnivora fornisce molti indizi

L’evoluzione degli organismi dipende prevalentemente dalle modificazioni che si accumulano nel corso del tempo sul loro genoma. I meccanismi molecolari che permettono ai genomi di evolvere sono molteplici e includono modificazioni di singoli geni o dell’intero corredo cromosomico.

La duplicazione genica, cioè la formazione all’interno di un genoma di copie multiple di uno stessa sequenza, può conferire un potenziale vantaggio evolutivo per gli organismi perchè permette loro di mantenere una copia della sequenza del gene, che conserva la sua funzione originale, mentre le altre copie sono libere di mutare e acquisire nuove funzioni potenzialmente utili. Al pari della duplicazione, anche la delezione genica, che consiste nella perdita di frammenti di DNA, può generare altra variabilità tra gli organismi, aumentando così il “materiale grezzo” su cui la selezione naturale può operare.

Se la duplicazione coinvolge l’intero assetto cromosomico di una cellula germinale, si raddoppia il numero di copie iniziale di ciascun gene e l’individuo che si origina diventa poliploide. La poliploidia può avvenire a causa di errori di divisione cellulare durante la meiosi (autoploidia), oppure può derivare dall’unione di due set aploidi di cromosomi che provengono da specie diverse (allopoliploidia).

Per quanto sia poco tollerata negli animali (perché associata quasi sempre a sterilità o al mancato sviluppo embrionale), nelle angiosperme la poliploidia è uno dei più importanti meccanismi evolutivi e ha dato origine a numerose varietà di piante coltivate (come il grano e il cotone) così come alla nascita di specie più bizzarre, come le piante carnivore.

Per via dei loro peculiari adattamenti queste piante hanno da sempre suscitato la curiosità di molti scienziati (primo fra tutti Charles Darwin che nel 1875 vi dedicò un trattato); la capacità di catturare e digerire le prede si è evoluta numerose volte, in maniera indipendente, nella storia delle angiosperme perché conferisce un indubbio vantaggio: permette di assorbire gli elementi essenziali alla sintesi di proteine e di acidi nucleici anche in ambienti poveri di sostanze nutrienti.

Ma come hanno fatto le piante ad ottenere i geni necessari a questi adattamenti?

Le prime risposte a questa domanda sono arrivate dall’analisi del genoma di Utricularia gibba, una piccola pianta carnivora acquatica della famiglia delle Lentibulariaceae. Lo studio, aveva già rilevato che il genoma di U. gibba aveva subito numerosi rimodellamenti dovuti a almeno tre cicli di duplicazione dell’intero corredo genetico e vari altri episodi di duplicazione di singoli sequenze geniche, il tutto intervallato da cospicui eventi di delezione di frammenti più o meno lunghi di DNA cha avevano infine ridotto la taglia del suo genoma a sole 82 megabasi, uno pei più piccoli tra tutte le angiosperme.

Recentemente un nuovo studio, pubblicato su PNAS da un team di ricerca internazionale, ha iniziato chiarire il ruolo che ciascuno di questi processi di rimodellamento ha avuto nell’acquisizione della “carnivorosità” da parte di U. gibba. La ricerca ha evidenziato che il genoma di questa specie conserva i segni di un antico evento di allopoliploidia che ha permesso alla specie di differenziarsi dai suoi predecessori mediante l’acquisizione di varianti geniche completamente nuove.

Le successive duplicazioni cromosomiche avvenute per errore durante la riproduzione (autoploidia) hanno arricchito il genoma di sequenze regolatrici, come i fattori trascrizionali della famiglia MADS, coinvolte nel differenziamento delle strutture anatomiche (gli otricoli) che la pianta usa per intrappolare le prede.

In seguito alla duplicazione di singole famiglie geniche, invece, sono state prodotte le proteine importanti per la fisiologia delle piante carnivore, ovvero gli enzimi digestivi (tra i quali egli enzimi idrolitici e le proteasi cisteiniche) le proteine necessarie per il trasporto dei nutrimenti attraverso le membrane endo- ed extra- cellulari e i componenti necessari al meccanismo di apertura e chiusura degli otricoli. L’espansione del genoma infine è stata compensata dalla delezione di ampie porzioni di DNA non codificante.

Nel complesso quindi il genoma di U. gibba ha acquisto gli adattamenti morfologici necessari alla formazione delle vescicole digestive attraverso la duplicazione dell’intero assetto cromosomico; la duplicazione di specifiche famiglie geniche ha arricchito il genoma delle funzioni importanti per la fisiologia e, nel frattempo, la selezione purificante ha rimosso dal genoma le mutazioni dannose e le porzioni di genoma non necessarie.

Riferimenti:

Ibarra-Laclette et al. Architecture and evolution of a minute plant genome. Nature 498.7452 (2013): 94-98. doi:10.1038/nature12132

Lan, et al. Long-read sequencing uncovers the adaptive topography of a carnivorous plant genome. Proceedings of the National Academy of Sciences (2017): 201702072. doi: 10.1073/pnas.170207211

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