Piccolo manuale anti-creazionista

La razionalità scientifica è sotto attacco e certo non si tratta di un fenomeno recente. Per fronteggiare gli avversari è bene essere ben attrezzati e a tal fine il libro di Warren Allmon, paleontologo statunitense, svolge ordinatamente il suo compito. “Evoluzione e creazionismo: una breve guida per orientarsi” è un’introduzione alla teoria dell’evoluzione che riassume i punti centrali del dibattito evoluzionismo vs creazionismo

“Se l’evoluzione può essere universalmente accettata dagli scienziati e respinta dalla maggioranza del pubblico, così potrebbe accadere per qualsiasi altra idea scientifica altamente verificata, minacciando la razionalità e l’alfabetizzazione scientifica di base, elementi cruciali per il benessere economico e sociale della civiltà moderna. Viviamo in un mondo sempre più dipendente dalla scienza e della tecnologia: se non siamo in grado di comprendere come funzionino la scienza e la tecnologia, non possiamo prendere decisioni sagge sul loro uso.” Così si conclude l’introduzione al libro “Evoluzione e creazionismo: una breve guida per orientarsi[1] scritto da Warren D. Allmon, paleontologo statunitense direttore del Paleontological Research Institution di Ithaca a New York, e pubblicato dal CICAP nella collana I quaderni del CICAP, in allegato con l’ultimo numero della rivista QUERY.

Si tratta di una pubblicazione che potrebbe risultare superflua di primo acchito. Il libro infatti non contiene alcuna nuova scoperta da raccontare e la sua brevità non permette di mettere a fuoco problemi specifici del dibattito “evoluzione vs creazione”, come potrebbe indurre a pensare il titolo. Il mercato è stracolmo di libri che trattano dell’argomento, qualcuno meglio e qualcun’altro peggio, e quest’ulteriore pubblicazione potrebbe apparire ridondante. Ma non è così. Il motivo della pubblicazione è puntualizzato dall’autore alla fine dell’introduzione: nella società contemporanea la razionalità scientifica è vessata e minacciata in mille modi da forze irrazionali che compromettono da una parte il funzionamento stesso della ricerca scientifica, dall’altra mettono in pericolo la qualità della vita di molte persone. É per far fronte a queste continue minacce, per non temporeggiare ulteriormente e non cedere terreno al nemico, che trova ragione il contrattacco della razionalità scientifica.

L’agile libro di Allmon trova dunque la sua ragione d’esistenza nella dilagante ignoranza scientifica in cui versa la società. Essere chiari e brevi è un pregio. A pensarci bene, oggi, essere brevi è diventata una pretesa e dunque una necessità, per questo è strategicamente proficuo puntare su tali caratteristiche in quest’epoca di impazienza, dove ci si aspetta di imparare qualcosa da massime scritte su Twitter o si tengono “simposi” nei commenti di post su Facebook. Lo scritto di Allmon risulta un ottimo vademecum sulla teoria dell’evoluzione odierna: in un centinaio di pagine vengono riassunte le basi della teoria moderna, le categorie delle prove a favore, un breve riassunto storico, le conseguenze teoriche più importanti e utili consigli per coloro che si trovino nella posizione di dover insegnare tale teoria o rispondere a critiche di matrice creazionista. Una parte importante del testo è dedicata ovviamente al conflitto evoluzionismo vs creazionismo, d’altronde è su questo terreno dialogico accidentato che confliggono razionalità scientifica e irrazionalità religiose.

L’autore parte dal delineare in che cosa consiste la razionalità scientifica e ne identifica come elemento costitutivo il naturalismo (o materialismo): “La scienza riguarda soltanto il mondo fisico o materiale, non tratta del soprannaturale o di questioni per le quali non esiste alcuna prova materiale o fisica. La scienza ricerca cause materiali per fenomeni materiali.” (p. 14) Questa chiusura causale del mondo naturale potrebbe risultare compromettente per le orecchie dell’individuo religioso, per tale motivo l’autore aggiunge: “Questo non significa necessariamente che il soprannaturale non esista o che la scienza possa rispondere a tutte le domande su tutti gli argomenti. Significa semplicemente che il soprannaturale – quei fenomeni che non possono essere esaminati in termini di materia tangibile e di energia – non fanno parte dell’ambito di competenza della scienza.” (ibid.)

