Dagli abissi del tempo, il Leviatano

Nel 2008, non lontano da Ica (nota per le sue linee e per le selvagge speculazioni sulle stesse), sono stati ritrovati fossili di un mammifero marino, la cui preparazione ha richiesto due anni. I resti sono stati ritrovati da un gruppo del museo di storia naturale di Rotterdam, durante l’ultimo giorno di scavi. Il sito paleontologico risale a 12-13 milioni

Nel 2008, non lontano da Ica (nota per le sue linee e per le selvagge speculazioni sulle stesse), sono stati ritrovati fossili di un mammifero marino, la cui preparazione ha richiesto due anni. I resti sono stati ritrovati da un gruppo del museo di storia naturale di Rotterdam, durante l’ultimo giorno di scavi. Il sito paleontologico risale a 12-13 milioni di anni, nel Miocene. I resti comprendono il cranio, mancante della parte posteriore sinistra, e la parte anteriore della mandibola, con i denti.

Lo studio è stato pubblicato su Nature. Nello studio è coinvolto anche Giovanni Biancucci, dell’Università di Pisa. Il nome dato all’animale è evocativo: Leviathan melvillei. Il nome generico fa riferimento alla mitico mostro marino della Bibbia, il Leviatano, già protagonista dell’immaginario fantasy, mentre l’aggettivo specifico è una dedica a Melville, autore di Moby Dick, del quale questo animale è degno parente (peccato solo che Leviathan sia un nome non valido, in quanto omonimo rispetto al genere Mammut… problemi della nomenclatura linneana).

La nuova specie appartiene ai cetacei odontoceti, in particolare ai Physeteroidea, ovvero il clade comprendente i capodogli. È infatti riconoscibile da subito la presenza sul cranio, lungo ben tre metri, dell’incavo che accoglieva lo spermaceti. Il suo morso era il più grande tra tutti i tetrapodi mai esistiti, i denti raggiungono infatti i 36 centimetri di lunghezza e 12 di larghezza, probabilmente anch’essi record assoluto. A differenza del moderno capodoglio, Leviathan possedeva denti raptoriali sia nella mandibola che nella mascella: non era perciò specializzato nella predazione di calamari, bensì di prede più grandi, quali altri cetacei (balenottere, delfini, focene) ma anche squali, tartarughe marine, foche, uccelli. Lo spermaceti poteva essere usato per l’ecolocalizzazione, l’amplificazione di suoni, per colpire le prede o nei combattimenti tra maschi.

Questo superpredatore, ovvero predatore di predatori, condivideva i mari con un altro animale con lo stesso ruolo ecologico, lo squalo megalondonte, entrambi dovevano raggiungere dimensioni intorno ai 15-17 metri, cacciando quindi prede di 1-10 metri. L’evoluzione di questo stile di vita coincide, non a caso, con la diversificazione e incremento di taglia dei misticeti.

Giorgio Tarditi Spagnoli

Riferimenti:
Olivier Lambert, Giovanni Bianucci, Klaas Post, Christian de Muizon, Rodolfo Salas-Gismondi, Mario Urbina, Jelle Reumer, The giant bite of a new raptorial sperm whale from the Miocene epoch of Peru, Nature 466, 105-108 doi:10.1038/nature09067