L’ornitorinco sconfigge Darwin…o no?

L’evoluzione dei mammiferi è un capitolo molto ampio e complesso della storia della vita sulla Terra. Integrando gli studi filogenetici che ci mostrano le relazioni tra i vari gruppi con i dati che emergono dal record fossile, la linea evolutiva che ha portato ai mammiferi monotremi si è separata da quella che ha portato agli altri mammiferi ancora viventi (placentati

L’evoluzione dei mammiferi è un capitolo molto ampio e complesso della storia della vita sulla Terra. Integrando gli studi filogenetici che ci mostrano le relazioni tra i vari gruppi con i dati che emergono dal record fossile, la linea evolutiva che ha portato ai mammiferi monotremi si è separata da quella che ha portato agli altri mammiferi ancora viventi (placentati e marsupiali) nel Giurassico inferiore (si veda ad esempio l’articolo di Luo su Nature, vol 450 del 13 dicembre 2007). Detto in altri termini, per dare un’idea del tempo che è trascorso, si tratta di circa 180 milioni di anni… Da quel momento, il cammino evolutivo che ha portato ai monotremi ha seguito la propria strada, e così è successo anche alle altre linee di mammiferi.

Alla luce di quei 180 milioni di anni che separano le diverse linee di mammiferi ancora oggi rappresentate dal loro antenato comune, non dovrebbe dunque sorprendere vedere che nei monotremi coesistano caratteristiche simili a quelle degli altri mammiferi, ereditate dagli antenati comuni, con altre profondamente differenti, risultato di cambiamenti avvenuti in una sola delle due linee durante il lungo tempo trascorso dopo la loro separazione.

Prendiamo ad esempio il fatto che l’ornitorinco deponga le uova. Gli animali che tradizionalmente (e impropriamente) suddividiamo in rettili, uccelli e mammiferi sono tutti amnioti, e le loro linee evolutive hanno un’origine comune fatta risalire proprio alla “invenzione” della capacità di deporre un particolare tipo di uovo (detto amniotico). Ebbene, il deporre le uova non ci dice che l’ornitorinco è strano o che sia un misto tra rettili e mammiferi. Ci dice che questa strategia riproduttiva si è conservata in molte linee di amnioti, tra cui rettili, uccelli e alcuni mammiferi (tra cui appunto i monotremi), e che solo in un gruppo di mammiferi evolutosi e caratterizzatosi successivamente alla separazione della linea che ha portato ai monotremi si è sviluppata una strategia differente, ovvero quella in cui l’embrione ha cominciato a svilupparsi all’interno del corpo della madre invece che nell’uovo.

A complicare il discorso sulle similitudini tra l’ornitorinco e alcuni uccelli e rettili andrebbe aggiunto che, talvolta, alcune caratteristiche comuni tra due specie non strettamente imparentate tra loro possono essere acquisite indipendentemente da entrambe (convergenza), e che alcune caratterisitiche “primitive” possono ricomparire in una specie (reversione) facendola assomigliare maggiormente per quell’aspetto a una specie distante che a una sua parente…

La difficoltà nell’accettare le grandi differenze fisiologiche e morfologiche in animali attuali classificati dall’uomo nel gruppo dei mammiferi è in parte imputabile al fatto che, di tale gruppo, siano sopravvissuti fino ad oggi solo i rappresentanti di alcune linee (monotremi, placentati e marsupiali). La paleontologia, tramite lo studio dei gruppi estinti, come ad esempio docodonti, triconodonti e multitubercolati, a cui potremmo aggiungere, se vogliamo, anche le forme primitive (più propriamente “basali”) di placentati e marsupiali, ci ha mostrato come la varietà nella morfologia e negli adattamenti raggiunta dai mammiferi durante il Mesozoico sia sempre stata sottostimata ma sia di cruciale importanza. L’analisi di queste forme estinte, che presentano diversi mix di caratteristiche, ci fa apparire senza dubbio i monotremi molto meno strani di quanto sembrino.

