Il papavero nero

La romantica storia di un piccolo pezzo di biodiversità italiana: il Papavero Evelina, frutto di ibridazione e salvato in laboratorio

Era verso la fine degli anni ottanta quando una mattina di aprile la mia attenzione venne attirata da una piantina dai fiori completamente neri nata alla base della scarpata ferroviaria vicino al lungo mare di Sinigallia, in provincia di Ancora; e sicuramente non era la prima volta. Quel giorno, però, ero ben deciso a non farmi scappare l’occasione. Picchettata e ben segnalata la piantina fiorita, riuscii ad individuarne un’altra non molto lontano, più piccola e non ancora fiorita. Isolata e segnalata anche questa, non restava che documentarne nel dettaglio caratteristiche e comportamento, e poi raccoglierne i semi per tentare di avviare un regolare processo di riproduzione.
All’inizio non fu facile. Per diversi anni la crescita del numero delle piante fu lenta, in progressione quasi matematica. Poi lo “scoppio”, nel giro di due o tre stagioni, tanto che non solo non era più necessario procedere alla semina, ma si poneva sempre più un problema di soprannumero, costringendomi a diradamenti anche drastici e a contenere il più possibile l’evasione dal mio giardino. Il lavoro di questi anni non aveva solo inciso sulla fertilità del “papavero nero”, ma risultavano fortemente migliorate tutte le caratteristiche della pianta: più sviluppata e con fioritura molto più lunga, i fiori erano più grandi e appariscenti, il colore nero sempre più netto e brillante.
Fu ben presto evidente la sua appartenenza al genere Papaver; è una specie annuale, alta in media 60/80 cm con foglie di colore verde-glauco, glabre e fiori del diametro medio di 40/45 mm. con petali di colore nero. La denominazione poi prescelta sarà Papavero “Evelina”, ufficializzato nel 1997. 
Da un’accurata ricerca genetica condotta dalla Facoltà di Agraria della Università Politecnica delle Marche, Dipartimento di Genetica Agraria, sulla nuova varietà e sulle specie del genere Papaver, spontanee e spontaneizzate, che vivono nella zona, si è potuto dedurre che “Evelina” sia frutto di una ibridazione spontanea fra P. rhoeas e P. dubium, anche se non si esclude la possibilità di un importante contributo di mutazioni geniche spontanee. Da un’analisi morfologica emerge come si differenzi nettamente da tutti gli altri, assumendo caratteristiche del tutto originali.
Il Papavero “Evelina” (questo il sito interamente dedicato) oggi si comporta come una nuova specie vera e propria. Infatti, si riproduce autonomamente e i vari individui danno una prole (semi) fertile; i caratteri che ne distinguono i singoli individui sono differenti da quelli che caratterizzano le altre specie e si mantengono inalterati con il succedersi delle generazioni; non si ibridano con le specie più vicine, da cui probabilmente derivano. Anzi, sono loro a volte a trasmettere alcuni dei propri caratteri alle specie simili. Quello che manca a questa pianta è ora un habitat naturale in cui la specie può sopravvivere e riprodursi autonomamente. 
L’ambiente in cui il “Papavero Evelina” si è formato, difficilmente gli avrebbe dato la possibilità si svilupparsi spontaneamente. Da un lato l’esigua fascia incolta ai bordi della massicciata ferroviaria periodicamente sottoposta a sfalci, sbancamenti e abbandono di materiali di risulta. Inoltre, dagli anni immediatamente successivi all’individuazione del primo papavero nero, l’area è sottoposta a trattamenti con diserbanti e dissecanti, all’inizio pesanti (tanto da suscitare proteste e richieste di risarcimenti da parte dei confinanti) e oggi più “soft” e mirati, ma il risultato è sempre la desertificazione per gran parte dell’anno. Sull’altro versante, quello degli orti e giardini privati confinanti, la progressiva urbanizzazione ne ha ridotto drasticamente numero ed estensione. I pochi rimasti vengono coltivati e curati in maniera molto intensiva, dove non c’è spazio per elementi estranei considerati generalmente come erbe infestanti. 
Se non ci fosse stato il caso, e certamente la fortuna, di un felice incontro, del papavero nero oggi ben difficilmente ne resterebbe traccia. Questo, però, è un argomento che andrebbe affrontato nel dettaglio e non certo liquidato in poche battute. 
 
Penso che l’evoluzione sia un processo continuo, mai interrotto, e che la natura possa esprimere le sue potenzialità anche nei luoghi più difficili ed impensati, e per trovare piacevoli sorprese non occorre guardare sempre e comunque verso luoghi selvaggi ed incontaminati, a volte bisogna volgere l’attenzione anche intorno a noi, magari lungo una scarpata ferroviaria nelle Marche.
Giorgio Sagrati