Fenotipi + Ortologhi = Fenologhi

Se gli esseri viventi sono tutti, in misura maggiore o minore, imparentati, allora può essere che geni interessanti per la salute umana abbiano omologhi in altri organismi. Questa idea, di per sé banale, può portare ad interessanti applicazioni pratiche, in quanto consente agli sperimentatori di lavorare su geni-bersaglio che nell’uomo causano patologie, su sistemi animali più semplici e meno soggetti

Se gli esseri viventi sono tutti, in misura maggiore o minore, imparentati, allora può essere che geni interessanti per la salute umana abbiano omologhi in altri organismi. Questa idea, di per sé banale, può portare ad interessanti applicazioni pratiche, in quanto consente agli sperimentatori di lavorare su geni-bersaglio che nell’uomo causano patologie, su sistemi animali più semplici e meno soggetti a limiti sperimentali. Tuttavia, quando si cerca l’omologia di geni, ci si trova di fronte a situazioni complesse, a causa dei fenomeni di duplicazione genica. 

Nella voce “omologia” di Wikipedia troviamo una breve e utile discussione su come applicare uno dei concetti di omologia (similitudine di caratteri derivati da un antenato comune) alle sequenze di DNA. La voce recita “sequenze omologhe si dicono ortologhe se sono separate da un evento di speciazione: quando una specie diverge a generare due specie separate, le copie di un singolo gene nelle due specie risultanti si dicono ortologhe.” L’invenzione del concetto e della parola è attribuita a Fitch, 1970. 
Un gruppo di ricercatori texani (McGary et al., 2010) ha introdotto qualche anno fa un concetto nuovo e interessante: quello di fenologhi, ossia “fenotipi collegati dall’ortologia dei geni associati in due organismi. I fenologhi sono gli equivalenti a livello fenotipico dei geni ortologhi. Si dice che due fenotipi sono ortologhi se condividono una parte di geni comuni ortologhi più significativa di quella che ci si aspetterebbe se fossero presi a caso (ciò sono più ricchi di geni ortologhi) anche se i fenotipi possono apparire diversi”. I fenologhi dunque non devono essere simili: sono collegati perché causati da geni ortologhi che hanno mutato funzione nel corso dell’evoluzione. Non si tratta di una sterile esercitazione mentale: in un sito dedicato all’argomento (http://www.phenologs.org/) troviamo scritto: “Un confronto fra più di 189.000 associazioni gene-fenotipo in uomini, topi, lieviti e vermi ha messo in luce molti fenologhi significativi, compresi alcuni nuovi modelli non ovvi di patologie umane. […] I fenologhi quindi creano una ricca possibilità di confronto di fenotipi mutazionali, di identificazione di uso adattativo di sistemi genici, e suggeriscono nuovi geni patogeni.” 

Lo stesso gruppo di ricercatori (Cha et al., 2012) ha ora pubblicato una seconda puntata di questa storia: i ricercatori si sono domandati: “ma se noi identifichiamo gruppi di geni associati conservati nel tempo, che causano fenotipi diversi in organismi diversi, perché non sfruttare ciò che sappiamo su esseri più semplici per interferire con processi che ci interessano nell’uomo?” E, identificato un gruppo di geni ortologhi che hanno a che fare nei vertebrati con la genesi di vasi sanguigni (angiogenesi), e nei lieviti (!) con il mantenimento della parete, sono andati in cerca di qualche sostanza nota per interferire con quella funzione nei lieviti (non dimentichiamo che i lieviti sono funghi e fra loro ci sono molte forme patogene). L’interesse nei confronti dell’angiogenesi deriva dal fatto che la formazione di vasi sanguigni nuovi accompagna la crescita di molti tumori. 
Gli autori si sono concentrati sul Tiabenzidolo (TBZ), un farmaco commerciale venduto come antifungino negli USA fin dal 1967. Il TBZ si è dimostrato efficace nell’inibire lo sviluppo dell’angiogenesi in Xenopus, il classico modello anfibio dello sviluppo dei vertebrati. I ricercatori hanno poi controllato, con successo, l’effetto del TBZ su cellule endoteliali umane (quelle che tappezzano i vasi sanguigni) in coltura. Con sorpresa hanno constatato che il dosaggio attivo del farmaco è lo stesso di quello raccomandato dalla farmacopea. Da ultimo, Cha e colleghi hanno verificato, con successo, l’efficacia del TBZ per rallentare la crescita dei vasi – e quindi il tumore – in un modello in topo di fibrosarcoma umano. E concludono con un monito che non può non fare piacere a noi appassionati di evoluzione: “Questi risultati, nel loro complesso, suggeriscono che una comprensione di fondo della biologia dei sistemi sarà rilevante per la scoperta di nuove droghe, fungendo da complemento degli approcci tradizionali di screening…”.
Marco Ferraguti
Riferimenti:
H. J. Cha, M. Byrom, P. E. Mead, A. D. Ellington, J. B. Wallingford, E. M. Marcotte Evolutionarily Repurposed Networks Reveal the Well-Known Antifungal Drug Thiabendazole to Be a Novel Vascular Disrupting Agent. PLoS Biol., 2012, 10(8): e1001379. doi:10.1371/journal.pbio.10013791,3 
K. L. McGary, T. J. Park, J. O. Woods, H. J. Cha, J. B. Wallingford, & E. M. Marcotte. Systematic discovery of nonobvious human disease models through orthologous phenotypes PNAS, 2010, 107 (14) 6544-6549