L’ibridazione può facilitare l’invasione di nuove specie senza migliorare l’adattamento

Quando due diverse specie di piante si incrociano producendo ibridi, una delle due può prendere geneticamente il sopravvento senza portare a un miglioramento misurabile dell’ adattamento all’ambiente

Spesso, nuove specie viventi colonizzano alcune regioni dove già si trovano delle specie loro affini, e con le quali possono interagire in vari modi; un esempio tipico è l’ingresso di Homo sapiens nelle regioni precedentemente occupate dall’uomo di Neanderthal, con la successiva scomparsa di questi ultimi a favore dei primi.

La presenza di specie residenti può avere un impatto negativo sui colonizzatori, ad esempio tramite la competizione, ma anche positivo, permettendo di formare ibridi tra individui della specie locale e di quella invasore, qualora le due siano geneticamente compatibili. Normalmente si dà per scontato che l’ibridazione sia vantaggiosa solo nei casi in cui i nuovi ibridi siano meglio adattati  all’ambiente delle specie parentali. Tuttavia una ricerca pubblicata sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science sembra smentire quest’ultima ipotesi.

Nello studio, il professor Roger Cousens dell’Università di Melbourne, insieme ai suoi collaboratori, ha analizzato un contesto in cui due specie di piante erbacee appartenenti allo stesso genere si sono succedute nella colonizzazione dei territori australiani. Si tratta di due crucifere: Cakile edentula, nativa del Nord America, e Cakile maritima, nota anche col nome di ravastrello, di origini europee.

La specie nordamericana giunse in Australia poco dopo il 1850, circa mezzo secolo prima della sua controparte europea; le due specie appaiono molto simili all’occhio poco esperto. A seguito dell’impollinazione incrociata di queste due piante, non si è venuto a creare un ibrido permanente; essenzialmente, i nuovi ibridi si sono incrociati di preferenza con le piante genitrici di C. maritima (la specie europea) permettendo al genotipo di quest’ultima di prendere il sopravvento. Solo pochi geni appartenenti alla specie americana C. edentula sono stati incorporati nelle nuove generazioni. Inoltre, secondo gli autori dello studio, il nuovo fenotipo di C. maritima non è più adatto al nuovo ambiente di quanto fosse in precedenza; in altre parole, non presenta alcun vantaggio selettivo pur essendo tecnicamente un ibrido, poiché il genotipo è essenzialmente quello di C. maritima con pochissimi geni di C. edentula rimasti.

Una differenza che può essere determinante è che, nel clima australiano, C. edentula germoglia una volta all’anno in primavera, mentre la sua parente europea germoglia sia in primavera sia in autunno, e può crescere anche nell’arco dell’inverno; questo la favorisce nel periodo della fioritura estiva.

La sequenza in cui avvengono le invasioni da parte di specie alloctone può giocare un ruolo fondamentale. I modelli utilizzati nella ricerca mostrano che se la specie europea avesse invaso i territori australiani per prima, avrebbe probabilmente avuto problemi a colonizzarli. Invece, ha sfruttato la presenza della controparte americana per stabilirsi e diffondersi. Infatti, C. maritima ha bisogno di numerosi individui della propria specie per riprodursi, e se ne fossero arrivati pochi esemplari non sarebbe riuscita a prosperare; invece, la presenza C. edentula ha rappresentato un vantaggio per la controparte europea, perché era una specie già diffusa con cui C. maritima ha potuto incrociarsi. In seguito, il comportamento degli insetti impollinatori ha favorito C. maritima, creando una specie il cui genotipo è quasi esclusivamente composto dai geni europei. Il risultato è che C. maritima ha sostanzialmente rimpazzato C. edentula nell’America nord-occidentale, in Australia e in Nuova Zelanda.

Riferimento:
Mohsen B. Mesgaran et al., Hybridization can facilitate species invasions, even without enhancing local adaptation, PNAS 2016 113 (36) 10210-10214, doi:10.1073/pnas.1605626113

Immagine di Jürgen Howaldt, licenza CC BY-SA 2.0