Darwin e l’ornitorinco: quando la fantasia dei nemici di Darwin supera quella della natura

Periodicamente capita di leggere che qualcuno sembrerebbe essere stato in grado di dimostrare che la teoria dell’evoluzione non è attendibile e, da quanto si legge nell’articolo scritto da Massimo Piattelli Palmarini sul Corriere della Sera del giorno 11 maggio 2008 (L’ornitorico sconfigge Darwin), questa volta sembrerebbe giunto il turno dell’ornitorinco per andare sul banco dei testimoni contro Darwin. Nel suo

Periodicamente capita di leggere che qualcuno sembrerebbe essere stato in grado di dimostrare che la teoria dell’evoluzione non è attendibile e, da quanto si legge nell’articolo scritto da Massimo Piattelli Palmarini sul Corriere della Sera del giorno 11 maggio 2008 (L’ornitorico sconfigge Darwin), questa volta sembrerebbe giunto il turno dell’ornitorinco per andare sul banco dei testimoni contro Darwin.

Nel suo articolo Massimo Piattelli Palmarini scrive che l’ornitorinco “depone contro l’idea darwiniana classica che l’evoluzione biologica proceda sempre e solo per piccoli cambiamenti cumulativi”. In realtà, l’autore sembra confondere due livelli: quello genetico (in cui avvengono “i piccoli cambiamenti” ovvero le mutazioni) e quello fenotipico, in cui i cambiamenti non sono obbligatoriamente piccoli, ma dipendono dalla tipologia della mutazione. E’, infatti, evidente che mutazioni che avvengono in geni che controllano lo sviluppo avranno un effetto fenotipico (ovvero sulla forma del vivente) ben più ampi di quanto può avere una mutazione in geni diversi. Ad esempio, una mutazione nel gene per la globina mi darà un’emoglobina mutata e nulla di più, mentre una mutazione in un gene della famiglia Hox (geni chiave nel regolare il processo dello sviluppo) mi porteranno ad alterazioni ben più marcate. In entrambi i casi alla base di tutto vi è lo stesso fenomeno ovvero piccoli cambiamenti nel DNA.

L’aspetto sorprendente di questo articolo è che l’autore ignora che gli effetti delle mutazioni nell’alterazione profonda della forma di un oggetto biologico sono stati ben evidenziati da anni grazie alla evo-devo ovvero alla sinergia tra biologia evoluzionistica e biologia dello sviluppo. L’autore prende poi in prestito un commento di Teddy Hsu per sostenere che è difficile che “processi fisiologici tanto complessi e tra loro compenetrati (….) possano aver avuto un’evoluzione per piccoli passi, attraverso molti cambiamenti scoordinati”. Ma entrambi gli autori sembrano dimenticare che sono noti in natura tanti casi di processi complessi e concatenati spiegabili in termini assolutamente evoluzionistici. Si pensi, ad esempio, ai diversi geni (tra cui distal less) che negli insetti intervengono per determinare la formazione di zampe, ali (compresa la loro forma) e macchie di colore sulle ali ovvero pochi geni che regolano fenomeni complessi e che si sono evoluti tramite cambiamenti assolutamente spiegabili con la moderna biologia evoluzionistica. Esempi analoghi si possono trovare in moltissimi altri taxa e sono spiegati in modo assolutamente darwiniano. Così come è noto che nuovi caratteri possono comparire anche improvvisamente quando alcuni geni già presenti nel genoma vengono usati in momenti funzionali diversi come ben dimostrato dalla network biology ovvero dal considerare il genoma come un insieme di geni che interagiscono e non come singoli “operai” al lavoro.

Altro aspetto che l’autore ignora (o vuole ignorare?) è che il genoma non subisce solo duplicazioni, ma anche delezioni, per cui da uno, due, quattro, otto geni si possono avere anche numeri intermedi, oltre al fatto che l’impatto delle duplicazioni sull’evoluzione è già stato studiato da Susumu Ohno negli anni ’70 del secolo scorso (!) ed anche su questi aspetti si è già ampiamente dibattuto e non sono state trovate discrepanze tra le duplicazioni geniche e la teoria dell’evoluzione.

Infine è ovvio che l’origine della biodiversità (ovvero delle diverse forme di viventi) o delle “ottime riuscite dei processi biologici” (come indicato da Piattelli Palmarini) è frutto dei sistemi genetici così come è ovvio però che i sistemi genetici continuamente nel corso del tempo mettono sul banco di prova oggetti diversi che “rimangono sul mercato” solamente se passano il vaglio della selezione naturale. Ovvero i sistemi genetici e selezione naturale agiscono in serie e non in parallelo, come l’autore vuole fare dire alla biologia evoluzionistica.

Infine, è vero: persino in un mondo in cui esiste l’ornitorinco non proprio tutto è possibile e gli evoluzionisti si riferiscono da tempo a questi limiti con il termine di vincolo (dall’inglese constrain) e l’evoluzione dei viventi continuamente deve fare i conti con questi limiti, motivo per cui gli asini non avranno mai le ali.

Parafrasando Massimo Piattelli Palmarini, e considerato anche un precedente articolo (dal titolo “Darwin: I seguaci più ortodossi smentiti dalla natura” e pubblicato il 4 novembre 2007) in cui l’autore scopriva con grande e grave ritardo rispetto alla comunità scientifica che esiste la speciazione non adattativa, sembrerebbe che anziché in una situazione di ornitorinco uno, Darwin zero, ci si trovi di fronte ad una caso di biologia evoluzionista moderna uno, Massimo Piattelli Palmarini zero.

Mauro Mandrioli

 

Park JI, Semyonov J, Chang CL, Yi W, Warren W, Hsu SY. 2008. Origin of INSL3-mediated testicular descent in therian mammals. Genome Research, in stampa.

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Whittington CM, Papenfuss AT, Bansal P, Torres AM, Wong ES, Deakin JE, et al. 2008. Defensins and the convergent evolution of platypus and reptile venom genes. Genome Research, in stampa.

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