Le estinzioni che modificano l’ambiente

Il ruolo dei grossi animali nel plasmare l’ambiente e la circolazione delle sostanze nutritive, nel passato e oggi: un’altra possibile, e non certo auspicabile, conseguenza dell’estinzione della megafauna

Prima dell’avvento dell’uomo, nel tardo Pleistocene, la Terra era dominata da grandi mammiferi: rinoceronti dal pelo lungo, mammut, mastodonti, enormi gonfoteri, cervi con palchi larghi fino a quattro metri, mandrie di bisonti fino all’orizzonte. Attorno a loro tigri dai denti a sciabola, leoni delle caverne e altri colossali predatori si contendevano le zone di caccia.

Da una serie di recenti ricerche indipendenti, condotte da diversi gruppi di ricercatori internazionali e pubblicate in uno speciale su PNAS, sembra emergere che questi animali abbiano avuto un ruolo primario nel plasmare le caratteristiche del territorio in cui vivevano, al punto che gli imponenti cambiamenti ambientali avvenuti a ridosso delle grandi estinzioni potrebbero essere in parte dovuti proprio alla scomparsa di questi enormi abitanti della superficie terrestre.

Secondo uno studio del Netherlands Institute of Ecology, vi è una diretta relazione tra densità e diversità degli erbivori e apertura del paesaggio: i grandi erbivori del passato, che si cibavano degli arbusti e dei piccoli alberi che crescevano al limitare dei boschi, arginavano il costante avanzare delle foreste, creando in questo modo vaste aree aperte, come conferma l’elevato incremento della dimensione delle foreste a seguito della loro scomparsa. Un effetto confrontabile a quello che avviene nella savana africana, dove, a fronte della progressiva riduzione del numero di elefanti, arbusti e acacie si espandono in maniera incontrollata, inglobando la pianura.

L’aumento della superficie boschiva ha comportato un incremento di superficie infiammabile, con il conseguente aumento della frequenza e dell’intensità degli incendi, di cui si sono trovate numerose tracce nei reperti fossili. Allo stesso tempo, la fertilità del suolo e la biodiversità sono state profondamente modificate. È quello che sostiene anche uno studio dei ricercatori dell’Università della California di Berkeley, che riporta come drastici cambiamenti siano avvenuti in tutto il Nord America. La perdita di più di 60 specie di grandi mammiferi in Alaska e nello Yukon ha trasformato un fertile territorio di boschi e pianure nella tundra improduttiva che domina attualmente la regione. Nelle aree occidentali e orientali degli Stati Uniti, l’estinzione dei mastodonti sembra aver pesantemente modificato la vegetazione e, di conseguenza, la fauna locale, fino a ridurre la biodiversità dei piccoli animali. Cambiamenti minori si sono avuti in America Latina, dove le condizioni climatiche non hanno comunque favorito l’avanzare della vegetazione. Qui, la scomparsa di megateri, gliptodonti e di un altro centinaio di specie ha inciso sull’aspetto del territorio in maniera più modesta e non facile da razionalizzare a partire dai reperti fossili rinvenuti.

L’intensa azione degli erbivori sul suolo, che a tratti rischiava di essere eccessiva, veniva regolata dall’intervento di carnivori altrettanto colossali. La diffusa convinzione che erbivori di quel calibro fossero troppo grossi per essere prede comuni dei predatori è stata confutata da uno studio approfondito di un altro gruppo di ricercatori dell’Università della California che, studiando le dimensioni di prede e predatori dell’epoca, è giunto alla conclusione che i colossali antenati delle moderne tigri e leoni fossero sufficientemente possenti da predare, soprattutto agendo in grossi branchi, giovani erbivori di quella taglia senza eccessive difficoltà.

Risulta quindi sempre più evidente come gli erbivori, e gli animali in generale, non fossero né siano solo fruitori e dell’ambiente in cui vivono, ma anche diretti protagonisti nel cambiamento del proprio habitat e dell’intero pianeta. Appare sempre più probabile che i cambiamenti climatici e ambientali contemporanei alle estinzioni dei grandi mammiferi non ne siano stati la causa, quanto più l’effetto.

In particolare, un ultimo studio del professor Roman dell’Università del Vermont  mostra come gli animali, in particolare i grandi mammiferi terrestri e marini, gli uccelli costieri e i pesci migratori, siano gli artefici principali della fertilizzazione del pianeta. Là dove si pensava che la diffusione degli elementi nutritivi nei vari ecosistemi fosse prerogativa dei batteri e degli agenti atmosferici, si è invece scoperto che i principali trasportatori di elementi essenziali per il nutrimento della terra sono gli animali di grossa taglia. Questi, nutrendosi in un luogo e espellendo i rifiuti corporei in un altro, permettono un trasporto efficace e ad ampio raggio di sostanze quali il fosforo, preziosissime per la crescita delle piante. La riduzione del numero di mammiferi marini e di animali selvatici nei vari ecosistemi sta comportando una drastica diminuzione delle sostanze nutritive trasportate dal mare alla terra. Per fare un esempio: la quantità di fosforo che raggiunge la superficie marina dalle profondità, tramite l’azione delle balene, è scesa ad un quarto rispetto a due secoli fa e quella che dal mare arriva all’entroterra, grazie all’azione dei pesci migratori come i salmoni, è crollata del 96%.

La progressiva riduzione delle aree selvatiche e del numero di animali che le abitano rischia, come è successo alla fine del Pleistocene, di mutare profondamente l’aspetto del nostro pianeta. Ma se 12.000 anni fa non vi era nessuno in grado di porre un argine ai possibili cambiamenti dannosi, oggi – dice il professor Roman – “il recupero è possibile e importante.”

Riferimenti:
– Combining paleo-data and modern exclosure experiments to assess the impact of megafauna extinctions on woody vegetation. PNAS, October 26, 2015 DOI:10.1073/pnas.1502545112
– Variable impact of late-Quaternary megafaunal extinction in causing ecological state shifts in North and South America. PNAS, October 26, 2015 DOI:10.1073/pnas.1505295112
– The impact of large terrestrial carnivores on Pleistocene ecosystems. PNAS, October 26, 2015 DOI:10.1073/pnas.1502554112
– Global nutrient transport in a world of giants. PNAS, October 26, 2015 DOI:10.1073/pnas.1502549112

Immagine: By Mauricio Antón [CC BY 2.5 (http://creativecommons.org/licenses/by/2.5)], via Wikimedia Commons