La rapida evoluzione del cervelletto umano

L’aumento del volume del cervelletto nelle grandi scimmie antropomorfe potrebbe aver contribuito all’evoluzione delle capacità cognitive dell’uomo

Nel mondo animale è ben nota la relazione tra il volume del cervello e della neocorteccia cerebrale con le dimensioni corporee: questa tendenza è stata particolarmente evidente tra i primati, portando alla convinzione che l’espansione corticale sia stata la caratteristica più importante nell’evoluzione del cervello in questo gruppo di mammiferi. Uno studio inglese, pubblicato su Current Biology, invece mostra che, almeno nelle scimmie antropomorfe, compresi gli esseri umani, le dimensioni del cervelletto sembrano essere aumentate più rapidamente rispetto a quelle della neocorteccia. 
Gli autori sono giunti a questa conclusione applicando un metodo che mette in relazione la velocità evolutiva di uno specifico gruppo con i dati neuro-volumetrici, permettendo così di individuare cambiamenti di dimensioni nelle diverse strutture del cervello. I risultati ottenuti mostrano un’evoluzione correlata tra cervelletto e neocorteccia e individuano anche differenze tra le grandi scimmie e gli altri primati. L’espansione cerebellare ha infatti subito un’accelerazione più rapida durante la radiazione delle grandi scimmie antropomorfe rispetto agli altri primati, in quanto il loro aumento medio generale fu pari a 3,2 volte, con il massimo di 3,6 volte nel ramo che ha portato al genere Homo, a differenza dell’incremento di 1,5 volte osservato nelle altre specie.
Questo risultato stride con quelli di studi precedenti sugli esseri umani, che risultavano avere un cervelletto relativamente piccolo, a differenza di quanto concluso dal presente studio che sostiene come questa area cerebrale nell’uomo rappresenti la massima espansione tra i primati. I dati ottenuti infatti evidenziano un rapporto volume cervelletto/neocorteccia significativamente maggiore rispetto alle altre specie. Per esempio, gli umani hanno una neocorteccia che è 818% più grande di quella dei babbuini (Papio) ed un cervelletto del 940% più grande. Anche le altre grandi scimmie mostrano questo trend: ad esempio gli scimpanzé (Pan troglodytes) hanno una neocorteccia che è 230% più grande di quella dei babbuini ed un cervelletto del 300% più grande. 
Come anticipato, i risultati di questo studio contrastano con l’asserzione che il cervelletto, data la sua origine evolutiva molto antica, abbia giocato solo un ruolo marginale nella conquista delle capacità cognitive umane: invece sembrano suggerire che, anche se anche il cervelletto e la neocorteccia nel corso dell’evoluzione dei primati si sono espansi parallelamente, la selezione naturale possa aver favorito maggiormente l’incremento della componente cerebellare durante l’evoluzione delle grandi scimmie. 
Dal momento che il cervelletto è coinvolto nel controllo dell’elaborazione di sequenze di azioni complesse, come quelle coinvolte nella produzione e utilizzo di strumenti, è possibile che l’aumento della complessità tecnologica umana possa essere stata favorita dall’espansione di quest’area cerebrale. Non solo quindi la neocorteccia, ma anche il cervelletto avrebbe avuto un ruolo chiave nell’evoluzione cognitiva umana.
Ilaria Pietrini
Riferimenti: 
Barton, R.A. and Venditti C. (2014) Rapid evolution of the cerebellum in humans and other great apes. Current Biology 24, 1-5