Lyell Meeting 2018: Mass extinctions – understanding the world’s worst crises

Il resoconto di uno dei meeting di geologia più importanti del mondo in esclusiva per Pikaia

Il 7 marzo si e’ svolto presso la sede della Geological Society a Londra il Lyell Meeting 2018, dedicato quest’anno al tema delle estinzioni di massa (Mass extinctions: understanding the world’s worst crises). Organizzato da due dei principali esperti di estinzioni di massa (Paul Wignall, University of Leeds, e Dave Bond, University of Hull), il meeting ha visto 30 presentazioni, fra contributi orali e poster, e la partecipazione di 115 iscritti. La lista degli speaker includeva sia ricercatori europei che nord americani, ed un mix di biologi evolutivi, paleontologi e geologi; questo ha portato, nonostante la complessita’ del tema, ad avere delle presentazioni spesso concepite in maniera da essere accessibili anche a non esperti del settore.

Uno degli aspetti un po’ sorprendenti, ma sicuramente benvenuti, e’ stato il numero ridotto di presentazioni che hanno riguardato le due estinzioni meglio studiate fra le Big 5, ovverosia le estinzioni PT (Permiano-Triassico) e KPg (Cretaceo-Paleogene). La estinzione PT e’ nota per essere stata la piu’ devastante in termini di percentuale di specie andate estinte (si stima che possa aver causato la scomparsa di circa il 90-95% delle specie di invertebrati marini), mentre la estinzione KPg, oltre ad essere la piu’ recente fra le grandi estinzioni di massa, ha visto la scomparsa di molti gruppi carismatici di metazoi come le ammoniti, i grandi rettili marini mesozoici come i mosasauri, oltre ai dinosauri non aviani. Tutta questa attenzione ha spesso portato a ignorare altri eventi che potrebbero aver avuto influenze ugualmente profonde nel causare l’evoluzione di alcuni dei principali gruppi di organismi. Diverse presentazioni durante questo meeting invece si sono occupate di eventi fino ad adesso molto meno studiati, come la estinzione Devoniana (in realta’ almeno per i gruppi marini probabilmente si e’ trattato di due eventi temporalmente relativamente vicini), la estinzione al termine del Triassico e l’evento del Toarciano (Giurassico inferiore).

In maniera complementare, spesso conclusioni ottenute dallo studio di potenziali meccanismi responsabili degli eventi PT o KPg sono state generalizzate in maniera eccessiva e si e’ ritenuto che gli stessi meccanismi dovessero essere responsabili per altre estinzioni di massa. Fortunatamente la disponibilita’ di  dataset sempre piu’ grandi, oltre alla presenza di database come la Paleobiology Database permettono nuovi tipi di metaanalisi che possono essere utilizzare per testare ipotesi su collegamenti fra cause ed effetti. Uno di questi lavori e’ stato presentato da Mark Puttick (Searching for mass extinction drivers: common cause or lost cause?). Utilizzando i record di invertebrati marini degli ultimi 350 milioni di anni presenti nel paleobiology database e utilizzando nuovi approcci statistici Puttick e collaboratori hanno tentato di individuare pattern di periodicita’ nel record delle estinzioni di massa, senza riuscirci. Una seconda fase dello studio ha poi tentato di testare statisticamente la presenza di link fra livelli di estinzione e potenziali driver come la presenza di elevate quantita’ di CO2 atmosferico,  fluttuazioni dei livelli del mare, frammentazione continentale o la presenza di Large Igneous Provinces (LIP). Tutte queste variabili sono state connesse in passato ad una o piu’ estinzioni di massa, ma questa prima meta-analisi statistica non e’ riuscita’ a trovare evidenze a sostegno di cause comuni nelle varie estinzioni di massa. Questi risultati potrebbero essere dovuti al fatto che ancora non sono disponibili dati a scale spaziali e temporali appropriate per testare queste ipotesi, oppure potrebbero essere dovuti al fatto che non ci sono driver comuni a tutte le estinzioni di massa, in quanto ognuno di questi eventi e’ diverso dagli altri.

