Il caso e la necessità

Ci sono alcuni libri che più di altri influenzano le nostre vite e “Il caso e la necessità” di Jacques Monod è per me uno dei più importanti. Eì stato quindi con grande curiosità che mi sono avvicinato all’ultimo libro di Luca Luigi Cavalli Sforza che riprende lo stesso titolo di Monod. La scelta di Cavalli Sforza è spiegata immediatamente

Ci sono alcuni libri che più di altri influenzano le nostre vite e “Il caso e la necessità” di Jacques Monod è per me uno dei più importanti. Eì stato quindi con grande curiosità che mi sono avvicinato all’ultimo libro di Luca Luigi Cavalli Sforza che riprende lo stesso titolo di Monod. La scelta di Cavalli Sforza è spiegata immediatamente all’inizio del libro ed è legata al fatto di voler dare al caso una valenza ed una importanza ancora maggiore rispetto a quella che Monod gli attribuiva nel 1970. Non sono certo che il libro sia efficace in questo risultato, sebbene ampio spazio sia dato alla deriva genetica ed alle migrazioni ed alla loro importanza nell’evoluzione, rimane però che la versione de “Il caso e la necessità” di Cavalli Sforza è un efficace excursus sull’evoluzione umana e sui diversi contributi (biologici e culturali) di cui dobbiamo tenere conto per capirne pienamente le basi.

Nel corso del libro, Cavalli Sforza analizza tutti gli argomenti cui ha dedicato maggiore attenzione nel corso della sua lunghissima carriera dedicata allo studio dell’evoluzione umana: si parte quindi dal progetto “Human Genome Diversity Project”, per poi analizzare le similarità  dell’evoluzione biologica con quella culturale e considerare l’importanza della ricerca multidisciplinare applicata all’evoluzione dell’uomo.

Il libro inizia ripercorrendo velocemente la vita e la carriera di Cavalli Sforza e certamente non passano inosservati i nomi di alcuni degli scienziati con cui Cavalli Sforza ha interagito: basti pensare, per citarne solo alcuni, ad Adriano Buzzati-Traverso, Ronald Fischer, Joshua Lederberg e James Watson. Così come colpisce vedere l’energia con cui Cavalli Sforza si dedica alla ricerca scientifica ed alla comunicazione della scienza: “…qualche volta mi stupisco di quanto insaziabile continui ad essere la molla che ha sempre mantenuto la mia ricerca, la curiosità“.

Nella prima parte del libro Cavalli Sforza parla del progetto “Human Genome Diversity Project” (HGDP), da lui intensamente voluto per capire l’origine della diversità delle popolazioni umane e l’evoluzione della nostra specie. Come lo stesso Cavali Sforza segnala, questo progetto ha avuto alterna popolarità, in particolare nei media, a dispetto dell’assoluto valore scientifico non solo del progetto stesso (volto alla creazione di una collezione di linee cellulari umane provenienti da oltre 50 popolazioni sparse nel mondo), ma anche delle numerose pubblicazioni che sono state realizzate grazie al progetto HGDP. Il progetto è stato contestato da subito perchè come sottolinea lo stesso autore “i rapporti tra scienziati non sono sempre dei più facili o onesti” e sorprendentemente anche Francis Collins, direttore del Progetto Genoma Umano, espresse parere molto negativo. “Vale la pena accennare – scrive Cavalli Sforza – agli ostacoli di natura etica e politica che abbiamo dovuto fronteggiare. Siamo stati accusati di rinforzare con le nostre ricerche il concetto di razza, proprio l’opposto delle nostre persuasioni. Ci hanno chiamato biocolonialisti, ritenendo immorale prelevare sangue a gente inerme come gli indigeni; come se noi intendessimo prelevarlo con la violenza. Ci hanno tacciato di sfruttarli e di volerci arricchire procacciandoci brevetti sul DNA delle popolazioni indigene, di violare le loro identità  politiche perchè il nostro metodo scientifico avrebbe avuto l’egemonia sulla costruzione dell’identità  umana, di andare contro i miti di origine delle popolazioni aborigene e così via“. Nonostante numerose opposizioni e scarsi fondi il progetto è proseguito ed anche la rivista Nature Genetics ha dedicato a questo progetto ampio spazio mostrando le numerose potenzialità  di un simile approccio allo studio della diversità umana.

