E’ l’uomo che riscalda la Terra: parola di IPCC

L’IPCC (Intergovernamental Pannel on Climate Change) è stato creato nel 1988 dall’organizzazione mondiale meteorologica (World Meteorological Organization WMO) e dal programma delle nazioni unite per l’ambiente (United Nations Environment Programme UNEP) in seguito al riconoscimento del problema globale del cambiamento climatico. L’IPCC non è un ente di ricerca, ma è costituito da un gruppo di scienziati che provengono da tutto

L’IPCC (Intergovernamental Pannel on Climate Change) è stato creato nel 1988 dall’organizzazione mondiale meteorologica (World Meteorological Organization WMO) e dal programma delle nazioni unite per l’ambiente (United Nations Environment Programme UNEP) in seguito al riconoscimento del problema globale del cambiamento climatico.

L’IPCC non è un ente di ricerca, ma è costituito da un gruppo di scienziati che provengono da tutto il mondo incaricati dalla WMO di analizzare tutti i dati pubblicati nei diversi studi scientifici e di redigere un rapporto sullo stato del cambiamento climatico.

L’organizzazione dell’IPCC vede la presenza di 3 gruppi di lavoro: il primo si occupa della parte scientifica in generale, il secondo cura lo studio degli impatti sull’ecosistema, sulla società e sulle attività umane e il terzo gruppo formula le strategie di mitigazione.

Questi tre gruppi lavorano poi alla stesura di tre rapporti sulle loro specifiche competenze. Il rapporto finale, quello che si chiama Assessment report, è composto da questi tre documenti.

Il documento che però forse ha una importanza maggiore rispetto a tutto il resto è il SPM Summary for Policy Makers. Si tratta del documento che viene consegnato a ciascun governo membro delle nazioni unite. L’SPM deve essere approvato parola per parola da tutti i governi, all’unanimità. E questo è quello che è successo a Parigi. Tutti i governi hanno mandato dei loro rappresentati perchè approvassero questo documento. Ovviamente la cosa non avviene con facilità e ci sono sempre richieste di modifiche prima dell’approvazione. Filippo Giorgi, uno dei vicedirettori del primo gruppo di lavoro dice che “spesso alcuni governi mandano degli avvocati all’assemblea per l’approvazione del SPM. Vogliono evidentemente essere sicuri che vengano curati i loro interessi. Ogni singola frase viene rivista, discussa e solo poi approvata. Nel 2001 si è discusso per ore prima di decidere se scrivere nel rapporto che i cambiamenti climatici sono attribuibili all’uomo molto probabilmente, quasi certamente o in modo certo. Diverse sfumature che posso però volere dire molto”.

 

All’interno del documento “Climate Change 2007: The Physical Science Basis”, possiamo vedere che gli scienziati dell’IPCC affermano che la comprensione dell’influenza dell’uomo sul clima si è intensificata a partire dal III Assessement Report del 2001. Tutto questo li porta a dire con grandissima sicurezza di essere in possesso di prove sempre più forti che la stragrande maggioranza del riscaldamento globale osservato negli ultimi 50 anni è attribuibile alle attività umane.

 

I dati scientifici ci dicono dunque che il contributo umano al riscaldamento del pianeta non è assolutamente trascurabile, ma anzi ne rappresenta la causa primaria. Ovviamente il clima cambia anche per cause naturali come le variazioni dell’attività vulcanica o solare, ma i forcing antropogenici (gas serra, aerosol e cambiamenti nell’uso dei suoli) risultano essere i fattori più importanti.

 

Attraverso lo studio delle carote di ghiaccio si può ricostruire l’andamento delle temperature e delle concentrazioni di CO2 nell’atmosfera nel passato. Negli ultimi 425000 anni i periodi più freddi corrispondono a valori bassi di anidride carbonica. (Immagine tratta dal sito del NOAANational Oceanic & Atmospheric Administration del U.S. Department of Commerce)

 

Tutti i dati mostrano un trend di riscaldamento globale e se si osservano nei grafici le variazioni di temperatura assieme alle variazioni delle concentrazioni dell’anidride carbonica negli ultimi 400mila anni, si vede chiaramente che esiste una periodicità in queste variazioni, ma negli ultimi 50 anni è aumentata in modo sproporzionato.

 

Oggi la concentrazione di CO2  è di circa 380 parti per milione (circa 0,04%), il livello più alto degli ultimi 650 mila anni nonostante ci sono stati dei momenti nella storia geologica del nostro pianeta in cui la sua concentrazione è stata anche 20 volte maggiore rispetto a quella attuale. Il problema, in realtà è la velocità con cui essa è introdotta in atmosfera. Una velocità tale che è inconfrontabile con il passato.

 

Il delicato equilibrio atmosferico ne sta già risentendo, e con il futuro le ondate di calore, l’intensità delle precipitazioni, il rischio di siccità e l’intensificarsi delle tempeste tropicali, saranno fenomeni cui assisteremo sempre più di frequente.

Speriamo che segua presto una azione o finiremo come la rana bollita:

“Se mettete una rana in una pentola di acqua bollente, essa cercherà immediatamente di saltare fuori. Ma se mettete la rana in acqua a temperatura ambiente e non la spaventate, se ne starà ferma. Ora, se la pentola è su una fonte di calore, e se aumentate gradualmente la temperatura, succede qualcosa di molto interessante. All’aumento della temperatura da 21 a 27 gradi, la rana non farà nulla. Anzi, essa dimostrerà in tutti i modi di godersela. Con il graduale aumento della temperatura, la rana diventerà sempre più malferma, finché non sarà più in grado di saltar fuori dalla pentola. Sebbene non vi sia nulla che la trattenga, la rana resterà lì e bollirà. La spiegazione è semplice: l’apparato della rana, come quello di molti esseri viventi, preposto ad individuare le minacce alla sopravvivenza, non è in grado di rilevare i cambiamenti lenti e graduali.”
Peter M. Senge – La quinta disciplina – Sperling & Kupfer

 

Qui è  possibile ascoltare la puntata di oggi di Radio 3 Scienza, dedicata alla presentazione del rapporto, con l’intervento di Filippo Giorgi, membro dell’IPCC e capo della Physics of Weather and Climate Section e coordinatore dell’ ICTP Scientific Programmes.

 

Ecco come la stampa internazionale ha parlato della presentazione del rapporto:

Scientific American

The New York Times

The Economist

Time

El Pais

Le Monde

Wiener Zeitung

Le figarò

Times

Der Spiegel

 

 

Chiara Ceci