L’ora di supplenza di giugno 2007. A cura di Alessandra Magistrelli

È questo, ad esempio,  il momento buono per entrare in classe a passo rapido esclamando con voce stentorea e in romanesco “ Gajardo regazzi!  Arisemo schiavi!”. Sì qui la parlata romanesca è d’obbligo, per cui saranno più avvantaggiati i supplenti del Centro- Sud d’Italia ,tuttavia anche gli altri, facendo esercizi a casa, potranno riuscirci con effetti forse ancor più esilaranti.

È questo, ad esempio,  il momento buono per entrare in classe a passo rapido esclamando con voce stentorea e in romanesco “ Gajardo regazzi!  Arisemo schiavi!”. Sì qui la parlata romanesca è d’obbligo, per cui saranno più avvantaggiati i supplenti del Centro- Sud d’Italia ,tuttavia anche gli altri, facendo esercizi a casa, potranno riuscirci con effetti forse ancor più esilaranti.

La frase, vera e  ripescata nei ricordi d’infanzia, veniva urlata da un soldato romano in un film comico di tanto tempo fa – ma  di cui francamente non ricordo né titolo, né autore – che entrava entusiasta e di corsa nel Senato di Roma annunciando la sconfitta subita  dai Romani da parte dei Cartaginesi.
Nel film, la frase “Gajardo regazzi ! Arisemo schiavi!” (“Magnifico ragazzi! Siamo di nuovo schiavi!”) era esternata dall’ambasciatore con una incomprensibile allegria, forse perché egli  era il primo a dare la notizia – ed essere i primi fa sempre piacere – o forse perché  ( interpretando ‘alla romana ’) la schiavitù  in fondo in fondo comporta meno responsabilità  di quanto non siano richieste all’uomo libero. Sì, c’è il rischio di prendersi delle frustate o altre punizioni corporali, di essere trattati come vermi, di essere comprati e venduti come fazzoletti da naso, ma vuoi mettere ? Nessun onere, tutto pagato, pensare poco o niente, vita regolare.

Ma non c’è niente da fare: all’essere umano piacciono le difficoltà. Ha combattuto la schiavitù e si è complicata la vita con cose quali la libertà, la democrazia, la scienza in cui, per esempio, più passa il tempo e più le teorie si fanno astruse. Prendiamo un nome a caso: la teoria dell’evoluzione.
Non era meglio quando si pensava che i ranocchi nascessero dal fango? O che i fossili rappresentassero semplicemente delle curiosità di natura? E come mai si trovano conchiglie e coralli a 4000 m di altitudine? Inshallah, ovvero così vuole la Provvidenza. Amen.

E invece no, ecco Redi che mette in crisi la generazione spontanea, e poi arriva Lamarck a parlare di trasformazione dei viventi, si aggiunge Darwin con la sua selezione naturale,  oggi poi sembra quasi che tra i ricercatori  esista un accordo a tirar fuori problemi e mai una spiegazione definitiva. Ma forse non tutto è perduto, forse  tra un po’ si torna a respirare.
E qui il supplente , aprendo la sua ormai leggendaria  cartella, tirerà fuori a fatica il primo volume dell’ Atlante della Creazione, oggetto del peso di  5,5 chilogrammi, di migliaia di pagine e figure, scritto da Harun Yahya, un signore turco che ne ha scritti altri sei ( più altri libri in  numero sterminato e più o meno tutti sugli stessi argomenti),edito in Ungheria e  che già da due anni gira per l’Europa dove viene regalato ( altrimenti costerebbe ben 80 € ) ai professori di Scienze e, in Italia, anche a quelli di Filosofia.

Che c’è scritto? Che l’evoluzione delle specie è un inganno, che solo i fessi ci credono e la studiano ( e qui gli alunni si fanno più attenti), che insieme ad altri flagelli dell’umanità ( comunismo, fascismo, materialismo, terrorismo etc.) sta alla base dei tanti guai che ci affliggono.

I fossili, per esempio, non stanno lì a dirci che moltissime specie sono comparse e poi scomparse per selezione naturale, bensì che …le specie sono apparse dal nulla, già pienamente formate e con le proprie strutture complesse , e non hanno subito alcun cambiamento nei milioni di anni successivi. Ciò è una prova significativa che la vita  venne posta in essere dal nulla – in altre parole fu creata. (op.cit.). E su questa solfa fiumi di  pagine.

Il supplente non darà ragione a Mr. Harun Yahya , si limiterà a mostrarne l’ opera mastodontica ai ragazzi, sperando che questa riesca a spaventarli  con la sua sola mole.
Suona la campanella, il supplente è soddisfatto: i ragazzi sono stati relativamente zitti, qualcosa è riuscita a dirla e poi, dato che nessuno lo prende mai sul serio,è certo di non aver tradito il Maestro (essendo lui un darwiniano convinto ) dando spazio all’avversario.
 Gli si avvicina un tizietto :” Prof. io quel libro ce l’ho  a casa. Mio padre l’ha comprato all’edicola perché ha tante figure ed è scritto grande. Secondo lei, se lo porto all’esame come tesina me lo valutano come credito?”.

Alessandra Magistrelli