Nasce il network nazionale di biosistematica

Tutti hanno ringraziato Massimo Labra e Maurizio Casiraghi, ricercatori dell’Università Bicocca, al termine di questi due giorni intensi che hanno visto più di 150 scienziati provenienti da tutta Italia nell’arena della biosistematica – l’impresa di “mettere in ordine la vita” [1]. Scoperte, ricerche in corso e progetti per il futuro si sono succeduti, dalla vite agli insetti esapodi, dalle piante

Tutti hanno ringraziato Massimo Labra e Maurizio Casiraghi, ricercatori dell’Università Bicocca, al termine di questi due giorni intensi che hanno visto più di 150 scienziati provenienti da tutta Italia nell’arena della biosistematica – l’impresa di “mettere in ordine la vita” [1]. Scoperte, ricerche in corso e progetti per il futuro si sono succeduti, dalla vite agli insetti esapodi, dalle piante erbacee alle zanzare, dai plasmodi alle orchidee, dai batteri ai primati, dal grano agli imenotteri, dalle felci al pesce azzurro, dai proturi ai giacinti… in ecologie e aree biogeografiche di molte parti del mondo, non solo e non tanto come belle “vetrine espositive”, bensì all’insegna di un reale scambio: al termine di ogni intervento molte domande, consigli, anche critiche (a volte accese) giungevano al relatore. Ma il tutto era tanto più eccezionale e interessante in quanto avveniva tra studiosi che normalmente lavorano senza interagire, rispettivamente su piante e animali, tradizionalmente separati. Molte domande iniziavano con «Io non sono uno zoologo, ma…», e ad osservazioni del tipo «Avete provato a…?» poteva seguire un assorto «Non ci abbiamo pensato, proveremo», oppure una chiara spiegazione di aspetti che l’interlocutore apprendeva in quel momento, mentre per il relatore erano routine.

Molti dei ricercatori erano giovani, e in loro era evidente l’entusiasmo per la ricerca che avevano condotto. «È il bello della scienza – ha detto Labra – lavoriamo perché quello che facciamo ci piace, e per conoscere sempre più i fenomeni che regolano l’evoluzione delle diverse forme di vita utilizzando approcci diversi. E poi, mi sono accorto che qui c’erano molti più interventi che mi interessavano rispetto al solito e questi mi hanno fornito numerosi spunti per le mie ricerche».

Non è casuale che l’idea e la forza di unire questi mondi siano venute da Labra e Casiraghi, fondatori e anime dello Zooplantlab (www.zooplantlab.btbs.unimib.it) nel quale giovani ricercatori condividono quotidianamente banconi, computer e strumentazione ma soprattutto idee e progetti per studiare, classificare, identificare piante e animali (un luogo molto particolare, se si considera che spesso sono proprio le dinamiche interne dei dipartimenti a impedire la condivisione e lo scambio).

Insieme a Labra e Casiraghi, Alessandro Minelli (Padova), Salvatore Cozzolino (Napoli), Giovanni Cristofolini (Bologna), Francesco Frati (Siena) e Sergio Sgorbati (Milano-Bicocca) hanno dato vita alla tavola rotonda che ha concluso l’incontro, unanimi nella soddisfazione per l’organizzazione impeccabile (con il supporto dei ragazzi dello Zooplantlab), per la risposta quantitativamente e qualitativamente ottima, e soprattutto per il fatto che la diversità – degli oggetti, dei metodi e degli stili di ricerca, delle scale, degli strumenti – si è trasformata da barriera a fonte di arricchimento.

Il termine biosistematica appartiene più al mondo dei botanici [2], mentre gli zoologi parlano solitamente di “sistematica”. «Anche una piccola etichetta come questa – osserva nella tavola rotonda Alessandro Minelli – a volte può dividere, ma qui è riuscita a unire. Un inizio ottimo, ma c’è ancora molto lavoro da fare, molte “comunità” da coinvolgere: alcune componenti sono assenti qui perché pensano che siano cose complicate, lontane da quello che fanno». Minelli racconta di aver coordinato, a metà degli anni Novanta, un progetto per la realizzazione della checklist di tutte le specie animali e di aver sperimentato in quell’occasione confini identitari forti tra ricercatori che si occupano non solo di gruppi diversi, ma anche di ecologie differenti all’interno dello stesso gruppo, come accadeva ad esempio ne i copepodi (oltre 14.000 specie), marini, di terra, parassiti… studiati da persone diverse che non dialogano e non si conoscono. «Ci vuole qualcuno – esorta Minelli – che impari l’ABC degli altri per unire e per poi cercare le scuciture, i buchi». Allargando la visuale, si può vedere che anche quella tra piante e animali non è una divisione così profonda: «siamo abituati a dirigere le nostre ricerche su tematiche specifiche e concentrarci su un determinato gruppo di organismi – spiega Labra – ma sono proprio gli strumenti della biosistematica, dalla morfologia al DNA a mostrarci oggi come piante e animali siano due ramoscelli, piccoli e molto molto vicini, quasi gemelli, nel contesto dello sterminato cespuglio della vita».

