La giusta misura della velocità animale

Gli animali più veloci sono quelli di taglia intermedia, e non quelli più grandi, perché consumano meno energia in fase di accelerazione

Gli animali più grandi non sono i più veloci: a sostenerlo uno studio pubblicato su Nature Ecology and Evolution da un gruppo di ricerca dell’Università di Jena, in Germania, diretto da Myriam R. Hirt, che descrive un nuovo modello capace di predire le velocità massime consentite ad animali di taglia differente e appartenenti a diversi gruppi tassonomici.

Il movimento animale è da sempre oggetto di studio per le sue implicazioni evolutive: gli animali si muovono per raggiungere le risorse, per corteggiare i partner, per sfuggire ai predatori, per migrare. La velocità massima che gli animali possono raggiungere è una caratteristica cruciale degli individui, che ne determina la sopravvivenza ed è quindi oggetto della selezione naturale.

I modelli utilizzati finora ricorrevano a differenti interpretazioni di tipo biomeccanico, fisiologico o metabolico per spiegare perché, sebbene si osservi una relazione lineare tra l’aumento della taglia degli animali e la loro velocità massima, in ciascun gruppo tassonomico l’animale più grande in assoluto non sia mai il più veloce. Come fanno osservare i ricercatori dell’Università di Jena, non esiste al momento un modello unificante in grado di venire a capo di questa relazione sia in ciascun gruppo che tra gruppi differenti.

Il gruppo di Myriam Hirt si è posto l’obiettivo di colmare questa lacuna, costruendo un modello basato sul tempo disponibile per raggiungere la massima accelerazione e l’energia a disposizione per farlo. In questo modello, suffragato da una analisi statistica dei dati di letteratura per 474 specie dai 30 µg alle 100 tonnellate (da piccoli insetti come la Drosophila a grandi vertebrati come la megattera) il fattore limitante per il raggiungimento della velocità massima diventa il tempo disponibile per la massima accelerazione e la quantità di fibre veloci dipendenti dal metabolismo anaerobico a disposizione.

Sono queste ultime, infatti, a rendere disponibile l’energia necessaria a raggiungere la massima accelerazione e non le fibre aerobiche, che garantiscono invece il mantenimento della velocità per un tempo prolungato e che sono più abbondanti man mano che aumenta la taglia.

Oltre una certa taglia, quindi, le dimensioni diventano un handicap perché l’energia a disposizione per la massima accelerazione viene dissipata troppo in fretta: questo spiega perché animali di taglia intermedia come il ghepardo siano più veloci di animali di taglia maggiore come gli elefanti o perché un pescespada sia più veloce di un squalo balena.

Il modello mostra come, per gli animali più piccoli e di taglia intermedia, la curva che descrive la loro accelerazione sia più vicina di quella teoricamente prevista, rispetto agli animali di grande taglia.

La ricerca ha mostrato inoltre come la termoregolazione, legata alla disponibilità di metabolismo anaerobico delle diverse specie, sia l’unico fattore limitante legato al raggiungimento della massima velocità, a differenza dell’appartenenza a uno specifico gruppo tassonomico, una dieta specifica o una particolare modalità di locomozione. Ad esempio, il modello spiega perché l’endotermia permetta velocità superiori rispetto agli animali a sangue freddo, ad eccezione del nuoto dove i costi di mantenimento della temperatura corporea sfavoriscono i vertebrati acquatici (balene, delfini etc) e semiacquatici (pinguini) rispetto ai pesci.

Come fanno notare i ricercatori, il punto di forza di questo modello è la sua applicabilità ad animali di gruppi differenti, tanto da poterlo potenzialmente applicare anche ad animali estinti come i dinosauri. La ricerca potrebbe gettare luce su altri aspetti del movimento animale, come ad esempio la velocità raggiunta dagli animali migratori, l’energia necessaria al loro mantenimento, il legame con la loro taglia, aspetti chiaramente decisivi per la capacità di sopravvivenza della specie.

Riferimenti:
Hirt M. R. et al., A general scaling law reveals why the largest animals are not the fastest Nature Ecology & Evolution 1, 1116–1122 (2017)

Immagine: di dominio pubblico (da Wikimedia Commons)