Il passato onnivoro degli orsi

L’importanza degli studi comparativi nella determinazione delle caratteristiche biologiche e comportamentali delle specie estinte sta tornando alla ribalta. Conoscendo le abitudini delle attuali specie e le loro strutture morfologiche e potendo contare sulla disponibiltà di alcuni resti fossili di specie ormai estinte è possibile ricostrutire le strategie di sopravvivenza degli organismi del passato. Grazie a queste fonti di informazioni è

L’importanza degli studi comparativi nella determinazione delle caratteristiche biologiche e comportamentali delle specie estinte sta tornando alla ribalta. Conoscendo le abitudini delle attuali specie e le loro strutture morfologiche e potendo contare sulla disponibiltà di alcuni resti fossili di specie ormai estinte è possibile ricostrutire le strategie di sopravvivenza degli organismi del passato.

Grazie a queste fonti di informazioni è stato possibile per un gruppo di ricercatori dell’Università di Malaga stabilire quali fossero le abitudini alimentari di due specie di orso (Famiglia Ursidae), scomparse in tempi recenti, che proliferavano nell’emisfero settentrionale durante il Pleistocene. Si tratta dell’orso gigante americano (Arctodus simus) tipico dell’America settentrionale e dell’orso delle caverne (Ursus spelaeus) che visse in Europa fino a circa 12.000 anni fa. La specie americana si riteneva adottasse una dieta quasi esclusivamente carnivora, mentre quella europea un regime alimentare basato in prevalenza di piante e frutta, anche se talvolta poteva nutrirsi di altri animali.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Journal of Zoology, ha invece mostrato una realtà diversa, con entrambe le specie che possono essere annoverate a pieno titolo tra gli onnivori. Le analisi morfometriche condotte sui crani e mascelle fossili, confrontate con quelle delle rispettive componenti facciali delle specie attuali, hanno indicato che questi orsi preistorici non adottavano affatto una dieta specializzata, ma erano, al contrario, generaliste e opportuniste. Presentano, infatti, numerosi tratti simili tra loro e condivisi con le specie onnivore, tra cui la lunghezza dei canini e del cranio, la posizione della mandibola e lo sviluppo degli archi degli zigomi e dei muscoli facciali.

L’espressione intermedia di questi tratti sottolinea un’ampia plasticità sia morfologica che ecologica di queste due specie, grazie alla quale l’orso delle caverse e l’orso gigante americano potevano sfruttare numerose fonti di cibo differenti. L’utilizzo di un’ampia gamma di risorse alimentari, e il conseguente ampiamento della nicchia trofica, è una caratteristica importante per poter affrontare i cambiamenti climatici e ambientali, come quelli vigenti durante i periodi glaciali.

Questo risultato, comunque, non è del tutto inatteso, in quanto delle attuali specie della famiglia degli ursidi, solo due, l’orso bianco (Ursus maritimus), esclusivamente carnivoro, e il panda (Ailuropoda melanoleuca), strettamente erbivoro, adottano una dieta molto specializzata.

Andrea Romano

Riferimenti:
Figueirido et al. Ecomorphological correlates of craniodental variation in bears and paleobiological implications for extinct taxa: an approach based on geometric morphometrics. Journal of Zoology, 2009; 277 (1): 70 DOI: 10.1111/j.1469-7998.2008.00511.x