L’estinzione della antica megafauna africana non fu colpa degli ominidi

Sarebbe stata la diminuzione della CO2 atmosferica e la conseguente perdita di habitat la causa del declino della megafauna erbivora africana, e non i nostri antenati. A sostenerlo è uno studio pubblicato su Science che ha già suscitato diverse critiche

L’estinzione dei grandi mammiferi dell’Africa orientale non sarebbe imputabile ai nostri antenati, ma bensì a cambiamenti climatici ed ambientali. E’ quanto emerge da un recente studio pubblicato su Science e condotto da un team di paleoantropologi e paleoecologi guidati da Tyler Faith dalla Università dello Utah.

In tutti i continenti, fino a qualche migliaio di anni fa, vivevano numerose specie di animali di grosse dimensioni, la cosiddetta “megafauna”. Parlando più specificamente dell’Africa, se oggi sono presenti solamente cinque specie di mammiferi mega-erbivori (oltre i 900 kg di peso), circa 3 milioni di anni fa la celeberrima Lucy (Australopithecus afarensis) avrebbe potuto osservarne molte di più (erano infatti presenti tre specie di giraffa, una di ippopotamo, due di rinoceronte, quattro di elefante). E prima i mammiferi erbivori giganti erano ancora più numerosi.

Ci sono prove piuttosto solide a sostegno del fatto che, almeno per quanto riguarda l’ultima parte del Pleistocene, ovvero l’intervallo di tempo compreso tra 50.000 e 10.00 anni fa, la nostra specie ebbe un ruolo determinante, diretto o indiretto, nell’estinzione di numerose specie della megafauna. L’arrivo dell’uomo coinciderebbe infatti in maniera puntuale con l’estinzione della fauna di grosse dimensioni (Pikaia ne ha parlato ad esempio qui, qui e qui). E’ già stato altresì dimostrato che in alcuni casi la cautela è però d’obbligo e la coesistenza uomo-megafauna fu molto più duratura; sarebbe anche necessario considerare singolarmente i casi in esame senza pretendere di fare delle generalizzazioni (Pikaia ne ha già parlato qui).

Per “proprietà transitiva”, anche le precedenti estinzioni degli animali appartenenti alla megafauna sono state generalmente messe in relazione con i nostri antenati ominidi e soprattutto con le loro scoperte tecnologiche e tecniche di caccia sempre più raffinate. Ma l’impatto degli ominidi sugli animali di grandi dimensioni non era mai stato direttamente testato. Per farlo, i ricercatori hanno analizzato reperti fossili provenienti dall’Africa orientale per ricostruire la cronologia dell’estinzione della megafauna erbivora da 7 milioni di anni fa ad oggi. Inoltre, gli scienziati hanno esaminato l’andamento di alcune caratteristiche climatiche ed ambientali, tra cui i livelli di CO2 presenti in atmosfera e la struttura della vegetazione.

I risultati evidenziano che negli ultimi 7 milioni di anni si sarebbero estinti 28 lignaggi evolutivi di megaerbivori, confermando che le comunità di questi animali dovevano essere molto più numerose in passato. Ma c’è di più: dalle analisi emerge che l’inizio del declino della megafauna africana sarebbe iniziato circa 4,6 milioni di anni fa, e il trend è stato pressoché costante nel tempo.

Confrontando tale andamento con le fondamentali tappe dell’evoluzione umana, si possono fare diverse considerazioni: il tasso di estinzione di tali animali non aumentò né dopo la fabbricazione dei primi utensili e la messa a punto di rudimentali tecniche di macellazione da parte degli ominidi (circa 3,5 milioni di anni fa), né dopo la comparsa di Homo erectus (circa 1,9 milioni di anni fa), che era solito utilizzare strumenti molto sofisticati e nutrirsi di grandi quantità di carne.

Al contrario, all’inizio del tramonto della megafauna, gli unici ominidi presenti erano appartenenti al genere Ardipithecus, dall’andatura bipede ma dalle capacità craniche molto ridotte (Pikaia ne ha parlato qui). Essi, privi di attrezzi di caccia, avrebbero potuto predare animali di piccole dimensione ma di certo non megaerbivori.

Il motivo del declino dei megaerbivori andrebbe dunque cercato altrove: l’ipotesi degli scienziati è che possa essere correlato con la diminuzione della CO2 atmosferica che si verificò circa 5 milioni di anni fa. In particolare, le foreste ed i grandi arbusti africani sarebbero stati gradualmente sostituiti con praterie sempre più estese, in quanto le piante erbacee tropicali hanno una maggiore capacità di resistere a bassi livelli di  CO2 rispetto ai precedenti.

La diminuzione delle foreste, terreno di nutrimento per i megaerbivori, avrebbe dunque portato alla loro scomparsa. Conseguentemente, anche molti loro predatori, come per esempio le tigri dai denti a sciabola, specializzate nel predare piccoli di elefante, avrebbero potuto estinguersi insieme alle loro stesse prede.

Non sono mancate le critiche e le puntualizzazioni: in un articolo di commento, pubblicato sempre su Science, Renè Bobe e Susana Carvalho chiedono cautela. Risulta infatti molto poca la documentazione fossile per poter trarre conclusioni così affrettate. Inoltre, poiché già gli ominidi comparsi prima di H. erectus avrebbero potuto cacciare giovani esemplari della megafauna e causare dunque gravi effetti sulle specie con prole poco numerosa.

Probabilmente, le cause del declino dei mega-erbivori sono molto più complesse di quanto si cerchi di dimostrare. Solamente ulteriori studi ci potranno aiutare ad aggiungere qualche tassello a questo puzzle complesso e multifattoriale.

Riferimento:
J. Tyler Faith, John Rowan, Andrew Du, Paul L. Koch. Plio-Pleistocene decline of African megaherbivores: No evidence for ancient hominin impactsScience, 2018; 362 (6417): 938 DOI: 10.1126/science.aau2728

Immagine: Nobu Tamura [Public Domain], via Wikimedia Commons