La prospettiva gerarchica sull’evoluzione: un dibattito internazionale

Recentemente pubblicato il libro sulla teoria gerarchica dell’evoluzione prodotto dal gruppo internazionale di studiosi The Hierarchy Group. Il volume, presentato a fine settembre presso la prestigiosa National Academy of Sciences di Washington e recensito sulle pagine di Science, ha avviato uno stimolante dibattito sul futuro della teoria dell’evoluzione

“The Hierarchy Group” è un network internazionale di ricerca composto da studiosi altamente qualificati appartenenti ai campi più disparati, come la biologia evoluzionistica, l’antropologia, la genetica, l’ecologia, la storia e la filosofia della biologia. Il gruppo è stato fondato dieci anni fa, nel 2006, in occasione del Festival della Scienza di Genova, e si è poi riunito periodicamente. Il progetto (i cui contenuti si possono leggere in dettaglio nel sito del gruppo), si è concluso lo scorso settembre con la pubblicazione del libro dal titolo Evolutionary Theory: A Hierarchical Perspective presso l’autorevole casa editrice statunitense The University of Chicago Press (Chicago 2016, 385 pp.). Il volume collettaneo è stato curato da quattro membri del gruppo: Niles Eldredge, eminente paleontologo dell’American Museum of Natural History di New York e padre fondatore della teoria gerarchica; Telmo Pievani, filosofo della biologia ed evoluzionista presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e co-direttore, insieme a Eldredge, del progetto; Emanuele Serrelli, filosofo della scienza presso l’Università di Milano Bicocca; e Ilya Tëmkin, biologo e ricercatore associato presso il National Museum of Natural History, Smithsonian Institution, Washington.

L’uscita del libro è stata recentemente celebrata in due importanti incontri internazionali organizzati da Hierarchy Group negli Stati Uniti[1]. Nel pomeriggio del 22 settembre 2016 si è tenuto un simposio internazionale in cui i curatori e alcuni degli autori del libro hanno presentato il volume e i suoi contenuti presso la prestigiosa sede della National Academy of Sciences di Washington. Il giorno successivo si è invece svolto un workshop interno tra i membri del gruppo, alcuni autori del libro e altri studiosi esterni invitati, presso il Northern Virginia Community college di Annandale, per discutere di alcune importanti questioni legate alla teoria gerarchica e ai suoi possibili sviluppi futuri. Anche in questa sede si è svolta una presentazione del volume davanti alla facoltà e agli studenti del college.

L’eco internazionale riguardante la pubblicazione del libro ha infine raggiunto anche la redazione della rivista Science, che nel numero del 30 settembre[2] ha dedicato al volume un’articolata recensione, firmata da Bengt Autzen, in cui vengono sollevati punti importanti legati alla teoria gerarchica e alle sue implicazioni per un rinnovamento futuro della teoria dell’evoluzione.

Pubblicato dopo più di 40 anni dall’antologia curata da Pattee sulla teoria gerarchica[3], Evolutionary Theory adotta la concezione della doppia gerarchia di Eldredge come cornice teorico-interpretativa. I sedici saggi di cui è composto il volume trattano i temi più differenti, che spaziano dalle ricostruzioni storiche alle trattazioni più squisitamente biologico-teoretiche, passando per testi più strettamente empirici. Anche le competenze dei ben ventiquattro autori, sommate a quelle dei quattro curatori, compongono un quadro altamente diversificato, in cui biologi evoluzionisti e paleontologi, genetisti e paleobiologi, geologi ed ecologi, biologi marini e filosofi della scienza, e finanche un musicologo, danno vita a un intreccio di prospettive differenti e plurali legate insieme dal potere unificante ed euristico della teoria gerarchica.

Il volume è suddiviso in tre sezioni, precedute da un’introduzione di carattere storico scritta da Eldredge. La prima parte si concentra su questioni concettuali e terminologiche correlate alla teoria gerarchica. Ad esempio, il saggio di Bruce Lieberman (Kansas University), giudicato da Autzen “insightful”, discute della doppia natura della biologia evoluzionistica, che mostra di essere sia una scienza storica che una scienza che scopre leggi. La seconda parte del libro è invece dedicata alle relazioni dinamiche tra le entità a differenti livelli delle gerarchie biologiche. Particolarmente illuminante, secondo Autzen, il capitolo realizzato da Mihaela Pavličev (University of Cincinnati) e colleghi. Al simposio di Washington, l’esperta di evolutionary systems biology ha sottolineato come il capitolo sviluppi una teoria riguardante il comportamento dei sistemi emergenti esaminando le somiglianze strutturali tra i sistemi biologici a livello molecolare e nell’evoluzione culturale umana.

La terza e ultima parte del volume si volge alla nozione di macroevoluzione, la dimensione da cui prende origine la teoria gerarchica. Alla National Academy of Sciences, Warren Allmon (Cornell University) ha presentato il suo capitolo, che opera una dettagliata analisi del ruolo che i termini di “tempo” e “modalità” giocano nella teoria macroevolutiva, proponendo un utilizzo di essi in grado di chiarire una serie di dubbi e ambiguità legati al loro impiego. William Miller III (Humboldt State University) ha discusso i contenuti del suo capitolo sottolineando quanto un’espansione della teoria evoluzionistica in direzione di una seria considerazione delle dinamiche macroecologiche e dei pattern macroevolutivi sia essenziale per poter interpretare correttamente i fenomeni evolutivi e per poter condurre alla scoperta di nuove connessioni concettuali relative ai pattern su larga scala della storia evolutiva.