Per quanto riguarda il genoma dell’ornitorinco, è improprio parlare di “misto di discendenze a livello genetico, da altri mammiferi, ma anche dai rettili e dagli uccelli…” Il genoma dell’ornitorinco è, di partenza, il genoma di un mammifero “basale” che si è poi modificato per 180 milioni di anni seguendo la propria strada! Le parole di Hsu quando dice che l’ornitorinco è un eccellente “ponte” tra i mammiferi, gli uccelli e i rettili vanno lette nel senso che l’ornitorinco, come appartenente ad una linea di mammiferi “basali”, per certi aspetti ha conservato alcune caratteristiche ereditate dai primi amnioti e poi mantenute invariate anche dai rettili (uccelli compresi), caratteristiche che invece si sono modificate successivamente solo nel gruppo di mammiferi da cui discendono placentati e marsupiali. Questo può essere visto a vari livelli; anatomico, metabolico, fisiologico…. e, come si comincia a capire grazie agli studi più recenti, anche genetico. Senza dimenticare poi, come detto sopra, che almeno alcune delle caratteritiche dell’ornitorinco potrebbero essere l’effetto di reversioni e convergenze…

Alla luce di tutte queste considerazioni l’elevato numero di cromosomi sessuali nell’ornitorinco, per quanto peculiare, va considerato con cautela ed attenzione prima di trarre conseguenze sul suo significato evolutivo: esso, infatti, potrebbe essere caratteristico del solo ornitorinco, del gruppo dei monotremi, o addirittura, primitivamente, di tutti i mammiferi. Finchè ciò non sarà chiarito è difficile trarre delle conclusioni a partire da questo dato.

Infine, non è particolarmente utile nel contesto delle differenze tra l’ornitorinco e gli altri mammiferi il confronto tra il numero dei cromosomi dell’ornitorinco, 52, e dell’uomo, 46, poiché il numero di cromosomi varia notevolmente nelle varie specie. Ad esempio, il cane, che è un placentato proprio come l’uomo, ne ha 78 e secondo un mero confronto numerico l’ornitorinco sarebbe quindi intermedio tra l’uomo e il cane, cosa che invece è priva di senso in un contesto filogenetico ed evoluzionistico.

 Non entro infine nel merito del gradualismo, dei vari processi evolutivi e dei vari fattori che li regolano e influenzano, poiché si tratta di un campo incredibilmente ampio in cui accesi dibattiti a sostegno o a sfavore di determinate ipotesi sono all’ordine del giorno, e hanno portato già da diversi anni a diverse revisioni e riletture della teoria darwiniana classica e del ruolo della selezione naturale e alla nascite di diverse scuole e correnti di pensiero. Mi sento però di poter concludere che la complessità del genoma dell’ornitorinco non mette in crisi l’evoluzionismo ma, semmai, andrebbe forse a sfavore di quella corrente di pensiero che ha nel gradualismo la sua visione dei processi evolutivi… Lo studio del genoma dell’ornitorinco quindi non sconfigge Darwin come appare nel titolo, e soprattutto non mette in crisi l’evoluzionismo in sé, ma fornisce agli studiosi che se ne occupano, qualunque sia la corrente di pensiero evoluzionistico che hanno abbracciato, nuovi importanti dati su cui lavorare per cercare di migliorare la nostra conoscenza della storia della vita sulla Terra.

Non pretendo che le mie osservazioni siano giuste e quelle del Prof. Piattelli Palmarini sbagliate, nel rispetto della piena libertà di esprimere le proprie opinioni e valutazioni. Se da un lato però sono contento che il Corriere abbia dato spazio a una notizia come quella della mappatura del genoma dell’ornitorinco dall’altro lato a mio avviso sarebbe stato allora preferibile un articolo dal titolo, al limite, “L’ornitorinco sconfigge Darwin…o no?” sottotitolato “nuovi dati a disposizione bla bla… invece che parlare di crisi dell’evoluzionismo”, con un’esposizione neutrale degli studi fatti e poi, a commento, l’opinione di due o più esperti (tra cui ben venga Piattelli Palmarini) sulle eventuali implicazioni della scoperta nel campo dell’evoluzionismo.

Simone Maganuco