I biologi italiani rinnegano Darwin?

Petizione di protesta promossa da Gianfranco Biondi, Università di L’Aquila, e Olga Rickards, Università di Roma Tor Vergata, contro la proposta di esclusione dell’Antropologia dal piano di studi del corso di laurea in Scienze Biologiche. Il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) ha ricevuto dai «tavoli tecnici» le nuove tabelle con gli elenchi delle materie per i corsi universitari e da esse

Petizione di protesta promossa da Gianfranco Biondi, Università di L’Aquila, e Olga Rickards, Università di Roma Tor Vergata, contro la proposta di esclusione dell’Antropologia dal piano di studi del corso di laurea in Scienze Biologiche. Il Consiglio Universitario Nazionale (CUN) ha ricevuto dai «tavoli tecnici» le nuove tabelle con gli elenchi delle materie per i corsi universitari e da esse risulta che l’antropologia, cioè il Settore Scientifico Disciplinare BIO/08, è stata eliminata dalle Scienze Biologiche (Area 05). Il fatto è estremamente grave e preoccupante, perché se la proposta si dovesse tramutare in legge produrrebbe una lacuna nella formazione culturale e professionale dei giovani biologi, ai quali sarebbe offerto un modello di istruzione da cui sarebbe stato estromesso l’uomo. Non vi è dubbio che l’esclusione dell’antropologia dall’elenco delle materie caratterizzanti il corso di laurea in scienze biologiche abbia il senso di colpire e mutilare l’evoluzione, cioè la legge di natura che spiega l’interezza della vita e la sua storia, e al di fuori della quale non è possibile concepire né la didattica né la ricerca biologica. Quell’esclusione, infatti, ha il valore di dichiarare l’uomo estraneo al mondo e la biologia inidonea a studiarlo. Ma a questo proposito vale la pena rammentare che dodici anni dopo la pubblicazione de «L’origine delle specie», avvenuta nel 1859, Charles Robert Darwin ha completato la descrizione della legge che governa la vita dando alle stampe un libro sulla nostra origine: «L’origine dell’uomo», appunto, in cui ha affermato che in quanto animali tra gli altri animali non siamo altro che il frutto esclusivo del processo evolutivo. L’evoluzione, insomma, comprende anche noi e senza di noi essa cessa di essere una legge della natura, perché una legge non può che essere completa. E non si dimentichi neppure che ben tre secoli fa il padre della biologia moderna Carlo Linneo, che peraltro era un creazionista, aveva escluso l’esistenza di un «regno umano» e ci aveva inserito insieme alle scimmie e alle scimmia antropomorfe in uno degli ordini – quello dei Primati – del regno animale: che per l’appunto è indagato dalla biologia. Si potrebbe ritenere che questa sciagurata vicenda non sia che l’ultimo tentativo dell’attuale politica governativa di escludere l’evoluzionismo dal nostro intero sistema formativo. Cioè, di un passo che si presenterebbe addirittura ben più velleitario di quello che ripetutamente compiono i fondamentalisti cristiani americani, che tuttavia non osano coinvolgere le università nel loro progetto teso ad imporre il «disegno intelligente», ben sapendo che queste sono sufficientemente impermeabili alla deriva creazionista. E, invece, le cose non stanno esattamente in questo modo. La decisione di eliminare l’antropologia dall’elenco delle materie caratterizzanti il corso di laurea in scienze biologiche è stata sostenuta dal CBUI (Collegio dei Biologi delle Università Italiane o Collegio Nazionale dei Biologi), l’organismo che riunisce i presidenti dei consigli di quegli stessi corsi nelle varie università e che è presieduto dalla prof.ssa M. Daniela Candia, dell’Università degli Studi di Milano. Difficile a credersi, eppure è quanto accaduto. Evidentemente, l’antievoluzionismo è riuscito ad infettare il corpo stesso della biologia con un morbo che è capace di indurre autodistruzione, spingendo i biologi a rinnegare l’evoluzione e Darwin. O, almeno, spingendo i membri del CBUI a farlo. Là dove la Ministra Letizia Moratti è stata costretta ad un ripensamento – anche se ancora non attuato, dato che lo studio dell’evoluzione è stato sì reintrodotto alle medie ma solo in terza classe ed è scomparso lo studio dell’evoluzione dell’uomo, che così potrà essere ignorato fino al liceo (MicroMega, No. 6, 2005) – ci hanno pensato i membri del CBUI ad allinearsi su una concezione dell’evoluzione dalla quale l’uomo può essere escluso, o almeno può essere in parte escluso. Una concezione che francamente non appare dissimile da quella vaticana, che accetta l’evoluzione ma quando arriva all’uomo invoca il «salto ontologico» (Giovanni Paolo II, Messaggio alla Pontificia Accademia delle Scienze, L’Osservatore Romano, 24 ottobre 1996). Insomma, l’evoluzione biologica sarebbe «roba» per farfalle e orchidee, non del tutto per noi. E, inoltre, l’infelice quanto grave scelta operata dal CBUI farebbe escludere anche lo studio dei Primati non umani dal Corso di Laurea in Biologia, perché quei nostri parenti tanto prossimi rientrano tradizionalmente nei programmi dell’antropologia. Lo studio dell’antropologia dovrebbe essere un imperativo – un esame fondamentale – per tutti i biologi, i quali, avendo il compito di scoprire come funziona il mondo vivente e come esso vada gestito, dovrebbero per prima cosa conoscere sé stessi: cioè la storia evolutiva dell’umanità. Ma un simile pensiero, capace di mantenere unita la preparazione culturale e tecnico-professionale del biologo, deve essere apparso al CBUI una «roba» da dinosauri. E così il CBUI, forse cloroformizzato dal clima politico che sta vivendo il nostro paese, ha deciso che tutto ciò che il biologo deve mettere sul piatto della bilancia del mercato dell’occupazione sia il numero di analisi che sa fare. Fare, non pensare. Ci auguriano che i cittadini del nostro paese – e speriamo che tra essi non manchino gli scienziati, gli insegnanti e gli intellettuali tutti – facciano sentire la loro voce e con essa la richiesta al CUN di reinserire il Settore Scientifico Disciplinare BIO/08 nell’elenco delle materie caratterizzanti il Corso di Laurea in Scienze Biologiche.