Macachi transegnici contro il morbo di Huntington

Il modello animale più utilizzato nei laboratori di tutto il mondo per lo studio delle patologie umane è di solito il topo (Mus musculus). L’analisi di questa specie in molti casi risulta molto utile, tuttavia quando si tratta di indagare l’insorgenza e il decorso di patologie legate al funzionamento del cervello e a conseguenti sintomi comportamentali, come le malattie neurodegenerative,

Il modello animale più utilizzato nei laboratori di tutto il mondo per lo studio delle patologie umane è di solito il topo (Mus musculus). L’analisi di questa specie in molti casi risulta molto utile, tuttavia quando si tratta di indagare l’insorgenza e il decorso di patologie legate al funzionamento del cervello e a conseguenti sintomi comportamentali, come le malattie neurodegenerative, potrebbe non essere soddisfacente. In questi casi, occorrerebbe dunque un nuovo modello animale, maggiormente imparentato con la nostra specie e che presenti risposte alla patologia più simili alle nostre, su cui poter indagare questo tipo di malattie.

Una rivoluzione in questo campo si è verificata con la creazione di alcuni individui geneticamente modificati di macaco reso (Macaca mulatta), portatori di un gene che causa il morbo di Huntington, una grave malattia degenerativa ereditaria di cui fino ad ora non si conoscono rimedi, che colpisce circa 10 individui ogni 100.000. Questa grave patologia, causata dalla morte delle popolazioni di neuroni soprattutto a livello della corteccia cerebrale, è caratterizzata clinicamente da movimenti involontari patologici e turbe psichiche, che consistono in un deterioramento cognitivo e in alterazioni del comportamento.

Un gruppo di ricercatori, guidato da Anthony Chan dello Yerkes National Primate Research Center della Emory University, ad Atlanta, ha introdotto, mediante un vettore virale, un gene mutato che è responsabile dell’insorgenza del morbo di Huntington (gene HIT) nel genoma di 130 oociti di macaco reso. In seguito alla fecondazione artificiale, i 30 embrioni che hanno iniziato lo sviluppo sono stati impiantati in 8 femmine, che hanno portato a termine della gravidanza 5 piccoli transegenici, quindi individui portatori di quel dato gene.

Da questi nuovi nati è stato seguito il decorso della malattia, dai primi giorni fino a 6 mesi dalla nascita, quando sono stati ottenuti i risultati, successivamente pubblicati su Nature. Manifestando gravi danni ai tessuti cerebrali, del tutto simili a quelli che colpiscono l’uomo, tre di essi sono deceduti in un breve arco di tempo dopo la nascita. Dei restanti due, uno non è sembrato affetto dalla malattia, mentre l’altro ha manifestato tutti i sintomi del morbo di Huntigton, sia dal punto di vista cognitivo che comportamentale.

Ora i ricercatori avranno uno strumento in più per la comprensione di questa grave malattia degenerativa e per lo sviluppo di nuovi e più efficaci trattamenti e non si esclude che questa procedura potrà essere utilizzata anche nell’analisi di altre patologie cerebrali, come ad esempio la schizofrenia.

Andrea Romano

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons