Il ‘salto’ epigenetico dalla scimmia all’uomo

Per lungo tempo la convinzione di molti scienziati che la maggior parte delle differenze fra uomini e scimmie fossero riconducibili a differenze genetiche si è scontrata con l’elevata somiglianza (circa il 97%) fra le sequenze del DNA delle due specie. Col crescere delle conoscenze sull’epigenetica – che studia quelle modifiche ereditabili dell’attività dei geni che non ne alterano la sequenza

Per lungo tempo la convinzione di molti scienziati che la maggior parte delle differenze fra uomini e scimmie fossero riconducibili a differenze genetiche si è scontrata con l’elevata somiglianza (circa il 97%) fra le sequenze del DNA delle due specie. Col crescere delle conoscenze sull’epigenetica – che studia quelle modifiche ereditabili dell’attività dei geni che non ne alterano la sequenza – si sono aperte nuove possibilità di indagine su questo argomento.

All’interno del nucleo cellulare, il DNA è  associato ad alcune proteine a formare un complesso chiamato cromatina, la cui struttura tridimensionale gioca un ruolo chiave nel regolare l’attivazione dei geni. La comprensione dei meccanismi di funzionamento del cosiddetto epigenoma consentirebbe di capire come le singole lettere, rappresentate dai geni, vengono combinate per formare testi anche molto diversi fra di loro. Proprio su questa idea si poggia lo studio condotto da un gruppo di ricercatori americani, russi e svizzeri, recentemente pubblicato su PLoS Biology; combinando genomica comparata e genetica di popolazioni, hanno confrontato l’espressione di un marcatore epigenetico in campioni cerebrali di uomini, scimpanzé e macachi. In particolare, si sono concentrati sulla corteccia prefrontale (PFC) in quanto associata all’evoluzione del cervello dei primati. Il marcatore scelto, l’istone H3 trimetilato (H3K4me3), è caratteristico dei siti di inizio della trascrizione (transcription start sites, TSS), il cui ruolo nello sviluppo del cervello e nella sua attività era ancora poco chiaro.

Da queste analisi è emerso che nell’uomo diverse centinaia di sequenze sono associate in maniera specifica alla trimetilazione dell’istone H3 e che alcune di esse sono addirittura in grado di interagire fisicamente fra di loro proprio grazie a questa marcatura epigenetica, pur essendo distanti diverse migliaia di basi fra di loro. È inoltre interessante notare che alcuni di questi geni che nell’uomo mostrano un diverso profilo di metilazione, sono associati a disordini mentali quali autismo, schizofrenia e sindrome da deficit di attenzione.

Infine, gli autori dello studio hanno analizzato il profilo epigenetico da loro individuato da un punto di vista filogenetico; hanno così scoperto che tale profilo si è probabilmente stabilizzato durante una fase recente dell’evoluzione umana, successiva alla separazione di Homo sapiens da altri ominini come Homo neanderthalensis e l’uomo di Denisova. La trimetilazione di H3K4 potrebbe quindi aver avuto, secondo i ricercatori, un importante ruolo nell’aumento delle capacità cognitive dell’uomo e della sua sensibilità ad alcuni disturbi neuropsichiatrici rispetto a scimpanzé e macachi, ma non rispetto ad altri ominini. Questo studio conferma ulteriormente l’importanza dell’epigenoma, la cui mappatura nei neuroni e in altri tipi cellulari è in grado di fornire importanti informazioni sul funzionamento di un organo complesso come il cervello e sulla sua evoluzione.

Riferimenti:
Shulha HP, Crisci JL, Reshetov D, Tushir JS, Cheung I, et al. (2012) Human-Specific Histone Methylation Signatures at Transcription Start Sites in Prefrontal Neurons. PLoS Biol 10(11): e1001427. doi:10.1371/journal.pbio.1001427