Ida messa al suo posto

Qualche mese è passato dal roboante annuncio di un fossile che, nell’intenzione degli scopritori, avrebbe dovuto cambiare radicalmente il nostro modo di ricostruire la filogenesi della nostra specie (Pikaia ne ha parlato qui e ha raccolto una serie di perplessità iniziali qui), un annuncio che oltre a destare qualche sospetto per via del dispiegamento mediatico aveva lasciato gli esperti con parecchi

Qualche mese è passato dal roboante annuncio di un fossile che, nell’intenzione degli scopritori, avrebbe dovuto cambiare radicalmente il nostro modo di ricostruire la filogenesi della nostra specie (Pikaia ne ha parlato qui e ha raccolto una serie di perplessità iniziali qui), un annuncio che oltre a destare qualche sospetto per via del dispiegamento mediatico aveva lasciato gli esperti con parecchi dubbi sulla sua validità. Dubbi a quanto pare fondati, visto che una recente scoperta compiuta da Erik Seiffert della Stony Brook University di New York state, Elwyn Simons della Duke University di Durham e colleghi sembra dare il colpo di grazia a Darwinius masillae, un fossile strepitoso per la sua completezza ma che da subito è parso un difficile candidato per il posto di antenato comune a tutte le scimmie antropoidi.

Il team di ricercatori è riuscito a collezionare abbastanza frammenti per ricostruire la mandibola di una nuova specie di adapide, il gruppo di primati a cui apparteneva anche Ida, ottenendo così alcune preziosissime informazioni sul rapporto di queste due specie con gli altri primati e in particolare con il gruppo delle scimmie antropoidi. Afradapis longicristatus, vissuto circa 37 milioni di anni fa (quindi circa una decina dopo Ida), era un adapide di notevoli dimensioni che presentava effettivamente alcuni caratteri in comune con le scimmie antropoidi odierne ma un numero molto maggiore in comune con lemuriformi e lorisiformi; ma vediamo i risultati dello studio più nel dettaglio.

In totale il gruppo di ricercatori ha confrontato, utilizzando gli oltre 100 denti e frammenti di mandibole di Afradapis ritrovati, ben 360 tratti morfologici diversi in 117 primati, viventi ed estinti. Questo studio approfondito ha portato Seiffert, Simons e colleghi a stilare una minuzioso analisi cladistica, che assegna agli adapidi (e quindi anche a Ida e Afradapis) un posto molto lontano da quello delle scimmie antropoidi e in realtà anche dalle stesse proscimmie viventi, che se pur appartenenti allo stesso sottordine dei primati condividerebbero un antenato piuttosto remoto nel tempo.

Se guardiamo nel dettaglio gli elementi più interessanti, si nota come Afradpis presenti degli incisivi inferiori piatti e leggermente sporgenti a formare una struttura molto simile a quella “a pettine” utilizzata per il grooming dai lemuri viventi ed estinti, primati che fanno parte del sottordine delle Strepsirrhine (l’altro sottordine è appunto quello degli Haplorrhini, tra i quali si annoverano tutte le scimmie antropoidi compreso l’uomo). Proprio l’assenza di questo elemento in Ida costituiva, secondo i suoi scopritori, una prova del suo supposto status di antenato comune, ma il fatto che compaia qualche milione di anni dopo in una specie strettamente imparentata fa pensare che un’affermazione del genere fosse decisamente pretenziosa, e che più probabilmente sia andato semplicemente perso in Darwinius masillae.

Caratteristiche che Afradapis longicristatus condivide con le scimmie antropoidi sono invece l’assenza del secondo premolare sia nell’arcata inferiore che in quella superiore e la presenza della sinfisi mandibolare: due caratteristiche però assenti nelle più antiche scimmie antropoidi conosciute, come Ganlea megacanina (Pikaia ne ha parlato qui), e pertanto meglio spiegabili come prodotti di un’evoluzione convergente piuttosto che come segno di stretta parentela evolutiva. Se è vero quindi che raramente un dibattito in paleontologia può dirsi davvero chiuso, sembra proprio che la “carriera” degli adapidi e di Ida in particolare come candidati ad antenati di tutte le scimmie antropoidi sia finita prematuramente.

Riferimenti:
Seiffert, E., Perry, J., Simons, E., & Boyer, D. “Convergent evolution of anthropoid-like adaptations in Eocene adapiform primates” Nature, 461 (7267), 1118-1121 DOI: (2009).