Ma che cos’è la biosistematica oggi? «Biosistematica – dice Francesco Frati – è quella “cosa” che è nata cinquant’anni fa ad opera di giovani ricercatori, soprattutto inglesi, che non erano soddisfatti della classificazione che si faceva nei musei. Ha attraversato varie fasi in cui si sono privilegiati caratteri diversi: quelli morfologici, quelli riproduttivi… oggi è arrivato anche il “molecolare”». Secondo Frati oggi non si pubblica quasi niente che non contenga anche informazioni molecolari, e il 50% delle pubblicazioni contiene solo informazioni molecolari. «In questo incontro però abbiamo visto solo lavori integrati». Anzi, un tema trasversale a tutti i lavori è proprio quello della coniugazione dei dati molecolari con quelli morfologici, biogeografici, ecologic i, chimici (ancora meglio se ci sono anche fossili). «La biosistematica è integrazione – dice Casiraghi – e il molecolare a mio parere ha avuto il merito di riportare finanziamenti in un campo che ha avuto una forte contrazione negli ultimi 30 anni, perciò una competizione tra molecolare e altri metodi mi sembra superata, anzi è il momento per un lavoro di rete». «La biosistematica del 2000 deve sfruttare tutte le informazioni e le tecnologie a disposizione, i dati molecolari derivati dai progetti genomici sono fondamentali– aggiunge Labra – ma abbiamo tutti bisogno dei tassonomi classici, dei floristi e degli “uomini di campo” che sanno distinguere le diverse specie sulla base di caratteri fenotipici caratteristici». Altre tematiche trasversali e generali, notano Frati e Labra, sono la ricaduta della biosistematica sulla tassonomia, i pattern bi ogeografici, il concetto biologico di specie. «Questi sono temi, contenuti, che ci avvicinano. Non riguardano i metodi, la strumentazione, ma il “nocciolo” del nostro lavoro».

Questo incontro darà origine a un network nazionale. Uno dei motivi che lo rendono necessario è ben rappresentato da un episodio avvenuto proprio durante l’incontro: dopo aver esposto la propria relazione su un gruppo di molluschi corallivori, uno dei ricercatori ha scoperto da uno dei maggiori esperti di coralli, seduto in platea, di aver impiegato una classificazione dei coralli non aggiornata. I due lavorano normalmente a pochi chilometri di distanza, e se fossero stati in contatto avrebbero potuto consultarsi facilmente ben prima.

Gli organizzatori svelano come l’intento principale di questo incontro sia stato proprio quello di creare un network funzionante, fatto di persone che interagiscono con una certa facilità e rapidità. Un network che sappia cogliere opportunità, scrivere più facilmente progetti di ricerca, interfacciarsi con altre realtà internazionali e ottenere i necessari finanziamenti per continuare le ricerche (vista la difficoltà, tra l’altro, di ottenere finanziamenti sulla sistematica, specialmente pura, dalla quale i giovani vengono dirottati su tematiche “più applicative”, più redditizie).

Svelando un altro retroscena, Salvatore Cozzolino racconta come i colleghi stranieri si siano meravigliati nel vedere solo due italiani (Cozzolino e Minelli) all’ultimo congresso della Systematics Association a Edimburgo, agosto 2007. «Dove sono gli altri? – si erano chiesti i due – in fondo ci occupiamo di aspetti della biologia simili, con metodi comuni».

Il network dovrà trovare i modi di continuare a lavorare: si è parlato di “summer school” per i giovani, ma anche di incontri che conservino il più possibile le caratteristiche di questo, a cadenza annuale o biennale.

Ma l’appuntamento che i biosistematici italiani non vogliono assolutamente perdere sarà l’anno prossimo a Leida, dove la Società Britannica di Sistematica sta organizzando un incontro verso la costituzione di una società europea. Solo la Grecia e l’Italia rischiano di mancare, visto che gli altri paesi (la Spagna solo dall’anno scorso) hanno società di sistematica avviate.

Labra e Casiraghi si sono resi disponibili a fare da punto di riferimento per questo neonato network, che coinvolgerà anche una terza componente, i microbiologi, e che avrà a breve un sito web con un elenco dei gruppi e delle ricerche in corso, una sezione di strumenti per la ricerca, e anche una bacheca. Con tutta probabilità verranno pubblicati gli atti di questo incontro inaugurale – che non erano previsti, visto il carattere di “work in progress” – grazie all’interessamento dell’Accademia dei Lincei e del Rettore dell’Università Bicocca

Ma di tutto questo e di ogni altro sviluppo ulteriore daremo prontamente notizie dettagliate su Pikaia. Buon lavoro biosistematici!

Emanuele Serrelli

“Il bello e il dramma di questi incontri è che non si può dare nulla per scontato.”  – Alessandro Minelli

 

[1] Il programma dettagliato degli interventi si trova allegato alla notizia con cui Pikaia ha annunciato lo svolgimento dell’incontro

[2] Uno dei 19 gruppi della Società Botanica Italiana si chiama “Biosistematica vegetale” (http://www.societabotanicaitaliana.it/laygruppo.asp?IDSezione=10)

Immagine: Tavola n. 85, “Ascidiacea”, da Ernst Haeckel, Kunstformen der Natur, 1904. Da Wikimedia Commons.