Il nuovo paleoloricato

I molluschi sono uno dei gruppi più diversi, importanti e ben studiati tra i phyla invertebrati. Tuttavia le loro relazioni filogenetiche sono state oggetto di controversia. In particolare la posizione degli aplacofori, vermiformi e privi di conchiglia, con i poliplacofori (chitoni) è risultata particolarmente problematica. Gli aplacofori sono stati considerati parafiletici o monofiletici alla base di tutti i molluschi, o

I molluschi sono uno dei gruppi più diversi, importanti e ben studiati tra i phyla invertebrati. Tuttavia le loro relazioni filogenetiche sono state oggetto di controversia. In particolare la posizione degli aplacofori, vermiformi e privi di conchiglia, con i poliplacofori (chitoni) è risultata particolarmente problematica. Gli aplacofori sono stati considerati parafiletici o monofiletici alla base di tutti i molluschi, o ancora sister group di cladi molto derivati quali i cefalopodi, o come sister group dei poliplacofori, formando il clade degli aculiferi. 

La risoluzione di questa controversia potrebbe arrivare da recenti ritrovamenti fossili che supportano l’ipotesi degli aculiferi dimostrando che i molluschi simili a chitoni dell’era paleozoica sono organismi che combinano caratteri da poliplacofori e aplacofori (paleoloricati). Tuttavia i fossili che combinano un corpo vermiforme (da aplacoforo) con valve (simili a quelle dei chitoni) sono stati finora poco studiabili. Tuttavia un nuovo articolo di Nature descrive una nuova specie, Kulindroplax perissokomos, proveniente dal giacimento dell’Herefordshire (risalente a circa 425 milioni di anni fa), un deposito siluriano contenente fossili marini conservati con i loro dettagli tridimensionali. Le analisi filogenetiche dimostrano che i paleoloricati sono il gruppo corona degli aplacofori.
Giorgio Tarditi Spagnoli

Riferimenti:

Mark D. Sutton, Derek E. G. Briggs, David J. Siveter, Derek J. Siveter, Julia D. Sigwart. A Silurian armoured aplacophoran and implications for molluscan phylogeny. Nature, 2012; 490 (7418): 94 DOI: 10.1038/nature11328