Pubblicato su “Nature Genetics” il genoma del frumento duro

Un passo fondamentale per sostenere il futuro della filiera nazionale del frumento duro e della pasta

Un gruppo internazionale di ricercatori ha realizzato il sequenziamento completo dei quattordici cromosomi del frumento duro, la materia prima da cui nasce la pasta, icona del Made in Italy alimentare e della dieta mediterranea. In particolare, è stato sequenziato il genoma della cultivar italiana “Svevo”. Lo studio, coordinato da Luigi Cattivelli del CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) e pubblicato su Nature Genetics, vede come primo autore Marco Maccaferri dell’Università di Bologna e oltre sessanta autori di sette paesi tra cui Curtis Pozniak dell’Università dello Saskatchewan (Canada, maggiore produttore mondiale di frumento duro), Aldo Ceriotti e Luciano Milanesi del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) e Klaus Mayer dell’Università di Monaco. Per l’Università di Bologna hanno partecipato inoltre Danara Ormanbekova, Silvio Salvi, Simona Corneti, Elisabetta Frascaroli e Roberto Tuberosa.

Il genoma studiato contiene 66.000 geni e la sua analisi ha consentito di identificare decine di migliaia di marcatori molecolari utilizzabili per selezionare varietà migliorate. Un lavoro fondamentale e imprescindibile, che costituirà il riferimento per tutta la futura attività di miglioramento genetico e per l’identificazione e la tutela delle diverse tipologie di frumento attraverso tecniche di tracciabilità molecolare.

“La disponibilità della sequenza genomica facilita l’identificazione dei geni che regolano la risposta adattativa della pianta alla siccità e la sua capacità di assorbire acqua e fertilizzanti presenti nel suolo”, spiega Roberto Tuberosa. “Queste nuove conoscenze consentiranno di valorizzare al meglio la biodiversità genetica dei frumenti antichi tramite la selezione assistita con marcatori per costituire in tempi brevi nuove cultivar più resilienti alle avversità climatiche e più ecocompatibili”.

Lo studio, infatti, ha fornito le conoscenze per comprendere il processo evolutivo che, tramite la domesticazione, ha prima portato dal farro selvatico al farro coltivato e poi al moderno frumento duro. Inoltre la ricerca ha consentito di identificare un nuovo gene capace di limitare l’accumulo di cadmio nei semi: un chiaro esempio di come lo studio dei genomi consenta la scoperta di geni in grado aumentare la salubrità e la qualità del frumento duro e della pasta.

“Il rilascio della sequenza del genoma apre prospettive totalmente nuove per la filiera del frumento duro”, conferma Luigi Cattivelli, direttore del CREA Genomica e Bioinformatica. “I dati ottenuti ci consentiranno di identificare geni di grande rilevanza pratica come quelli responsabili della resistenza alle fitopatie e dell’adattamento alle nuove condizioni climatiche o della celiachiae forniranno il background necessario per una tracciabilità molecolare avanzata di tutte le tipologie di frumento duro e di farro”.

Il frumento duro è stato selezionato dall’uomo a partire dal farro alcune migliaia di anni fa, in Mesopotamia, per poi diffondersi in Italia alla fine dell’impero romano. Nel bacino del Mediterraneo è oggi la principale fonte di reddito anche per molti piccoli agricoltori nelle aree marginali dell’Africa settentrionale e del Medio Oriente, ma deve fare i conti con i preoccupanti cambiamenti climatici in atto e con una forte pressione demografica in grado di provocare crescenti tensioni sociali e flussi migratori qualora la disponibilità di frumento duro scarseggi ed i costi aumentino. “Solo un’efficace azione di miglioramento genetico – dice ancora Roberto Tuberosa – potrà consentire di selezionare varietà di alta qualità, più produttive ed ecosostenibiliper garantire un reddito adeguato agli agricoltori e un prezzo equo ai consumatori in regioni a forte rischio climatico, a cui presto potrebbe aggiungersi anche l’Italia, dove già si preannuncia un’annata molto siccitosa”.

Lo studio è stato pubblicato su Nature Genetics con il titolo “Durum wheat genome highlights past domestication signatures and future improvement targets”. La ricerca ha beneficiato di diversi finanziamenti, tra cui un importante contributo del Progetto Bandiera MIUR InterOmics, coordinato da Luciano Milanesi. Tutti i risultati sono consultabili sul sito del progetto e nella banca dati scientifica GrainGenes.

Da Unibo Magazine