Gufi che cacciavano come aquile

Scoperto in Wyoming una nuova specie di gufo, vissuto intorno a 55 milioni di anni fa, con un adattamento delle zampe posteriori tipico degli attuali rapaci diurni

Gli strigiformi, come gufi, assioli, civette, barbagianni e allocchi, sono tra gli uccelli più conosciuti ed immaginifici esistenti e sono diffusi in quasi tutto il mondo.  Sono l’ordine di rapaci meno rappresentato in natura, dopo falconiformi e accipitriformi, e sono da sempre considerati dei predatori molto specializzati, prevalentemente notturni e facilmente riconoscibili. Questo gruppo di rapaci gode di una vasta documentazione fossile che ci permette di studiarne l’evoluzione dalla metà del Paleocene in poi. Specialmente per i primi taxa i reperti sono però spesso incompleti, da poche ossa a frammenti, lasciando così molti interrogativi difficili da risolvere.

Grazie ad uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Vertebrate Paleontology da un trio di paleontologi del Museo Senckenberg di Francoforte, del Museo Paleontologico dell’Università del Michigan e dall’Istituto Reale di Scienze Naturali del Belgio, è stata identificata una nuova specie che aumenterebbe le nostre conoscenze su questo tema. Chiamato Primoptynx poliotauros, questo nuovo rapace è stato descritto a partire da resti fossili ritrovati in Wyoming e risalenti a 55 milioni di anni fa, nel tardo Eocene, confermando, assieme al passato ritrovamento di altre specie coeve, come il piccolissimo Eostrix gulottai di appena 12 centimetri, che gli strigiformi fossero già parecchio diffusi e specializzati per molte differenti nicchie ecologiche. Primoptynx era alto circa 60 centimetri, con dimensioni simili ad un attuale femmina di gufo dagli occhiali (Pulsatrix perspicillata) e molto vicino ai gufi della famiglia estinta Protostrigidae.

A colpire sensibilmente i paleontologi è però la forma delle zampe, dotate di un secondo e quarto dito (il pollice) più lunghi e con artigli più possenti rispetto alle specie attuali, solitamente dotati di dita della stessa dimensione. Tale adattamento, secondo i paleontologi, potrebbe significare una tecnica di caccia molto differente da quella degli strigiformi attuali, ben più vicina alle aquile o alle poiane del gruppo degli accipitriformi. Se i gufi attuali, infatti, sono soliti alla caccia di prede di piccole dimensioni che riescono a trattenere tra gli artigli, le aquile, dotate di artigli ben più grandi, sono solite utilizzare questi artigli per inchiodare prede mediamente più grosse, da una capra a un lupo, forandone la carne in una presa resistentissima.

Questo lascerebbe spazio così ad altri importanti interrogativi sul percorso evolutivo degli strigiformi dall’Eocene ad oggi. Nonostante non vi siano ancora certezze sulle ragioni che abbiano portato gli antenati dei gufi a perdere questa caratteristica anatomica nei passaggi evolutivi successivi, è probabile che l’enorme diffusione dei rapaci diurni, oggi tanto più numerosi di quelli notturni, abbia creato una competizione tale da portare gli antichi strigiformi ad adattarsi a nuove nicchie ecologiche, via via più vicine a quelle attuali, legata forse anche alla rapida diversificazione dei piccoli mammiferi in corso dall’inizio del Paleocene.

Fonti:
Gerald Mayr, Philip D. Gingerich, Thierry Smith. Skeleton of a new owl from the early Eocean of North America (Aves, Strigiformes) with an accipitrid-like foot morphology. Journal of Vertebrate Paleontology, published online on July 28, 2020. 

Image credit: Sebastián Rozadilla