La metodologia scientifica permette di produrre una conoscenza affidabile del mondo e la teoria dell’evoluzione moderna è uno dei suoi più grandi successi. Quello che alcuni non riescono a digerire non è il successo della metodologia scientifica in sé, bensì il naturalismo metodologico alla base, che con successo crescente espunge progressivamente fini ultimi e significati assoluti dal mondo naturale. La teoria dell’evoluzione ha racimolato fino ad oggi così tante inimicizie perché con risolutezza è riuscita a rendere esplicativamente superflui i fini ultimi nell’ambito della vita, cioè in quella piccola fortezza nella quale si era ritirata la te(le)ologia naturale del divino, dopo la perdita dei domini dei cieli infiniti iniziata con la rivoluzione scientifica in fisica e astronomia nel XVII secolo.

Il naturalismo, integrale e coerente, e l’anti-teleologia sono alla base dell’evoluzionismo moderno, e sono gli ingredienti principali che generano intolleranze cognitive in molte persone. Darwin propose nell’Origine delle specie la sua teoria per spiegare la diversità, l’ordine, la storia della vita in alternativa alla teologia naturale, che al tempo era ritenuta una spiegazione plausibile. Da allora le due teorie rivali si sono evolute, ma in maniera asimmetrica: l’evoluzionismo di matrice darwiniana ha raffinato le sue capacità esplicative e ha conseguito successi su successi, continuando ad estendere irreversibilmente il proprio dominio di fenomeni spiegati; il creazionismo si è invece suddiviso in varie versioni, alcune più intransigenti, altre più aperte a recepire qualche motivo di innovazione teorica, ma nonostante varie metamorfosi ha continuato a perdere battaglie e terreno. Non poteva essere diversamente. Anche l’estremo ricorso ai tribunali statunitensi alla fine ha comportato soltanto sconfitte.

Il conflitto su base epistemologica è stato vinto dagli evoluzionisti, ma tra la popolazione di non scienziati c’è chi continua a negare oppure a ignorare l’evoluzione delle specie. Questo è un aspetto delicato del problema, vi è una discrasia evidente tra le conoscenze acquisite e la loro diffusione e accettazione tra il pubblico, e come mostrano varie ricerche alla base del diniego vi sono spesso motivazioni di ordine religioso. Allmon riconosce l’attrito ma rimane diplomatico nel trarne le conseguenze: “Questo non significa che le idee dei creazionisti siano sbagliate; significa soltanto che non sono state validate dalla scienza e quindi non possono trovare spazio nelle lezioni di scienze più di altre ipotesi completamente scartate.” (p. 79) La conclusione dell’autore  è molto più diplomatica di altri che sostengono con più risolutezza che il fallimento dei sistemi di conoscenza religiosi sia totale e che la deflagrazione innescata dal darwinismo sia irrimediabile.

Il punto è che l’evoluzionismo ha avuto successo: si tratta di un’incarnazione concreta di buona scienza e fornisce ottime ragioni affinché qualsiasi persona possa aderirvi positivamente. Nonostante questo, in una vasta parte del pubblico permangono resistenze cognitive-emotive che non permettono una comprensione o un’adesione completa. Talvolta il conflitto scoppia virulento e produce vari danni nella società. La conciliazione epistemologia risulta compromessa e l’unica strada di compromesso che rimane aperta è quella politica. Per evitare i danni derivanti da tali conflitti i soggetti religiosi più moderati e gli scienziati meno intransigenti hanno proposto una soluzione di compromesso, di tipo politico, che consiste nel considerare due magisteri distinti, non sovrapposti: uno proprio della scienza che indaga il mondo naturale e uno della “religione” che si occupa di etica e valori, i quali notoriamente non sono estrapolabili dai fatti. Da questo compromesso dovrebbe sorgere un’alleanza per combattere assieme i nefasti effetti delle azioni e delle idee di coloro che vengono etichettati come fondamentalisti.

