Il racconto del passato e le sue implicazioni: il caso dell’orango di Sumatra

Uno nuovo studio riporta il primo caso di comunicazione posticipata tra primati non umani e, di fatto, tra i rappresentanti di tutto il regno animale, aprendo nuove prospettive circa lo studio dell’evoluzione del linguaggio e confermando la presenza nell’orango di abilità cognitive simili alle nostre

Gli oranghi (genere Pongo) sono primati estremamente noti sia alla comunità scientifica che all’opinione pubblica. Tuttavia quello che il lavoro di Adriano R. Lameira e Josep Call mette in luce è un aspetto tutto nuovo non solo riguardo a questo genere, ma anche, più in generale, a tutto il regno animale.

Il focus dello studio in questione, pubblicato su Science Advances, si è concentrato sulle femmine adulte dell’orango di Sumatra (Pongo abelii), e in particolare sul comportamento difensivo che queste assumono nei confronti della minaccia di un predatore quando accompagnate dai propri piccoli. I risultati delle varie osservazioni hanno rivelato sorprendentemente che in tutte le femmine oggetto dello studio prima si allontanavano dai predatori e solo successivamente emettevano vocalizzazioni di allarme, molto dopo quanto ci si sarebbe aspettato, ossia a una distanza di diversi minuti rispetto al momento della presa di coscienza del pericolo da parte della madre. Nel caso più estremo, i ricercatori hanno dovuto aspettare 20 minuti prima che l’atteso richiamo risuonasse tra le fronde.

L’osservazione sistematica di un comportamento apparentemente inspiegabile in femmine di diversa età – e accompagnate da cuccioli ugualmente diversi per stadio di crescita – ha condotto Lameira e Call a dover ipotizzare per questa specie l’esistenza di un adattamento alla predazione inaspettato, nonché sostanzialmente diverso dal principio elementare insito nei richiami di allarme che si osservano comunemente in varie specie di mammiferi e uccelli. In tutti gli esemplari testati, infatti, la catena di reazioni registrate prevedeva – dal momento della scoperta del predatore da parte della madre in poi – l’interruzione di qualsiasi attività questa stesse svolgendo, la lenta e silenziosa risalita insieme al piccolo verso gli strati più alti e protetti della vegetazione (canopea superiore) e, solo in seguito, i richiami di allarme, a una distanza di tempo variabile dalla messa in sicurezza del cucciolo.

Quello che secondo gli autori questa strategia di difesa sembrerebbe presupporre è la compresenza di due intenzioni, una protettiva nei confronti del piccolo e l’altra “educativa” nei confronti sia del piccolo che del predatore. Per quanto riguarda la prima, il comportamento delle femmine di orango sembra suggerire che una risalita silenziosa e poco visibile verso un luogo protetto sia preferibile (nell’ottica di una maggiore sicurezza del cucciolo) all’emissione di richiami di pericolo, che potrebbero spingere il predatore a tentare un attacco o addirittura rivelare la posizione di madre e piccolo a un predatore ignaro, nonché spaventare il cucciolo stesso. Per quale motivo quindi profondersi in segnali di allarme a pericolo cessato? Per due importanti ragioni: la segnalazione del rischio corso rimane fondamentale ai fini dell’educazione del piccolo nei confronti del pericolo, mentre la dichiarazione della scoperta del predatore comunica a quest’ultimo che egli non rappresenta più una minaccia.

Le implicazioni di questo studio nel nostro lento processo di comprensione dello sviluppo delle capacità cognitive sono impressionanti, a partire dal fatto che ci troviamo per la prima volta di fronte a un caso accertato di comunicazione differita nel tempo in una specie diversa dalla nostra. Abbiamo quindi per la prima volta la prova dell’esistenza – nel mondo animale al di fuori di noi – di un collegamento tra azione e memoria che porti l’individuo ad avere la capacità di riferire avvenimenti non strettamente legati alla contingenza, e soprattutto a sentire il bisogno di comunicare ad altri queste informazioni, non parimenti connesse al suo immediato presente. La valenza di questa capacità nella scelta della migliore opzione per la sopravvivenza di un cucciolo e per la sua educazione va a sostegno della teorizzata intima connessione tra i legami sociali e l’evoluzione del pensiero astratto.

Riferimenti:
Adriano R. Lameira & Josep Call. Time-space–displaced responses in the orangutan vocal system. Science Advances, 2018. Vol. 4, no. 11, eaau3401

Immagine: Becker1999 from Grove City, OH [CC BY 2.0], attraverso Wikimedia Commons