È grazie ai neonati che la nostra intelligenza è cresciuta?

Urlano, piangono, sporcano e hanno sempre bisogno di cure. I bambini, soprattutto da neonati, chiedono ai genitori una quantità di energia e di attenzioni notevole. Eppure, potrebbe essere proprio grazie alla loro fragilità e alla loro totale dipendenza dagli adulti che l’uomo e i suoi parenti più o meno prossimi, potrebbero aver raggiunto lo sviluppo evolutivo attuale

Le capacità degli esseri umani sono davvero speciali: oltre ai progressi tecnologici e culturali che ci hanno resi un genere completamente distinto da ogni altro nel regno animale, nel corso della nostra evoluzione abbiamo sviluppato, tra le altre cose, la capacità di ragionare in termini sociali e l’abilità di anticipare i bisogni degli altri e riconoscere che possono non essere gli stessi nostri. Caratteristiche, tra l’altro, particolarmente utili quando ci si prendere cura di un neonato che non è in grado quasi nemmeno di parlare fino ad un paio di anni di vita.

Una delle domande che più fa interrogare antropologi, neurobiologi e altri esperti del settore è proprio come abbia fatto la nostra stirpe a svilupparsi così tanto in intelligenza e autocoscienza. Ovviamente, una chiave è nel nostro cervello, particolarmente sviluppato. Non basta, tuttavia, un elevato volume encefalico ad assicurare un’intelligenza superiore, come facilmente dimostrato, ad esempio, da elefanti e capodogli.

Alcune teorie individuano come fattori di sviluppo intellettivo il fatto che i nostri antenati siano vissuti in ambienti ostili, in cui era necessaria collaborazione per la sopravvivenza e per poter cacciare in gruppo. È legittimo chiedersi, però, perché siano stati proprio i mammiferi e in particolare i primati a godere di più di questi progressi evolutivi e non altri animali che condividevano comportamenti simili.

Un’innovativa e ardita teoria viene dai professori Piantadosi e Kidd, dell’Università di Rochester, che suggeriscono una diretta correlazione tra lo sviluppo dell’intelligenza umana e la prematurità dei nostri neonati, che nascono molto meno maturi rispetto ai figli di altre specie. Per fare un esempio: i cuccioli di giraffa sono capaci di ergersi in piedi, camminare e addirittura scappare dai predatori entro poche ore dalla nascita. Di contro, nelle prime settimane di vita, gli esseri umani non sono in grado nemmeno di reggere la propria testa.

Il fatto che i bambini nascano non ancora sviluppati ed autosufficienti è una condizione necessaria per garantire la sicurezza del parto, altrimenti reso complesso da un cranio (e da un corpo) di maggiori dimensioni. Nascite premature comportano inevitabilmente un bisogno di protezione e di cure maggiore da parte dei genitori verso i propri figli. In altre parole, richiedono genitori più attenti e intelligenti.

La teoria di Piantadosi e Kidd è proprio che ci sia una sorta di ciclo di auto-rinforzo, in cui cervelli più grossi portano a proli premature e proli premature portano i genitori a sviluppare le proprie facoltà intellettive e, conseguentemente, le dimensioni del cervello (e del corpo, come Pikaia ha raccontato qui). Quello che questo lavoro mostra è che queste dinamiche possano portare ad una pressione evolutiva verso genitori sempre più intelligenti e figli sempre più prematuri.

I due ricercatori hanno testato un nuovo modello predittivo che correla l’immaturità dei neonati con l’intelligenza generale di numerose specie di primati e quello che hanno trovato è che il tempo di svezzamento – che funziona come misura della prematurità degli infanti – è un fattore di predizione dell’intelligenza molto più preciso di ogni altra misura a cui abbiamo fatto riferimento finora, includendo la dimensione cerebrale o il rapporto tra le dimensioni del cervello e la massa corporea.

La chiave del grande sviluppo dell’intelligenza, quindi, è duplice. Da un lato è richiesto un cervello di grandi dimensioni, dall’altra è necessaria la nascita viva dei cuccioli, caratteristiche proprie solo dei mammiferi superiori. La teoria spiega specificamente perché i primati hanno sviluppato una maggiore intelligenza, mentre non l’hanno fatto organismi che si sviluppano nelle uova come, per esempio, i dinosauri, che pure sono sottostati a molte delle stesse pressioni ambientali e avrebbero avuto tutto il tempo per un grande sviluppo intellettivo.

Fonte:
Steven T. Piantadosi, Celeste Kidd. Extraordinary intelligence and the care of infants. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2016; 201506752 DOI: 10.1073/pnas.1506752113

Immagine: By Kenny Louie from Vancouver, Canada (Hah!) [CC BY 2.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/2.0)], via Wikimedia Commons