Nella realtà concreta gli scienziati non seguono fino in fondo certe implicazioni dei loro lavori, preferendo non esprimersi su zone grigie di confine, e dall’altra parte molte persone devote non hanno problemi ad accettare gli avanzamenti della conoscenza scientifica purché non vadano ad interferire con le proprie convinzioni metafisiche più profonde. Aldilà di ciò continuano ad esistere religiosi piuttosto lucidi che denunciano uno sconfinamento da parte di una hybris scientifica sconsiderata nel dominio della religione e, dall’altra, scienziati impertinenti fanno notare le continue sovrapposizioni dei domini, con conseguenze critiche per coloro che adottano credenze di matrice religiosa.

Allmon da questo punto di vista si colloca nel gruppo degli scienziati che tentano la via della conciliazione “politica”. Il suo obiettivo è arginare la deriva anti-evoluzionista e antiscientifica. Così scrive: “Molti scienziati affermano che la scienza non possa rispondere a domande fondamentali, quali “perché siamo qui”, “qual è stato l’inizio di tutto” o “come dovremmo vivere le nostre vite”. In quest’ottica, queste domande fanno propriamente parte della sfera religiosa.” (p. 89) Nonostante questa apparente adesione alla soluzione dei magisteri non sovrapposti poco dopo afferma che “Non [è] più ovvio che gli standard etici [possano] provenire soltanto dalla religione rivelata. Dopo Darwin, ha scritto Levine, «Il valore è visto come non intrinseco né permanente, ma mutevole, non disegnato meccanicamente ma con flessibilità e casualità […] Una volta perduta la sintonia fra il naturale e l’intenzionale, lo spazio per una voluta costruzione di significati […] si apre». Gli umani, in altre parole, devono cercarsi e costruirsi il significato al meglio che possono.” (p. 97) La conseguenza però è la delegittimazione di ogni istituzione religiosa strutturata. Qualunque essa sia non ha più alcuna legittimità speciale nell’individuare o indicare valori e comportamenti da perseguire. Per le religioni istituzionali dalla teoria dell’evoluzione consegue uno scacco non solo epistemologico ma anche etico. Le conoscenze acquisite ci mettono di fronte a una nuova rivelazione originale: quella di un individuo eticamente autonomo in senso proprio, responsabilizzato e che non può più rifugiarsi in sistemi precostituiti che facilitano una etero-direzione. I valori non sono estrapolabili in maniera deduttiva da fatti. Scopi e valori possono essere costruiti nel processo di interazione con altri viventi e nella contemplazione della tragica bellezza di questo globo terracqueo. La costruzione di valori implica che essi non debbano essere rivelati da istituzioni di alcun tipo.

Inevitabilmente i domini si sovrappongono, per esempio: la domanda retorica “perché siamo qui?” può essere ricalibrata per trovare una risposta più che soddisfacente nella narrazione del percorso evolutivo di una specie e dei suoi antenati. L’ambiguità della posizione di Allmon si risolve nel “tuttavia” posizionato a metà di questa sua riflessione: “L’evoluzione per selezione naturale non è necessariamente in opposizione alla religione, né è la base per rifiutare tutti i sistemi etici. Tuttavia, implica che il mondo naturale, umani inclusi, sia spiegabile riferendosi unicamente a processi e fenomeni naturali, che ogni influenza soprannaturale sulla natura sia non osservabile e inaccessibile alla scienza, e che l’etica e i valori umani derivino dagli umani stessi” (p. 121, corsivo mio). Egli opta per non sottolineare la criticità dell’impatto al fine di combattere il nemico comune mantenendo più alleati possibile: l’irrazionalità antiscientifica che si moltiplica virulenta nelle menti e nei comportamenti di un numero crescente di persone. L’obiettivo fondamentale è educare al pensiero scientifico e insegnare correttamente la teoria dell’evoluzione. Il tutto in maniera chiara e non aggressiva, rimanendo cooperativo nella prospettiva di combattere in gruppo le pestilenze antiscientifiche, al fine di salvaguardare il benessere della società. A tal fine questo breviario svolge egregiamente la sua funzione, così da tenere alta l’attenzione e non finire per pensare che si sia vinta la guerra, perché è risaputo che il sonno della ragione genera mostri. Nelle parole di Allmon: “La scienza non è la ‘verità’, ma è la migliore tecnica che gli esseri umani hanno finora sviluppato per comprendere cosa è il mondo naturale e come funziona. La scienza ha successo perché funziona.” (p. 15).

Olmo Viola, da La Mela di Newton

[1] L’edizione è pubblicata nella collana I Quaderni del CICAP