Gli effetti del riscaldamento climatico sulle dimensioni degli uccelli

L’analisi di più di 70.000 uccelli migratori del Nord America rivela un trend di diminuzione della loro taglia negli ultimi quarant’anni, e la causa è il riscaldamento climatico

Lo studio, condotto da ricercatori dell’Università del Michigan e pubblicato su Ecology Letters, ha interessato tutti gli esemplari raccolti tra il 1978 e il 2016 dal personale del museo, trovati morti a causa delle frequenti collisioni in volo con gli edifici, per un totale di 52 specie e diverse migliaia di individui (per la precisione, 70.716 esemplari).

Attraverso indici di massa corporea e misure di diversi parametri dimensionali – come la lunghezza del becco, dell’ala e del tarso – è stato possibile osservare come in tutte le specie analizzate si sia registrato un declino della taglia, che risulta statisticamente significativo in 49 su 52 di esse. In particolare, tra le misure che mostrano una diminuzione sensibile delle dimensioni corporee negli esemplari studiati, notevole rilievo assumono il parametro denominato PC1 (che tiene conto di diverse misure in punti anatomici chiave) e soprattutto la lunghezza del tarso, che è tra le più indicative nella determinazione della taglia degli uccelli e che mostra nel complesso una diminuzione del 2,4%.

La famosa Regola di Bergmann (che asserisce che popolazioni diverse della stessa specie differiscono nella taglia a seconda del clima, e in particolare che quelle che vivono in ambienti più caldi dovrebbero essere di dimensioni inferiori rispetto a quelle tipiche degli ambienti più freddi) potrebbe suggerire una relazione con il riscaldamento climatico, che in effetti è confermata dall’incrocio dei dati raccolti dal progetto con quelli relativi alle variazioni climatiche dei corrispondenti periodi.

E non solo su ampio periodo i due set di dati si corrispondono – evidenziando una chiara relazione negativa tra l’aumento delle temperature e la taglia corporea degli uccelli – ma anche sul breve e brevissimo periodo, mostrando una sincronizzazione perfetta delle fluttuazioni dell’uno e dell’altro. In particolare, puntualizzano gli autori, a momenti di rapido riscaldamento climatico seguono immediatamente momenti di declino delle dimensioni corporee registrate, e viceversa.

Mentre il trend in linea generale era atteso dagli autori sulla base di precedenti studi sull’argomento, la consistenza dei dati relativi alla risposta al riscaldamento climatico delle 52 specie di uccelli migratori prese in esame costituisce qualcosa di nuovo e senza precedenti. Nel dettaglio, l’ampiezza del database utilizzato dai ricercatori è la maggiore che sia stata mai impiegata in studi di questo tipo, e ha permesso di registrare il più alto tasso di risposta finora noto nel mondo animale e vegetale al cambiamento climatico, tra l’altro in riferimento a più specie.

Ne risulta così un quadro che vede momenti di “contrazione” nelle dimensioni degli uccelli subito seguenti a periodi caratterizzati da innalzamenti delle temperature, in uno schema che si ripete puntuale per tutti e quattro i decenni oggetto dello studio. Il riscaldamento globale quindi non solo è reale, ma comporta conseguenze evidenti e misurabili sulla biosfera, conseguenze che è possibile quantificare e determinare se in possesso di un record relativo anche solo agli ultimi quarant’anni.

Riferimenti:
Brian C. Weeks, David E. Willard, Marketa Zimova, Aspen A. Ellis, Max L. Witynski, Mary Hennen, Benjamin M. Winger. Shared morphological consequences of global warming in North American migratory birdsEcology Letters, 2019; DOI: 10.1111/ele.13434