Patrick Matthew: il terzo uomo della selezione naturale

Patrick Matthew individuò 27 anni prima di Darwin e Wallace la “legge universale” della selezione naturale. Uno studio suggerisce di trarre dalla interpretazione deduttiva di Matthew, strategie comunicative e di insegnamento del processo selettivo attuali

Dopo Alfred R. Wallace e Charles R. Darwin, Patrick Matthew. O meglio, prima. Colui cui spetta «il massimo diritto di priorità per aver avanzato una teoria dell’evoluzione per selezione naturale» (Mayr, 1982, tr.it 2011, p. 445) sembra esser stato un ricco proprietario terriero scozzese, colto, assertivo e politicamente impegnato. Ma, senza cedere a ipotesi complottiste o alimentare il dibattito sulla priorità intellettuale di Matthew alla ‘vera’ origine della rivoluzione darwiniana (Dawkins, 2010), l’idea che un processo naturale di selezione degli individui più adatti con maggiore successo riproduttivo fosse il meccanismo responsabile dell’origine e della trasformazione delle specie, è un «eureka!» risuonato all’unisono in diverse menti nella prima metà del XIX secolo. Ciò è, forse, la spia di un pervasivo Zeitgeist evoluzionista che non rimarrà isolato anche nella costruzione di ulteriori teorie selettive nel frame darwiniano tra Inghilterra e Usa. Pochi anni dopo, infatti, nel 1896, ancora tre autori (Fairfield H. Osborne, James M. Baldwin e Conway L. Morgan) giungeranno contemporaneamente ad elaborare l’idea di ‘selezione organica’ che avrebbe luogo all’interno dell’organismo nella costituzione plastica, indirettamente ereditabile, degli accomodamenti individuali ai mutamenti delle circostanze.  

Questa consonanza, affatto peregrina nelle scienze, impone attenzione. Non si tratta di andare alla ricerca del ‘precursore’ da stanare a ogni piè sospinto delle teorie. La ricerca storica cerca di cogliere sfumature, riannodare fili e sbrogliare matasse che possano svelare originalità nascoste e percorsi epistemologicamente inediti o alternativi lungo la genealogia di un’idea. E nella migliore delle ipotesi, proprio tale approccio aumenta la comprensione delle questioni che, nella fattispecie, riguardano l’elaborazione del processo più dirompente, quanto discusso, della discendenza comune per modificazione e cioè, la selezione naturale. 

Rispetto alle indagini comparative condotte da Conway Zirkle negli anni ’40 del secolo scorso sul concetto di selezione naturale o quelle di H. Lewis McKinney (1971), lo studio di Michael E. Weale pubblicato sul Biological Journal of the Linnean Society propone un punto di vista differente: comprendere la peculiarità del pensiero di Patrick Matthew vissuto tra il 1790 e il 1874 e sfruttare la sua interpretazione ‘deduttiva’ della selezione naturale per poter insegnare e trasmettere tale processo oggi. Una proposta audace a fronte delle numerose denunce di una errata comprensione del meccanismo selettivo (Ryan Gregory, 2009), già messo fortemente in questione fin dai tempi di Darwin.

Senza sostenere una presunta priorità intellettuale che, anzi, sulla base di alcuni fatti viene decisamente negata, Weale afferma che la macroevoluzione per selezione naturale di Matthew si distingue per essere stata còlta come ‘legge intuitivamente auto-evidente’, ‘assioma’, ‘a priori’ (Matthew, 1860a). Tale prospettiva è analizzata all’interno del Patrick Matthew Project, sito web, estremamente dettagliato sull’opera, la personalità e le relazioni sociali di questo personaggio misconosciuto, curato da Weale stesso, responsabile della divisione di genetica statistica al Kings’ College di Londra.

Addentriamoci, allora, nei fatti. Ventisette anni prima della comunicazione On the tendency of the species to form varieties; and on a perpetuation of varieties and species by natural means of selection (1858) di Wallace e Darwin alla Linnean Society e, cioè, nel 1831, Matthew aveva pubblicato in appendice al saggio On naval timber and arboriculture with critical notes on authors who have recently reated the subject of planting alcune riflessioni sintetiche sul processo naturale di selezione negli organismi viventi: «C’è una legge universale in natura, che tende a rendere ogni essere vivente in grado di riprodursi in modo il più possibile adatto alle condizioni a cui il suo tipo o la sua materia organizzata è sottoposto, condizioni che sembrano tendere a modellare le capacità fisiche, mentali o istintive fin verso la loro più alta perfezione, e a conservarle in questo modo. Questa legge sostiene il leone nella sua forza, la lepre nella sua velocità e la volpe nella sua furbizia. Come la natura, in tutte le sue modificazioni della vita, ha un potere di crescita ben oltre il necessario per rimpiazzare ciò che decade al declinar del Tempo, così quegli individui che non possedendo la necessaria forza, rapidità, coraggio, astuzia, decadono prematuramente senza riprodursi, o in preda ai loro divoratori naturali o affossati dalla malattia generalmente indotta dalla mancanza di nutrimento, sono rimpiazzati dai più perfetti del loro stesso genere, che sono in grado di far pressione sui mezzi di sussistenza” (ivi, p. 364).  

