Mendel, Darwin e il conflitto inventato

Cosa si nasconde dietro i Mendel Day?

Nei mesi di febbraio e marzo si è svolta, in alcune città italiane, una prima serie di incontri (altri sembra che siano in programma) denominati Mendel Day, il cui obiettivo è, come si legge nel manifesto, “fare divulgazione scientifica, teologica, filosofica e bioetica in modo onesto, affrontando i temi e la storia della scienza non ideologicamente e non selettivamente”.
Si tratta della seconda edizione di questa iniziativa, nata nel 2013 e che ha fra i suoi promotori Francesco Agnoli, giornalista per Il Foglio e Avvenire, nonché autore di diversi libri fra i quali vale la pena citare Scienziati, dunque credenti. Come la Bibbia e la Chiesa hanno creato la scienza sperimentale. Già in questo titolo viene infatti richiamato l’obiettivo principale dei Mendel Day, cioè “ricordare l’adesione dei più grandi scienziati della storia alla fede in un Dio personale e Creatore”, dal momento che “la scienza sperimentale è uno dei tanti doni della grecità e del cristianesimo al mondo”. Una tesi, questa, presentata come una certezza, a sostegno della quale vengono citati alcuni scienziati, da Lazzaro Spallanzani a Nicolò Copernico, da Georges Lemaître fino a Jérôme Lejeune. Tutti accomunati, secondo gli organizzatori, da una fede senza la quale probabilmente non sarebbero diventati scienziati.
Fra di essi spicca proprio Gregor Mendel, eletto a simbolo dell’incontro fra fede e ragione. In un’intervista rilasciata l’anno scorso, Agnoli disse che Mendel era “convinto che in ogni cosa c’è una legge del creatore” e che quindi “pensò che doveva esserci anche quella dell’ereditarietà”. Nella stessa intervista, Agnoli parlò dei monaci e della loro fede in una natura regolata da leggi ordinate e volute da un Creatore, sostenendo che essi, “sicuri dell’esistenza della meta arrivavano a scoprirla, al contrario degli scettici che difficilmente scoprono qualcosa”.
Certo è curioso leggere che lo scetticismo non porta a scoprire nulla, così come curiosa è l’idea che solo la fede in un mondo retto da leggi razionali e armoniose create da Dio ha generato la scienza come la conosciamo oggi. D’altra parte, diffondere la tesi della scienza “figlia” della fede non è il solo scopo dei Mendel Day. Fin dall’inizio, infatti, questa iniziativa si è posta in contrapposizione con i Darwin Day, serie di eventi ben più nota e diffusa a livello mondiale. La celebrazione del padre della teoria dell’evoluzione viene liquidata, dagli organizzatori dei Mendel Day, come una celebrazione di una visione materialistica, riduzionistica e irrazionale dell’esistenza. Agnoli riassume così i Darwin Day: “Dio non esiste e tutto ciò che tratta l’uomo da semplice animale senz’anima né dignità, come l’aborto o la clonazione, è cosa buona e giusta”. Si parla di visione teologica e filosofica inaccettabile, e di festa laica dello scientismo scagliato contro i credenti, allo scopo di far passare nella gente comune l’idea di un contrasto insanabile tra fede e ragione.
Se l’anno scorso i Mendel Day erano stati pochi, quest’anno sono almeno una ventina le città nelle quali hanno avuto luogo questi incontri, alcuni dei quali si sono tenuti e si terranno in sedi universitarie – cosa che non ha mancato di suscitare polemiche. Si tratta dunque di un evento che è cresciuto e che non può quindi essere ignorato. Fra i titoli dei vari interventi, il trittico “scienza, genetica e fede” l’ha fatta da padrone, ma non sono mancati anche i miracoli, la sindone, la contraccezione e la vita prenatale. Questa è la visione della scienza che, secondo gli organizzatori, sarebbe incarnata da Gregor Mendel, in contrasto con l’approccio simboleggiato dal convitato di pietra di questa contromanifestazione, Charles Darwin.
Il frate agostiniano contro il naturalista inglese, la scienza buona e umana contro la scienza cattiva e indifferente. Ma cosa c’è dietro a questa contrapposizione? “Secondo me questa è una visione ideologica” ci ha detto Alessandro Volpone, docente di Storia della biologia evoluzionistica all’Università degli Studi di Bari. “Ogni strumentalizzazione è sempre sbagliata perché, in realtà, molte volte sono gli scienziati stessi che non vogliono essere strumentalizzati. Anche Darwin è sempre rifuggito dalle strumentalizzazioni, dalle applicazioni del darwinismo alla società” (qui l’intervista).
Michele Bellone