Note darwiniane

Se un orologio può essere costruito da un orologiaio cieco, può la musica venir composta da un musicista sordo? Questa la domanda che si sono posti alcuni studiosi del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Imperial College di Londra e dell’Istituto Nazionale di Scienze e Tecnologie Industriali Avanzate di Tsukuba. Per trovare una risposta hanno preso spunto dai numerosi studi di

Se un orologio può essere costruito da un orologiaio cieco, può la musica venir composta da un musicista sordo? Questa la domanda che si sono posti alcuni studiosi del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Imperial College di Londra e dell’Istituto Nazionale di Scienze e Tecnologie Industriali Avanzate di Tsukuba. Per trovare una risposta hanno preso spunto dai numerosi studi di evoluzione sperimentale nei microbi e negli organismi digitali, nonché da precedenti lavori su musica e arte, per sviluppare un sistema artificiale ribattezzato DarwinTunes.

Grazie a questo strumento, i ricercatori hanno generato sequenze musicali casuali che venivano poi accoppiate per generare nuove sequenze-figlie. Tramite particolari algoritmi è stato possibile simulare i processi di ricombinazione e mutazione. Questi “genomi” musicali sono stati poi sottoposti a una pressione selettiva rappresentata dal giudizio di un pubblico tramite una valutazione su una scala da 1 a 5; i più apprezzati potevano riprodursi, quelli ritenuti peggiori venivano eliminati. Grazie a questo approccio è stato possibile misurare l’evoluzione della qualità musicale, il cui rapido incremento nelle prime 500-600 generazioni è poi andato progressivamente rallentando, fino a raggiungere un equilibrio.

I ricercatori si sono quindi chiesti cosa possa aver causato questo rallentamento evolutivo. Conoscendo l’intera storia delle popolazioni di DarwinTunes hanno potuto analizzarne le dinamiche evolutive, concludendo che questo fenomeno non è causato né dall’assenza di selezione, né dalla mancanza di variabilità genetica dovuta alla fissazione delle varianti vantaggiose, bensì dalla diminuzione della fedeltà di trasmissione da una generazione all’altra. Una conclusione, questa, che potrebbe costituire uno spunto di riflessione molto interessante per chi si occupa di dinamiche evolutive di sistemi complessi.

Chiaramente, l’approccio del team anglo-americano semplifica molti aspetti dell’evoluzione musicale, limitandosi alla selezione effettuata dai consumatori e trascurando altri parametri. Ciò nonostante, giunge a conclusioni interessanti e lo fa con un metodo flessibile nel quale nuove variabili potrebbero essere integrate per consentire, in futuro, nuove e più approfondite analisi, dando così un importante contributo allo studio dell’evoluzione non solo in campo biologico ma anche culturale.

Ci sono però delle semplificazioni di cui si farebbe volentieri a meno; nell’articolo da loro pubblicato su PNAS, gli autori di questo studio non dicono mai di aver creato la “canzone pop perfetta” grazie a Darwin, come riportato da alcuni giornali, italiani e non. Affermazioni del genere saranno forse utili per rendere più appetibile una notizia, ma nel contempo la distorcono anche, danneggiandola.

Michele Bellone

Riferimenti:
MacCallum RM, Mauch M, Burt A, Leroi AM. Evolution of music by public choice. Proc Natl Acad Sci U S A. 2012 Jun 18.