Il passo, inserito in un saggio sulla discussione delle pratiche da adottare per ottenere alberi più adatti alla costruzione delle navi a sostegno del primato della flotta britannica, è passato quasi totalmente sotto silenzio. Fu lo stesso Matthew in Gardeners’ chronicle and arboriculture gazette (1860b) a farne menzione, immediatamente dopo la pubblicazione de l’Origine delle specie (1859). Una menzione che, da allora, venne riconosciuta a più riprese sia da Wallace che da Darwin senza, tuttavia, poterne attribuire una paternità.

Il passo citato, infatti, è da considerare all’interno di un quadro complesso, non sovrapponibile all’elaborazione successiva del processo di selezione naturale.

Se è vero, come è evidente, che sovrapproduzione, variazione ed ereditabilità sono requisiti presenti anche nella versione selettiva di Matthew, al di là di una semplice legge di adattamento alle circostanze (circumstance-adaptive-law), è altresì indubbio che lo sfondo socio-culturale di riferimento del proprietario scozzese fosse più motivante di quanto non lo fosse l’indagine naturalistica per Darwin e Wallace. Matthew non era un naturalista, né intendeva essere associato a tale categoria, egli si dichiarava uomo di azione e intendeva appoggiare tramite la sua teoria una politica di mercato libero, la superiorità di certe popolazioni su altre, l’inutilità di leggi come l’entail law, che limitava la successione di una proprietà al primogenito maschio, senza riguardo nei confronti delle sue reali abilità. La torsione della teoria ha dunque un forte risvolto sociale, malgrado alcune interessanti precisazioni come l’adesione ad una evoluzione ritmicamente discontinua, tra periodi di stasi in condizioni ambientali costanti e periodi di evoluzione rapida in circostanze mutevoli che possono contribuire a creare barriere sessuali tra specie precedentemente interfeconde. Siamo, d’altronde, ancora sul filo di una fase storica precedente alla critica del ‘catastrofismo’, l’ipotesi dei cambiamenti repentini della crosta terrestre smontata dalla prospettiva gradualista di Charles Lyell (Principles of geology, 1830).

Matthew è pertanto espressione piena degli ideali di progresso tipici della turbolenta decade intorno al 1830 (Secord, 2015). Così, con l’immagine della ‘marcia dell’intelletto’ evocata tra le pagine di questo stesso saggio (1831, p. 365), Matthew ritrae la selezione naturale come legge di progresso estendibile a tutto ciò che ha vita, un principio autoevidente che si contrappone nettamente alla lenta racconta di indizi e punti critici che ne fa Darwin, come scoperta cauta della ragione induttiva.

L’idea che la selezione naturale fosse esito di un nucleo sillogistico costituito da eccesso di fecondità, variazione ed ereditarietà, immerso nel contesto socio-economico scozzese del tempo, era invece la posizione di Stephen J. Gould. Un esito di premesse, quello della selezione naturale, che aveva il pregio di ritrarre chiaramente il meccanismo ma non il suo luogo di azione, da cui ne sarebbero discese conseguenze importanti (Gould, 2003, tr. it., p. 165).  L’opinione di Weale, invece, è che la selezione sia una ‘legge evidente’ in grado di far accedere in modo diretto al processo evolutivo di cui la natura è semplice manifestazione e non piano di indagine da cui discenderebbe una corroborazione progressiva. Per Darwin la selezione naturale è un processo fondamentale interno ad un lungo ragionamento, ad almeno due ‘lati’ (variazione e selezione), per Weale – senza che se ne renda conto – Patrick Matthew sembra essere il vero “Newton del filo d’erba”, ciò che Emmanuel Kant nella Critica del Giudizio (§75) aveva escluso dall’orizzonte delle possibilità.

Sta di fatto, però, che Matthew ebbe l’idea giusta, ma non dedicò i 20 anni successivi a trasformarla in una convincente teoria. Potremmo chiederci, allora, se la selezione naturale come assioma, a priori o principio auto-evidente sarebbe davvero persuasiva oggi, senza tutta questa storia.

Riferimenti:

Dawkins R., Darwin’s five bridges: the way to natural selection, in Bryson B. (ed.), Seeing further: the story of science and the Royal Society, Harper Collins, London 2010, pp. 106–118

Gould S.J., The structure of evolutionary theory, Belknap Press, 2002 tr. it La struttura della teoria dell’evoluzione, Codice edizione, Torino 2003.

Mckinney H. L., Lamarck to Darwin: contributions to evolutionary biology 1809-1859, Colorado press, 1971

Matthew P., The origin of species. In Gardeners’ Chronicle and Agricultural Gazette 1860a, p. 433.

Matthew P., Nature’s law of selection, in Gardeners’ Chronicle and Agricultural Gazette 1860b, pp. 312-313

Mayr E., The growth of biological thought: diversity, evolution, and inheritance”, Belknap Press, Cambridge (MA), 1982 [tr. It, Storia del pensiero biologico, 2 voll, Bollati Boringhieri, Torino, 2011].

Ryan Gregory T., Understanding natural selection: essential concepts and common misconceptions, in Evolution: Education and Outreach, 2009, 2, pp. 156-172

Secord J.A., Visions of science. Books and readers at the dawn of the Victorian age, Oxford University Press, 2014

Weale M.E., Patrick Matthew’s law of natural selection in Biological Journal of Linnean Society, 2015, pp. 1-7

Zirkle C., Natural Selection before the “Origin of species” in Proceeding of the American philosophical society , 84/1, 1941, pp. 71-123.