Com’è invecchiata la medusa!

In un articolo apparso di recente sul Public Library of Science, un’equipe della Kansas University ha descritto quattro nuovi tipi di cnidari, il phylum a cui appartengono meduse e coralli. La caratteristica forma a campana, la presenza di tracce di tentacoli e a volte di gonadi permettono di correlare gli esemplari ai moderni ordini di meduse. I fossili risalgono alla

In un articolo apparso di recente sul Public Library of Science, un’equipe della Kansas University ha descritto quattro nuovi tipi di cnidari, il phylum a cui appartengono meduse e coralli. La caratteristica forma a campana, la presenza di tracce di tentacoli e a volte di gonadi permettono di correlare gli esemplari ai moderni ordini di meduse. I fossili risalgono alla radiazione evolutiva cambriana, circa 540 milioni di anni fa; in questo periodo relativamente rapido (10 milioni di anni) nacquero e si diversificarono la maggior parte dei moderni phyla animali. Le prove della radiazione sono facili da rinvenire soprattutto per quel che riguarda gli animali dotati di conchiglie od ossa, i cui resti si conservano più facilmente. “Il record fossile è sbilanciato a sfavore di forme di vita a corpo molle come le meduse, perché generalmente non lasciano resti quando muoiono”, dice Bruce Lieberman, docente di geologia e curatore del museo di palentologia degli invertebrati alla Kansas University. “Stiamo però ancora lavorando per cercare di capire l’evoluzione di molti animali a corpo molle”.
I fossili studiati dall’equipe di Lieberman si sono fossilizzati in un sedimento molto fine, nel quale gli animali hanno lasciato una sorta di “fotografia” di loro stessi. Questo ha permesso di studiare gli esemplari in grande dettaglio, collocandoli nella stessa linea evolutiva delle attuali meduse. La precedente datazione posizionava la prima comparsa delle meduse a 300 milioni di anni fa, più di 200 milioni di anni dopo la data effettiva. Lieberman non esclude che nuovi studi possano dimostrare che il gruppo è in realtà ancora più vecchio.

Gabriele Ferrari

La foto proviene da Public Library of Science