Cos’hanno in comune un virus, la deforestazione e i pipistrelli della frutta?

Un legame inaspettato tra la deforestazione e la diffusione del virus dell’ebola da parte dei pipistrelli

Questi tre elementi, apparentemente lontani tra loro, hanno, in realtà, molto in comune. In un articolo pubblicato su Scientific Report, un team internazionale guidato da Robert Nasi del “Center for International Forestry Research (CIFOR), Indonesia, cerca di fare luce sulle esplosioni epidemiche del virus Ebola, che, negli ultimi anni, ha interessato alcuni stati dell’Africa centro occidentale.

Questo virus, la cui prima comparsa è stata registrata nel 1976 in Congo, provoca nell’uomo una malattia, denominata EDV (Ebola virus disease), con manifestazioni cliniche quali febbri emorragiche, spesso letali e, ad oggi, si stima abbia provocato la morte di almeno 13.000 persone.

Ma come si sta evolvendo questo virus e come riesce a diffondersi nella popolazione? Secondo le recenti affermazioni della Organizzazione Mondiale della Sanità, che riassume tutte le ricerche effettuate in questo campo, gli Pteropodidae, una famiglia di pipistrelli della frutta, sono uno dei serbatoi naturali di questo virus. La trasmissione nell’uomo avviene per contatto con i liquidi corporei, come feci e sangue, contatto che, in queste popolazioni, è piuttosto frequente, poiché i pipistrelli vengono utilizzati come fonte di cibo. L’interazione delle popolazioni locali con questi animali, che sono portatori sani del virus, sembra essersi intensificata a causa delle utilizzazioni forestali, dello sfruttamento minerario e agricolo. Tali  attività hanno sottratto superficie alle foreste e hanno permesso ai cacciatori locali di addentrarsi sempre di più nella vegetazione, aumentando la probabilità di incontrare animali infetti, che tendono ad intensificarsi in numero nei luoghi dove la foresta ancora permane.

Individuare questa correlazione, però, non è stato facile poiché sono necessari molti dati riguardo al tasso di deforestazione e frammentazione del territorio nel periodo 2001 – 2014, alle zone colpite dall’epidemia, alla densità di popolazione, al movimento degli animali. Da tutto questo però è emerso che, da un punto di vista statistico, il legame deforestazione – epidemia è significativo solo nelle zone di confine tra la foresta pluviale dell’Africa centrale e occidentale (viene, quindi, esclusa la zona del Congo occidentale, severamente colpita dal virus negli scorsi anni). Inoltre, è stato osservato che esiste un ritardo di 2 anni tra gli eventi di deforestazione e le esplosioni di Ebola e che questo legame diventa particolarmente significativo quando vengono danneggiate foreste con una densità maggiore del 83%.

La complessità di questi studi si riflette nella necessaria collaborazione tra studiosi e ricercatori di ambiti differenti: medici, ecologia, demografi, epidemiologi, zoologi ecc. Ma ciò che è importante sottolineare è che il problema della deforestazione e della frammentazione dei territori forestali è reale e ha conseguenze non solo immediate, soprattutto sulle comunità animali e vegetali del territorio colpito, ma anche a medio e lungo termine nelle zone circostanti!

Come sottolineano gli autori dell’articolo, nei prossimi decenni le epidemie di Ebola potrebbero aumentare, con il rischio di arrivare a vere e proprie pandemie: la crescita della popolazione umana e la possibilità di addentrarsi sempre più nelle foreste saranno intimamente legate alla proliferazione di specie reservoir per il virus, all’urbanizzazione e all’intensificazione delle attività agricole e della deforestazione.

Da questi dati emerge una correlazione importante tra l’azione dell’uomo, come fattore perturbativo e a suo modo evolutivo (perché cambia le pressioni selettive che agiscono su microrganismi, piante e animali) e la diffusione dei focolai di Ebola a causa delle deforestazioni intense nei paesi sottosviluppati. I grandi commerci sono quindi alla base del progresso economico, ma spesso non viene considerato il rovescio della medaglia: l’ingente impatto che questi creano sugli equilibri ecosistemici delle zone soggette ad intensiva attività di sfruttamento degli ambienti naturali. In casi come questo, appare sempre più evidente che l’impoverimento degli ecosistemi ha effetti gravi anche sulla salute umana.

Autori: Battistin Giulia, Castellani Alessia, Castellani Elena, Mozzi Giacomo, Tossut Linda, Zanderin Silvia
Corso di Divulgazione Naturalistica, Università di Padova

Immagine: Centers for Disease Control and Prevention (CDC) [Public domain], via Wikimedia Commons