Muto e Senza Parole: due geni per creare gli stomi

E’ stata infatti la comparsa degli stomi la rivoluzione evolutiva che circa 400 milioni di anni fa ha permesso alle piante di colonizzare le terre emerse di tutto il globo. Essi permettono alla pianta di assorbire l’anidride carbonica necessaria alla fotosintesi, e rilasciano il vapore acqueo che determina la traspirazione necessaria al processo di risalita dell’acqua dalle radici, oltre a

E’ stata infatti la comparsa degli stomi la rivoluzione evolutiva che circa 400 milioni di anni fa ha permesso alle piante di colonizzare le terre emerse di tutto il globo. Essi permettono alla pianta di assorbire l’anidride carbonica necessaria alla fotosintesi, e rilasciano il vapore acqueo che determina la traspirazione necessaria al processo di risalita dell’acqua dalle radici, oltre a regolare il flusso di ossigeno da e per la pianta. Gli stomi regolano la propria apertura e chiusura attraverso le cosiddette cellule di guardia, una coppia di cellule che permette lo scambio gassoso evitando al contempo il pericolo di disidratazione.

La nuova scoperta di Keiko Torii, biologo alla University of Washington, e di un altro gruppo di Stanford guidato da Dominique Bergmann consiste nell’aver individuato due geni, prontamente denominati Speechless e Mute (letteralmente Senza parole e Muto) fondamentali per lo sviluppo di queste “bocche”. Dalle pagine di Nature, in un articolo e in una lettera, i ricercatori dei due gruppi spiegano che Speechless (SPCH) apre la strada allo sviluppo dello stoma, attraverso la promozione di divisioni asimmetriche di cellule precursore dette meristemoidi, mentre Mute promuove uno step successivo che conduce alla formazione di uno stoma maturo. Un terzo gene, chiamato Fama, completa il processo di morfogenesi delle cellule di guardia. I due studi hanno preso in considerazione la specie-modello vegetale Arabidopsis thaliana.

I tre geni sono talmente simili nelle sequenze di DNA che gli autori  sospettano si tratti di un gene andato incontro a duplicazione e successiva differenziazione o neo-funzionalizzazione. Essi inoltre assomigliano molto a geni gia’ riscontrati tra gli animali, nei quali agiscono regolando il differenziamento delle cellule muscolari e neuronali. Queste evidenze rafforzano inoltre l’ipotesi dell’elevata conservazione durante l’evoluzione di proteine dalla tipica conformazione bHLH (basic helix loop helix) le quali esercitano funzioni fondamentali per la replicazione di cellule indifferenziate, controllando passaggi fondamentali nella transizione di cellule progenitrici a cellule differenziate.

Paola Nardi