L’altro aspetto che emerge prepotentemente dal libro di Cavalli Sforza è l’importanza degli studi multidisciplinari per comprendere pienamente l’evoluzione umana, perchè “l’evoluzione umana non è una questione meramente genetica, ma anche culturale. Noi esseri umani abbiamo fatto della trasmissibilità delle nozioni culturali da una generazione all’altra il primo meccanismo adattativo della specie. Vi deve essere dunque una stretta correlazione tra la capacità umana di fare cultura e la selezione naturale. L’esempio più immediato è quello del linguaggio: è infatti molto probabile che lo sviluppo del linguaggio sia legato all’aumento delle dimensioni del cervello umano, anche se è difficile dire esattamente come e perchè. Ecco dunque che l’intervento di altre discipline, l’antropologia e la linguistica in questo caso, può risultare di aiuto al genetista“. Cavalli Sforza ripercorre quindi gli studi condotti sul parallelismo tra l’evoluzione delle lingue e quella delle popolazioni umane, perchè “ci sono infatti chiare analogie – sottolinea Cavalli Sforza – tra l’evoluzione genetica e quella linguistica, sebbene non ci si aspetti un correlazione perfetta, dato che il linguaggio (in quanto fenomeno culturale) tende a mutare e quindi anche evolvere in tempi molto più rapidi dei geni“. Il parallelismo tra evoluzione delle lingue ed evoluzione biologica era stato già stato  suggerito da Charles Darwin ne L’Origine delle specie (cap. XIV): “Non sarà  senza qualche utilità  lo spiegare questo concetto sulla classificazione, prendendo il caso delle lingue. Se noi possedessimo una genealogia perfetta della stirpe umana, una disposizione genealogica delle razze umane ci darebbe la migliore classificazione delle diverse lingue attualmente parlate in tutto il mondo; e quando tutte le lingue estinte e tutti i dialetti intermedi e lentamente variabili vi fossero compresi, questa disposizione sarebbe la più completa. Però potrebbe darsi che qualche lingua molto antica si fosse poco alterata e che non avesse dato origine che a poche lingue nuove, mentre altre lingue, avendo variato grandemente, avrebbero prodotto molte lingue e molti dialetti nuovi (in seguito alla diffusione e all’isolamento successivo delle diverse razze, derivanti da una razza primitiva, non che pel loro stato di civiltà). I vari gradi di differenza nelle lingue di un medesimo stipite sarebbero espressi per mezzo di gruppi subordinati ad altri gruppi; ma la disposizione più conveniente, od anzi la sola possibile, sarebbe la genealogica. Questa disposizione sarebbe rigorosamente naturale, in quanto collegherebbe fra loro tutte le lingue estinte e moderne mediante le affinità  più strette e ci darebbe la figliazione e l’origine di ogni lingua“.

Altro aspetto importante dell’evoluzione umana è dato dalla cultura in genere, di cui il linguaggio è parte, ma che consiste di “quel patrimonio di conoscenze accumulato nel corso di generazioni (…) e che modella il nostro comportamento“. L’importanza della cultura nel suo complesso non può essere sottovalutata, poichè ci sono cambiamenti culturali che sono equivalenti alle mutazioni, come le invenzioni o le innovazioni, anche se si tratta di variazioni meno casuali rispetto alle mutazioni biologiche. La crescita demografica umana, ad esempio, è provato che sia stata influenzata “da innovazioni tecnologiche riguardanti la produzione di cibo, i trasporti, il potere militare e, in epoche più recenti, le comunicazioni, la matematica e le tecniche sperimentali. Con il trionfo della comunicazione l’evoluzione culturale è diventata il motore dell’evoluzione umana e probabilmente anche dell’evoluzione genetica“. Questa duplice natura (biologica e culturale) della nostra evoluzione è tanto evidente che “se prendiamo le migrazioni, non possiamo esimerci dall’ammettere che sono un fenomeno tanto genetico quanto culturale. Le migrazioni inseriscono nuovi geni, ma anche nuovi costumi e abitudini“. E’ tra l’altro interessante notare come sia proprio la componente culturale a rappresentare il principale elemento di differenze tra le popolazioni. “E’ certo – scrive Cavalli Sforza- che la variazione genetica è maggiore fra gli individui di una popolazione, che tra le popolazioni. Sul piano culturale avviene esattamente l’opposto: vi è più variazione culturale tra le diverse popolazioni che non all’interno di un solo gruppo“. Cavalli Sforza espresse questo concetto in modo molto chiaro in libri precedenti ad indicare che il razzismo non ha basi biologiche, ma solo culturali. Per capire quindi l’evoluzione dell’uomo, sottolinea Cavali Sforza, “è necessario lo studio parallelo di taluni fenomeni attraverso discipline diverse, che vanno dalla genetica alla paleontologia, archeologia, storia, demografia, sociologia, antropologia culturale e fisica, linguistica, toponomastica e antroponimia“.

L’ultima parte del libro è dedicata al futuro e Cavalli Sforza dedica spazio alle prospettive di applicazione all’uomo delle ricerche in ambito medico e ai margini di evoluzione della nostra specie, sottolineando il fatto che il futuro dell’uomo non potrà che essere influenzato dalle migrazioni che, sebbene causa di lamentele da parte di razzisti e xenofobi, non potranno che rendere più rosse le prospettive evolutive della nostra specie.

In più parti del libro, Cavalli Sforza si rivolge ai politici che con le loro scelte influenzano la ricerca scientifica e le possibilità  di fare ricerca, tanto da concludere il libro con un auspicio: “soprattutto abbiamo bisogno di capi di Stato che non si dichiarino ispirati da Dio, o non credano noi così stupidi da credere a questa loro affermazione, di qualunque Dio essi parlino. E’ quasi imbarazzante accorgersi che con tutta la filosofia, tutta la scienza, tutte le religioni sviluppate fino adesso, il mondo semi-globalizzato sia posto in serio pericolo da religioni che tutte avrebbero dovuto pacificare il mondo con idee molto simili l’una all’altra e invece da molti secoli continuano a tempestarlo di guerre con il pretesto di portare la religione giusta che è, naturalmente, la propria“… anche le religioni sono però parte della nostra evoluzione culturale e ne possiamo oggi capire l’origine e l’evoluzione.

Spesso mi è stato chiesto se l’evoluzione può spiegare il senso della nostra esistenza, a questo certamente l’evoluzione non può dare una risposta, ma conoscendo il nostro passato evolutivo e sapendo quali componenti influenzano la nostra evoluzione, possiamo cercare di capire dove stiamo andando e, forse, optare per un cambiamento rispetto alla rotta attuale, perchè, come sottolinea Cavalli Sforza, “non sarebbe consolante sapere che ci sarà probabilmente sempre qualche verme o batterio che riuscirà  a sopravvivere“, mentre la nostra specie è passata nell’almanacco delle specie estinte.

Mauro Mandrioli