I “cocktail” difensivi delle formiche

Le formiche rosse ricorrono a una miscela di resina degli alberi e sostanze autoprodotte per difendersi dai parassiti

Gli animali sociali che vivono in grandi gruppi sono particolarmente soggetti al rischio di epidemie. Per questo motivo hanno evoluto opportuni strumenti di difesa, di tipo immunologico ma anche comportamentale, come rimuovere dal proprio ambiente particelle potenzialmente infettive o inserire nei nidi sostanze antimicrobiche prodotte da altre specie. Ad esempio, molti insetti erbivori combattono i parassiti con i metaboliti secondari ottenuti dalle piante. Sebbene sia stata formulata l’ipotesi che alcune specie possano combinare sostanze chimiche di diversa origine per incrementarne l’efficacia, finora mancavano ricerche in grado di sostenerla.

Ora lo studio di un gruppo di ricercatori di università svizzere, pubblicato su Ecology and Evolution, esplora l’ipotesi che le formiche rosse dei boschi possano unire la resina raccolta dai pini, già dotata di proprietà antiparassitarie, con l’acido formico autoprodotto, per ottenere un composto più efficace.

A tale scopo, i ricercatori hanno utilizzato esemplari di Formica paralugubris, le cui operaie portano nei nidi la resina delle conifere, ponendola vicino alle nidiate a scopo antimicrobico; inoltre, spruzzano contro i nemici il liquido prodotto dalle proprie ghiandole velenifere, ricco di acido formico, una sostanza utilizzata a scopo igienizzante anche dagli umani. Per verificare l’effetto antiparassitario è stato utilizzato il fungo entomopatogeno generalista Metarhizium brunneum, noto per provocare un’elevata mortalità nelle formiche.

I ricercatori si sono innanzitutto domandati se la resina venuta in contatto con le formiche mostrasse un aumento della propria attività antimicotica. Per verificarlo, pezzetti di resina sono stati esposti alla presenza delle formiche per due settimane all’interno di opportuni contenitori, insieme a ramoscelli e sassolini che fungevano da controlli. Altri frammenti di resina e controlli sono stati tenuti, per lo stesso tempo, in contenitori privi di formiche. Al termine del periodo è stata verificata l’efficacia della resina e degli altri oggetti contro l’azione del fungo, ponendole in capsule di Petri insieme a colture di spore fungine e misurando, dopo il periodo d’incubazione, le aree libere dalle spore. Si è riscontrato così che l’effetto antimicotico era significativamente maggiore per i pezzi di resina che erano stati a contatto con le formiche. Di contro, la presenza delle formiche non ha avuto alcun effetto sull’attività antimicotica di ramoscelli e pietruzze.

In seguito, i ricercatori hanno cercato di stabilire se le formiche applicassero l’acido formico prodotto dalle loro ghiandole velenifere su pezzetti di resina, ramoscelli e pietruzze, che erano tenuti in contatto con loro in condizioni analoghe a quelle dell’esperimento precedente. Il risultato ha confermato la presenza di acido formico sui materiali tenuti in prossimità delle formiche.

Infine, l’ultimo esperimento tendeva a determinare se l’acido formico aumentasse significativamente il potere antimicotico della resina. Per questo, pezzetti di resina e frammenti di vetro sono stati immersi in soluzioni di acido formico sintetico, in concentrazione analoga a quello secreto dalle formiche, per poi verificarne l’effetto sulle spore fungine in modo analogo a quello del primo esperimento. Si è così riscontrato che il trattamento aumentava l’attività inibitoria della resina contro M. brunneum, mentre non aveva effetto sui pezzetti di vetro, materiale chimicamente inerte.

Quest’interazione tra acido formico e substrato rivela un effetto sinergico anziché additivo, ossia un risultato complessivo superiore alla somma degli effetti individuali di ciascuno dei due componenti; infatti, la combinazione di acido formico e resina produce un’attività antimicotica maggiore di quella ottenuta sommando l’attività di resina e acido presi in considerazione singolarmente.

In varie specie si è riscontrato l’uso di resina di origine vegetale: le api operaie trattano la resina degli alberi con le mandibole, ma ciò non provoca variazioni nella composizione chimica della resina stessa; i Meliponini, imenotteri simili alle api ma privi di pungiglione, raccolgono resina di varie piante diverse, ma la mescolanza non ha mostrato alcun effetto sinergico. Da qui l’interesse dello studio, che documenta un evento di “miscelazione difensiva” estremamente raro al di fuori della specie umana.

Riferimenti:
Brütsch T., Jaffuel G., Vallat A., Turlings TCJ., Chapuisat M. “Wood ants produce a potent antimicrobial agent by applying formic acid on tree-collected resin”. Ecol Evol. 2017;00:1–6. 

Immagine: Da Wikimedia Commons. Licenza: CC BY 2.0