La difficolta’ di prevedere le conseguenze di una estinzione di massa sulla base di eventi simili e’ stato illustrato anche dallo studio di Catalina Pimiento del Museum fur Naturkunde di Berlino e collaboratori, che hanno recentemente scoperto un evento di estinzione di massa responsabile per la scomparsa del 36% dei generi di megafauna marina fra pesci cartilaginei, mammiferi e rettili al termine del Pliocene. Questo periodo, caratterizzato da grande variabilita’ climatica e drammatiche oscillazioni dei livelli del mare, aveva visto numerose estinzioni di invertebrati bentonici nella regione Caraibica, ma fino al lavoro di Pimiento e colleghi si pensava che i grandi invertebrati marini fossero sopravvissuti senza subire grandi perdite, grazie anche cosmopolitanismo di molte specie. In realta’, oltre alla estinzione di molte specie di megafauna, questo periodo ha visto una drammatica riorganizzazione ecologica del funzionamento degli ecosistemi marini, a causa della scomparsa del 14% dei gruppi funzionali (ognuno di questi caratterizzato da una combinazione unica di tratti ecologici) e del 17% della ricchezza funzionale (il volume dello spazio funzionale). Questo risultato e’ in notevole contrasto con studi precedenti che avevano indicato cambiamenti funzionali impercettibili dopo le estinzioni di invertebrati marini. Una analisi comparata della perdita di diversita’ funzionale della megafauna marina e dei molluschi dei Caraibi (una estinzione gia’ molto ben studiata) ha rivelato che mentre i gruppi di molluschi, generalmente caratterizzati da specie piccole e altamente speciose, sono funzionalmente altamente ridondanti – con un alto numero di taxa che occupano gli stessi gruppi funzionali – e quindi altamente resilienti, fra la megafauna la maggior parte dei taxa sono funzionalmente unici, e quindi la scomparsa di una specie rende la comunita’ occupata altamente vulnerabile dato che spesso non esiste un taxon che possa rimpiazzare il ruolo ecologico del gruppo estinto. Questo nuovo lavoro suggerisce quindi che studi futuri di estinzioni (sia nel record fossile che negli ecosistemi attuali) dovrebbero concentrarsi piu’ che sul numero di specie che scompare sul ruolo ecologico di queste, in quanto la ridondanza funzionale (o la sua mancanza) e’ fondamentale per capire e predire l’impatto di estinzioni negli ecosistemi marini.

Negli ultimi anni lo studio delle estinzioni di massa ha notevolmente beneficiato della disponibilita’ di studi filogenetici che hanno prodotto grandi alberi molecolari calibrati grazie ai metodi di orologi molecolari rilassati, basati sull’utilizzo di algoritmi e metodi statistici e calibrazioni fossili di eta’ nota che permettono di convertire il numero di mutazioni osservate in sequenze di DNA di organismi imparentati in una scala temporale che illustra quanto tempo fa sia avvenuta la separazione fra queste specie (questi metodi sono detti rilassati perche’ si basano sul presupposto che le mutazioni avvengano in maniera eterogenea nelle varie specie e loci utilizzati, a differenza dei primi metodi di orologio molecolare basati sull’idea errata che le mutazioni si accumulassero a tasso costante nel tempo). Negli ultimi due decenni sono stati sviluppati numerosi metodi filogenetici comparativi che possono analizzare sia la forma degli alberi filogenetici che le eta’ di origine delle varie linee per quantificare l’effetto di eventi di estinzione su questi gruppi, anche in assenza di un record fossile abbondante. In aggiunta a questo, la disponibilita’ di dati su tratti morfologici o ecologici importanti per la sopravvivenza degli organismi permette di quantificare in maniera impensabile fino a poco tempo fa l’impatto delle estinzioni di massa. Uno dei lavori piu’ interessanti a proposito e’ stato presentato da Daniel Field (University of Bath). Utilizzando una nuova filogenenesi calibrata per il gruppo che include tutti gli uccelli attuali (crown birds) Field e collaboratori hanno scoperto diversi trend nella storia evolutiva degli uccelli causati dalla estinzione KPg, fra i quali la presenza di un forte effetto Lilliput, che indica la prevalenza di gruppi di piccole dimensioni fra i sopravvissuti, oltre ad una prevalenza di gruppi che abitavano sul terreno a scapito di gruppi arborei. Questo risultato e’ corroborato anche dal record fossile, in quanto i gruppi di uccelli cretaceo di grandi dimensioni, cosi’ come i gruppi arborei, sembrano andare tutti estinti al termine del Cretaceo, per non rievolvere fino a molti milioni di anni dopo la estinzione. La scomparsa di gruppi arborei al termine del Cretaceo e la comparsa di corrispettivi ecologici solo svariati milioni di anni dopo la estinzione e’ stata osservata dagli stessi ricercatori anche nei serpenti. Questo filtro ecologico e’ stato attribuito alla presenza di massicci incendi generati dall’impatto dell’asteroide che, oltre a contribuire alla estinzione KPg, ha causato il cratere di Chicxulub (dalla localita’ dello Yucatan dove il cratere e’ stato scoperto).

La situazione attuale di degrado ambientale e la continua perdita di biodiversita’ rendono ancora piu’ urgente la ricerca dei meccanismi che possono causare estinzioni di massa. Fortunatamente, mentre e’ chiaro che rimangono ancora molti punti poco chiari sui meccanismi delle estinzioni di massa, gli ultimi anni hanno visto notevoli progressi, sia per quanto riguarda la disponibilita’ di nuovi dati, metodi ed approcci, e ci sono buoni motivi per pensare che nei prossimi anni questo progresso non si interrompera’.

Il programma completo del meeting, oltre alle registrazioni di alcune delle presentazioni, puo’ essere consultato sul sito.