Il DNA svela i segreti… della nostra bocca!

Nella placca fossile è possibile ricostruire il microbioma orale delle popolazioni umane del passato

Il DNA antico, inteso come qualsiasi traccia di DNA proveniente da organismi estinti o estratto da resti scheletrici, è fonte di scoperte incredibili e pur avendo a disposizione piccole quantità di DNA è oggi possibile fare molte analisi. Tra le ricerche più frequenti vi è l’identificazione dei batteri presenti in un campione attraverso lo studio della sequenza del gene 16S rRNA nei batteri. Questo gene ha infatti una sequenza specifica per ciascuna specie batterica, per cui la comparazione della sequenza di DNA ottenuta da questo gene con quelle di riferimento presenti all’interno di numerosi database, permette di identificare le specie presenti sia in campioni moderni che antichi.
Che la placca dentaria (o tartaro) includesse anche batteri studiabili a livello genetico non è una novità, tanto che sono stati condotti diversi studi per capire come la dieta e l’origine geografica influenza la composizione del nostro microbioma orale (qui un esempio) . La novità, oggetto di una recente pubblicazione sulla rivista Nature Genetics, è che dalla placca dentaria si possono ottenere informazioni genetiche (nel senso di molecole di DNA integre) in grado di identificare a livello di specie i batteri presenti in campioni medioevali. La placca dentaria quindi non solo “intrappola” i batteri, ma ne preserva il DNA per molto tempo permettendone l’analisi.
In particolare un equipe internazionale di ricercatori, tra cui Enrico Cappellini,  ha scoperto che le malattie parodontali di cui soffrivano i nostri antenati erano causate dagli stessi batteri che affliggono noi oggi, malgrado i notevoli cambiamenti nella dieta e nell’igiene. Alcuni di questi batteri inoltre erano già resistenti a diversi antibiotici, introdotti oltre 800 anni dopo.
Le analisi molecolari condotte hanno inoltre permesso di isolare tratti di DNA provenienti da organelli (quali ad esempio i mitocondri) appartenenti a frumento, crucifere e maiale/cinghiale, sequenze che devono derivare da resti di cellule o biomolecole presenti a seguito nella placca come resti dell’alimentazione.
Come indicato sul comunicato stampa da Christian von Mering, Direttore del Swiss Institute of Bioinformatics (SIB): La placca dentaria è una finestra sul passato e potrebbe rivelarsi una delle fonti meglio conservate di colonie di microbi umani. Questo ci permette di indagare sia lo stato di salute che quello patologico, ma anche di ricostruire aspetti della storia e delle attività della vita di un individuo. Finora non vi eravamo mai riusciti.
Se quando baciate il vostro compagno o la vostra compagna tracce del vostro DNA restano nella sua bocca per almeno un’ora, sappiate che traccia di quello che mangiate può rimanere nel vostro tartaro anche per millenni!
Mauro Mandrioli
Riferimenti:
Warinner, C., Rodrigues, J., Vyas, R., Trachsel, C., Shved, N., Grossmann, J., Radini, A., Hancock, Y., Tito, R., Fiddyment, S., Speller, C., Hendy, J., Charlton, S., Luder, H., Salazar-García, D., Eppler, E., Seiler, R., Hansen, L., Castruita, J., Barkow-Oesterreicher, S., Teoh, K., Kelstrup, C., Olsen, J., Nanni, P., Kawai, T., Willerslev, E., von Mering, C., Lewis, C., Collins, M., Gilbert, M., Rühli, F., & Cappellini, E. (2014). Pathogens and host immunity in the ancient human oral cavity Nature Genetics DOI: 10.1038/ng.2906

Credit: Christina Warinner