Ogni sezione del libro è preceduta da un saggio introduttivo scritto da due dei curatori, Ilya Tëmkin ed Emanuele Serrelli. Il volume si conclude con un saggio di Telmo Pievani, che riflette sulla rilevanza euristica e teoretica della teoria gerarchica e propone un interessante confronto con la cosiddetta “Extended Evolutionary Synthesis”.

Nella recensione di Autzen non sono mancati i rilievi critici. Il più importante riguarda la presenza di due diverse connotazioni di teoria gerarchica che compaiono nel libro. Se considerata in senso stretto, la teoria gerarchica coincide con la concezione che Eldredge propone nei suoi scritti, costituita dalla doppia gerarchia genealogica e ecologica. Accade tuttavia che in alcuni capitoli si possa trovare un’interpretazione più liberale della teoria, riferita all’idea più generica che il mondo biologico è organizzato gerarchicamente e che questa caratteristica strutturale sia rilevante per comprendere l’evoluzione. Ora, secondo Autzen, “nel volume compaiono entrambe le interpretazioni, ma la distinzione non è sempre chiara”. L’esempio citato dall’autore della recensione per confermare la sua idea riguarda i contenuti del capitolo scritto da Ryan Gregory e colleghi della Guelph University.

Come illustrato da Gregory anche nel corso dei due convegni americani, una prospettiva multilivello può essere molto utile per chiarire, ad esempio, la presenza massiccia nel genoma umano di sequenze non codificanti, come introni, pseudogeni, trasposoni. Questi ultimi, da soli, costituirebbero almeno la metà delle sequenze del genoma umano, ma per cercare di comprenderli in un’ottica evoluzionista e biologica finora li si è considerati (ad esempio nel progetto ENCODE) largamente dal punto di vista dell’organismo, in termini di una loro funzionalità o meno, di una loro dannosità, neutralità o azione benefica, fallendo in questo modo il proposito. Molto meglio invece considerarli da una prospettiva multilivello, come entità che competono, si riproducono ed evolvono dentro il genoma, considerato come il loro ambiente. Se visti come sistemi interagenti sia tra loro, al loro proprio livello, sia coinvolgendo differenti livelli di organizzazione, ad esempio perché selezionati per o contro i loro effetti a livello dell’organismo o delle cellule, il problema di comprenderne la loro origine evolutiva e la loro natura in quanto entità biologiche viene meglio compreso e chiarito.

Autzen ritiene che questo contributo si adatti meglio alla cornice concettuale della teoria della selezione multilivello, e si chiede se questo equivalga a provvedere una teoria gerarchica dell’evoluzione dei trasposoni. Se leggiamo la teoria gerarchica in senso liberale, scrive Autzen, la risposta è sì; se viceversa adottiamo l’interpretazione più rigida, la risposta è no, e questo genera confusione tra i lettori. Questa argomentazione, riteniamo, poggia sull’idea errata che la teoria gerarchica, interpretata in senso stretto (ovvero nella formulazione data da Eldredge della doppia gerarchia), escluda la teoria della selezione multilivello perché incompatibile con essa. Lo stesso ragionamento, d’altra parte, è stato condotto riguardo alla teoria degli equilibri punteggiati. Invece di riconoscerla, in una logica pluralista, come una teoria che descrive un pattern possibile dell’evoluzione insieme ad altri, come oggi si tende a considerare[4], essa è stata semplicemente giudicata per lungo tempo una teoria incompatibile con il programma di ricerca neodarwiniano, e dunque da rigettare. Lo stesso meccanismo logico, ci sembra, viene applicato per la teoria gerarchica. In realtà, come viene argomentato proprio nel capitolo 8 di Evolutionary Theory, non solo le due teorie (teoria gerarchica e teoria della selezione multilivello) sono compatibili tra loro, ma addirittura la teoria di Eldredge non sarebbe che un’estensione, in senso pluralista, della teoria della selezione multilivello, che viene incorporata all’interno dell’architettura concettuale della prima. A differenza di Autzen, non rileviamo dunque alcuna confusione, nei capitoli del libro, tra interpretazioni strette o liberali della teoria gerarchica, ma piuttosto un allargamento di prospettiva da parte di una teoria gerarchica che comprende al suo interno una pluralità di pattern e processi, compresi quelli sottesi dalla teoria della selezione multilivello.

Non si può che essere invece d’accordo con Autzen quando in conclusione del suo stimolante articolo scrive che “sia l’ampio raggio dei temi trattati nel volume, che la diversità di coloro che vi hanno contribuito sono impressionanti”, aggiungendo che in effetti questo libro “contribuisce a colmare un importante bisogno in un momento in cui riviste altamente specializzate raramente offrono l’opportunità a biologi e filosofi di impegnarsi congiuntamente con le questioni concettuali della biologia”.

Al termine della sua Introduzione a Evolutionary Theory, Eldredge scrive: “Sono affamato di cambiamento – di sviluppi nella teoria gerarchica da parte delle giovani generazioni” (p.14). Ci auguriamo che questa pubblicazione e gli sforzi che l’Hierarchy Group dedica a questo tema ormai da dieci anni catalizzino nuove idee e nuove prospettive, soprattutto tra i ricercatori più giovani.

 

[1] Si vedano i programmi completi degli eventi nella sezione “eventi” e “links” del sito [www.hierarchygroup.com]

[2] B. Autzen, “Leveling up”, Science, 30 Sept. 2016, 353 (6307): 1505.

[3] H. H. Pattee (ed.), Hierarchy Theory: The Challenge of Complex Systems, Braziller, New York 1973.

[4] Si vedano ad esempio i due articoli di M. Pagel et al., “Large punctuational contribution of speciation to evolutionary divergence at the molecular level”, Science, 314, 2006: 119-121 e M. Pagel & C. Venditti, “Plenty of room for punctuational change”, Trends Ecol. Evol., 29, 2014: 71-72.