Fuori dall’Africa, con un po’ di anticipo

Una nuova ricerca mostra che l’uomo moderno potrebbe aver lasciato l’Africa in diverse ondate migratorie, la prima delle quali sarebbe molto più antica di quanto finora ipotizzato

Nonostante ci sia pieno consenso sul fatto che l’Africa sia il luogo d’origine dell’uomo moderno, il dibattito su come e quando sia avvenuta la sua dispersione negli altri continenti è ancora aperto. Nelle popolazioni umane attuali, la diminuzione della diversità genetica e fenotipica, che si osserva a distanze crescenti dall’Africa sub-sahariana, è stata spesso interpretata come l’evidenza di un singolo evento migratorio, avvenuto fra 50.000 e 75.000 anni fa. 

Studi genetici più recenti, così come prove archeologiche e paleoantropologiche, hanno messo in dubbio questo scenario, arrivando a ipotizzare che ci siano stati non uno, ma multipli eventi di migrazione dei primi uomini moderni fuori dall’Africa. Un team internazionale, che comprendeva anche due ricercatori dell’Università di Ferrara, ha testato due diversi modelli ipotetici di migrazione, incrociando i dati sulla geografia delle possibili rotte migratorie con quelli genetici e anatomici, basati sul confronto di crani umani moderni provenienti da diverse parti del mondo. I risultati sono stati pubblicati su PNAS

Entrambe le linee di ricerca, quella genetica e quella anatomica, supportano il modello che prevede multipli eventi di migrazione. In particolare, il modello suggerisce che un primo gruppo di nostri antenati abbia lasciato l’Africa circa 130.000 anni fa, seguendo una rotta costiera attorno alla penisola arabica fino all’Australia e alle regioni del Pacifico occidentale, formando il primo nucleo di aborigeni australiani, papuani e melanesiani. Le altre popolazioni asiatiche, invece, sembrano discendere dai membri di un movimento migratorio successivo, che si è spostato dall’Africa all’Eurasia circa 50.000 anni fa. 

Le regioni situate lungo la rotta dell’ondata migratoria più antica, identificata da questo studio, sono state storicamente poco studiate da parte di archeologi e antropologi, la speranza, quindi, è che nuove ricerche in quell’area geografica possano aggiungere importanti tasselli al puzzle, aiutando a ricostruire in maniera più precisa quella che è forse una delle storie più affascinanti del nostro passato. 

Riferimenti: 

H. Reyes-Centeno, S. Ghirotto, F. Détroit, D. Grimaud-Hervé, G. Barbujani, and K. Harvati. Genomic and cranial phenotype data support multiple modern human dispersals from Africa and a southern route into Asia. PNAS, April 21, 2014