I primi abitanti del nord Europa

Dal momento della loro dispersione dal continente africano, avvenuta circa 1,75 milioni di anni or sono, i gruppi umani (non ancora della nostra specie, ma sempre appartenenti al genere Homo) colonizzarono in poche centinaia di migliaia di anni gran parte delle terre emerse del Vecchio Mondo, dalla Penisola Iberica fino alle coste della Cina orientale e le isole indocinesi. Questa

Dal momento della loro dispersione dal continente africano, avvenuta circa 1,75 milioni di anni or sono, i gruppi umani (non ancora della nostra specie, ma sempre appartenenti al genere Homo) colonizzarono in poche centinaia di migliaia di anni gran parte delle terre emerse del Vecchio Mondo, dalla Penisola Iberica fino alle coste della Cina orientale e le isole indocinesi. Questa espansione umana si credeva fosse limitata, almeno fino a 700.000 anni fa, alle regioni con climi caldi e temperati, dominati da foreste tropicali, savane e habitat di tipo Mediterraneo.

In questi giorni, però, il ritrovamento di un antichissimo insediamento umano sulle coste di Happisburgh, nella regione inglese del Norfolk, retrodaterebbe di almeno 100.000 anni l’arrivo delle prime popolazioni umane in Gran Bretagna e, più in generale, nell’Europa settentrionale. Dal sito paleoarcheologico sono stati dissotterrati almeno 78 utensili da taglio e percussione (nell’immagine tratta dall’articolo originale) fabbricati in petra risalenti ad un periodo compreso tra 980.000 e 800.000 anni or sono. I realizzatori di questi strumenti, molto efficienti sebbene meno sofisticati di quelli di epoche successive, erano probabilmente popolazioni di cacciatori-raccoglitori della specie Homo antecessor, l’unica specie di Homo nota nel continente europeo circa 1 milioni di anni fa (anche se in Spagna), nonostante su questo aspetto ci sia ancora molta incertezza. Fino ad oggi, i più antichi strumenti umani rinvenuti nel nord dell’Europa erano di Pakefield, nel Suffolk (sempre in Gran Bretagna), che risalivano a circa 700.000 anni fa, quando le isole britanniche attrversarono un periodo di clima mediterraneo.

Gli uomini che vivano nell’insediamento di Happisburgh, invece, non furono così fortunati da beneficiare di un clima favorevole, in quanto a quel tempo le isole britanniche erano ancora interessate da temperature estremamente rigide che misero a dura prova i nostri antenati. Senza ombra di dubbio, sostengono gli autori della scoperta sulle pagine di Nature, questi reperti rappresentano la più antica testimonianza della presenza dell’uomo in regioni dal clima freddo. La ricostruzione precisa dell’ambiente è stata possibile grazie al ritrovamento, oltre degli utensili, di una gran quantità di materiale naturale sia provenienti da piante, come granuli pollinici, tronchi d’albero o pigne, che da animali, come ossa e denti di numerosi mammiferi di diversa taglia e piccoli invertebrati. Questo insediamento umano era situato in un clima tipicamente boreale, con basse temperature e poche ore diurne durante i rigidi inverni, in cui dominavano le foreste di conifere. Un ambiente non certo ospitale per una specie abituata a climi caldi e temperati, addolcito però dalla presenza del fiume Tamigi, le cui sponde fornivano cibo e protezione.

Un’altro pericolo che queste popolazioni di cacciatori-raccoglitori dovettero affrontare fu la competizione di alcuni temibili predatori, come la tigre dai denti a sciabola (Genere Homoterium) e una iena le cui dimensioni raggiungevano quelle degli odierni leoni. Con questi carnivori i nostri antenati dovevano competere per l’accesso alle prede, rappresentate per la maggior parte di grandi erbivori come il mammuth meridionale (Mammuthus meridionalis), da non confondere con quello lanoso (Mammuthus primigenius) tipico dei periodi glaciali successivi, l’equide estinto Equus suessenbornensis e il cervo rosso (Cervus elaphus), delle cui ossa è ricco l’insediamento.

Ma la loro dieta non sembra fosse a base prevalente di carne: era infatti semi, radici ed erbe, spesso integrati da alimenti provenienti dal vicino fiume (e, come detto, dalla carne), che fornivano ai primi britannici le energie per il proprio sostentamento.

L’importanza del ritrovamento è quindi duplice: innanzitutto, retrodata l’arrivo delle popolazioni umane nelle regioni settentrionali della Terra, indicando che i nostri antenati sperimentarono importanti eventi di dispersione anche in ambienti ostili molto prima di quanto ritenuto finora. In secondo luogo, e forse ancora di maggior rilevanza, contraddice la teoria secondo cui la presenza in un territorio di popolazioni umane arcaiche fosse strettamente legata ad un particolare clima, caldo e temperato, che imponeva loro di rifugiarsi nelle regioni meridionali nei periodi freddi e spostarsi nuovamente verso nord al miglioramento delle condizioni climatiche. Le nuove evidenze suggeriscono, invece, che questi uomini erano in grado di sopravvivere in climi boreali, probabilmente adattando i loro comportamenti alle diverse situazioni e modificando la propria dieta in funzione del clima e delle stagioni. Un ambiente ostile che rappresentò dunque una prima sfida per i primi uomini, i quali dovettero ingegnarsi nell’utilizzo di pelli di animali e, forse, del fuoco (di cui è stata ritrovata una testimonianza anche se non è ben chiaro se si tratti di un fuoco naturale o di origine antropica).

Andrea Romano

Riferimenti:

Simon A. Parfitt, Nick M. Ashton, Simon G. Lewis, Richard L. Abel, G. Russell Coope, Mike H. Field, Rowena Gale, Peter G. Hoare, Nigel R. Larkin, Mark D. Lewis, Vassil Karloukovski, Barbara A. Maher, Sylvia M. Peglar, Richard C. Preece, John E. Whittaker, Chris B. Stringer. Early Pleistocene human occupation at the edge of the boreal zone in northwest Europe. Nature, 2010; 466 (7303): 229 DOI: 10.1038/nature09117. Link

Andrew P. Roberts, Rainer Grün. Archaeology: Early human northerners. Nature, 2010; 466 (7303): 189 DOI: 10.1038/466189a. Link