Nuove forme, nuove specie

Un grosso progetto americano, nel quale è coinvolta anche l’Università di Torino, ha dimostrato l’esistenza di una correlazione fra la velocità con cui compaiono nuove specie e la velocità dei loro cambiamenti morfologici

Correlare la velocità dei cambiamenti morfologici con la velocità dell’origine di nuove specie. Questo l’ambizioso obiettivo di una collaborazione multidisciplinare, finanziata dalla National Science Foundation e che ha coinvolto, oltre a diverse università americane – Berkeley, UCLA, Michigan, Idaho, Oregon State – anche quella di Torino.
A questo scopo, i ricercatori hanno raccolto i dati esistenti da diverse fonti come GenBank e FishBase per creare una sorta di “albero della vita” di più di 7000 specie di Attinopterigi, una classe di vertebrati che comprende la maggior parte dei pesci ossei viventi ed è caratterizzata dal possedere pinne sostenute da raggi. Hanno così ottenuto uno dei più grandi alberi filogenetici mai costruiti per uno specifico gruppo di animali, col quale hanno testato l’effettiva esistenza di una correlazione positiva fra tasso di speciazione e tasso di cambiamento morfologico, correlazione ipotizzata da diverse teorie, per esempio quella degli equilibri punteggiati, ma della quale erano state trovate ben poche prove in natura.
I risultati del lavoro, pubblicati a giugno su Nature Communications, dimostrano che questa correlazione positiva in effetti esiste: gruppi di pesci che si separano rapidamente in nuove specie tendono a evolvere in fretta una certa varietà di tratti fisici, mentre in quelli che Darwin aveva descritto come “fossili viventi”, concetto che oggi sappiamo non essere valido (Pikaia ne ha parlato qui), sia il numero di specie sia quello delle differenti morfologie è minore.
Uno studio importante, poiché simili collegamenti fra speciazione e adattamento morfologico non erano mai stati osservati su una scala così grande. Lo studio ha anche dimostrato che variazioni in un singolo processo evolutivo possono creare sia fossili viventi sia radiazioni adattative. Benché focalizzato sugli Attinopterigi, l’approccio usato dagli autori è potenzialmente applicabile anche ad altri gruppi, dai mammiferi agli uccelli, dagli insetti alle piante.
Michele Bellone
Riferimenti:
Daniel L. Rabosky, Francesco Santini, Jonathan Eastman, Stephen A. Smith, Brian Sidlauskas, Jonathan Chang, Michael E. Alfaro. Rates of speciation and morphological evolution are correlated across the largest vertebrate radiation. Nature Communications, 2013; 4 DOI: 10.1038/ncomms2958
Immagine da Wikimedia Commons