Lupo e cane, nuove ipotesi sull’ibridazione e nuovi scenari per la conservazione

L’ibridazione con il cane domestico è considerata un serio pericolo per il lupo. Nuovi dati possono fare luce sulla storia biologica di questo fenomeno e aprire nuovi scenari per la conservazione della specie

Il lupo, predatore apicale e specie chiave per gli ecosistemi forestali temperati e boreali, intreccia spesso il proprio percorso di vita con quelle delle popolazioni con cui arriva a sfiorarsi (ma quasi mai a toccarsi), generando tutt’oggi leggende e false credenze. L’Unione Europea lo tutela ma gli allevatori, che lo ritengono responsabile di molte delle morti del loro bestiame, vorrebbero limitarne il numero. In realtà è un animale schivo e diffidente verso l’uomo, ed oggi vede minacciata la propria conservazione non solo per i pregiudizi di allevatori e politicanti, ma anche dall’ibridazione con i tanti cani randagi liberi sul territorio. Questo fenomeno potrebbe compromettere la specie da un punto di vista genetico e forse anche comportamentale, rischiando di inasprire i rapporti già tesi con le comunità locali (probabilmente molte delle uccisioni attribuite al lupo sono opera di ibridi). In questo contesto, uno studio internazionale su Evolutionary Applications, a cui ha partecipato anche l’istituto italiano ISPRA, sembra suggerire che il fenomeno sia molto più diffuso e antico rispetto a quanto ipotizzato fino ad ora, almeno per il lupo eurasiatico.

Per determinare il tasso di ibridazione si è studiata la frequenza di particolari mutazioni dette polimorfismi a singolo nucleotide (single-nucleotide polymorphism, SNP). Come dice il nome, gli SNP sono variazioni di singoli nucleotidi, le unità di base del DNA, nello stesso locus genetico, ovvero la “posizione”. Per essere considerati SNP a tutti gli effetti, queste mutazioni devono insorgere con una frequenza rilevabile di almeno l’1% nella popolazione.

L’archivio “Affymetrix Canine SNP Genome Mapping Array” conserva le informazioni su genoma e SNP di canidi selvatici, e cani domestici, per centinaia di individui provenienti da tutto l’areale di diffusione eurasiatico delle specie. Da qui sono stati presi i dati di 252 lupi provenienti da Europa, Asia e penisola araba, tra cui 17 ibridi riconosciuti, e 127 cani di diverse “razze”, inclusi due individui non appartenenti a nessuna razza di cane riconosciuta. A scopo comparativo sono stati considerati anche i dati ottenuti da lavori precedenti (si veda qui), riguardanti 48 lupi provenienti dal nord America.

Dalle analisi sono emerse porzioni di DNA di origine canina nel 62% degli individui di lupo eurasiatici, identificando lupi geneticamente puri e ibridi “di lunga data”, con proporzioni comprese tra lo 0 e lo 0.25 (quindi fino ad un quarto degli SNP rilevati in questi individui sono frutto di ibridazione con cani domestici) e con una leggera prevalenza negli individui europei, mentre negli ibridi recenti i valori sono compresi tra 0.4 e 0.55. Questi dati sembrano suggerire che l’ibridazione sia avvenuta in più luoghi e in epoche differenti, e non sia un fenomeno recente e circoscritto a poche aree geografiche. Un dato rilavante per le popolazioni italiane, in cui sono presenti lupi con fenotipi che potrebbero essere definiti ibridi, ovvero con una colorazione più scura del pelo, ma che sono risultati più affini ai gruppi frutto di ibridazioni antiche. Da un punto di vista pratico, se l’ibridazione fosse avvenuta indietro nel tempo, sarebbe sconsigliabile l’eliminazione di individui definiti ibridi basandosi solo su questo singolo carattere morfologico. Anche perché, notano gli autori, quella stessa mutazione (gene CBD103) sembra essere legata ad una maggiore fitness nei lupi nord americani, facilitando il mimetismo durante la predazione (si veda questo studio). Infine, individui identificati come esemplari “puri” di lupo hanno mostrato essere in realtà ibridi di lunga data, comparabili agli esemplari appenninici. I lupi nord americani non sembrano invece mostrare gli stessi segni di ibridazione massiva dei corrispettivi eurasiatici.

Le cause di questa consistente ibridazione possono essere ricercate nelle notevoli fluttuazioni demografiche che hanno accompagnato la storia dei lupi eurasiatici, e che possono avere quindi favorito fenomeni di incrocio tra lupo e cane domestico.

Da un punto di vista conservazionistico, questi risultati scoraggiano di intraprendere politiche di mantenimento del pool genetico del lupo basate sull’eliminazione degli ibridi riconosciuti su base morfologica. Anche perché questa rimozione potrebbe, per assurdo, incentivare l’incrocio con altri cani randagi (si veda qui), perlomeno in assenza di popolazioni di lupo di dimensioni adeguate. Diversamente, il mantenimento di popolazioni numerose ed in salute, assieme al controllo del numero dei cani selvatici, potrebbe ridurre i casi di ibridazione. Con benefici per tutti.

Riferimenti:
Pilot M,  Greco C,. vonHoldt BM, Randi E,  Jędrzejewski W, Sidorovich VE, Konopiński MK, Ostrander EA, WayneWidespread RK. Long-term admixture between grey wolves and domestic dogs across Eurasia and its implications for the conservation status of hybrids (https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/eva.12595)

Immagine da Pixabay