Sequenziato il genoma dell’anfiosso: cosa ci rivela sull’origine dei vertebrati

Il confronto del genoma di questo cordato non vertebrato con quello di alcuni vertebrati fornisce delle indicazioni sulle caratteristiche genetiche che verosimilmente permisero a quest’ultimi di evolvere inedite strutture morfologiche

Tutti gli organismi classificati all’interno del phylum dei cordati, seppur straordinariamente diversificati, condividono un piano corporeo comune (che include, ad esempio, una struttura allungata a forma di corda posta dorsalmente e definita “notocorda”, di cui noi umani conserviamo le vestigia all’interno dei dischi intervertebrali della colonna). Tale modello di base l’evoluzione, nel corso di centinaia di milioni di anni, ha poi imposto delle “variazioni sul tema”. Branchiostoma lancaeolatum – detto anche “anfiosso” del Mediterraneo – è considerato il Cordato vivente che più si avvicina morfologicamente ai primi rappresentati di questo phylum, nonché al modello corporeo di base di tutti i cordati.

La separazione della linea evolutiva dei vertebrati (che comprende mammiferi, pesci, uccelli, rettili, anfibi) dal resto degli altri cordati non vertebrati, di cui l’anfiosso è un esponente, risulta ancora poco chiara. I vertebrati, inoltre, durante il loro cammino evolutivo, hanno evoluto numerosissime innovazioni morfologiche, prima fra tutte una robusta struttura scheletrica interna, nonché degli organi sensoriali estremamente sofisticati (come gli occhi, assenti invece nell’anfiosso). Gli eventi genetici che resero possibile l’evoluzione di queste novità morfologiche, e quindi anche la divergenza tra cordati vertebrati e cordati non vertebrati, soffrono ancora di una scarsa comprensione e si limitano alla constatazione che probabilmente i primi vertebrati subirono due successive duplicazioni dell’intero genoma, un fenomeno noto come “poliploidizzazione”.

L’intenzione di approfondire e affinare la conoscenza su tali eventi genetici è alla base di un nuovo studio, pubblicato su Nature, nel quale un gruppo di ricercatori ha sequenziato il genoma di B. lancaeolatum, successivamente sottoposto ad analisi. L’obiettivo finale di questo studio era quello di confrontare questo genoma con quelli di vari vertebrati noti(tra cui il topo, Mus musculus e lo zebrafish, Danio rerio), alla ricerca di differenze che potessero rendere conto, a livello genetico, della loro divergenza evolutiva.

Ciò che è emerso da questo studio comparativo è che, rispetto al genoma dell’anfiosso, i genomi dei vertebrati sottoposti ad analisi presentano una maggiore separazione spaziale tra i geni veri e propri (codificanti per proteine) e quelle sequenze non codificanti che controllano l’espressione dei geni stessi, detti “elementi cis-regolatori”. In aggiunta, i vertebrati possiedono più elementi cis-regolatori per ogni gene; in altre parole, l’espressione di un singolo gene nei vertebrati è controllata da più sequenze non codificanti. In questo modo, gli autori ipotizzano, si sarebbero aperte per i primi vertebrati numerose possibili strade da percorrere, avendo la possibilità di controllare in modo più raffinato e complesso ogni gene.

Come già detto, in seguito ai due eventi di duplicazione genomica, i primi vertebrati ebbero a disposizione più copie degli stessi geni. Cosa ne fecero? Dalle analisi emerge che le varie copie geniche andarono incontro a due destini principali: nel primo caso, si ritrovarono ad essere attivate in regioni corporee sempre più circoscritte e per periodi di tempo sempre più brevi; nel secondo caso, invece, le copie geniche assunsero nuove funzioni.

Un altro meccanismo di regolazione genica, la metilazione del DNA, già operante nel genoma dell’anfiosso, è stato mantenuto, seppur con lievi variazioni nel funzionamento, nei genomi dei vertebrati.

Il quadro generale che dipinge questo studio di genomica comparata è in linea con quello che ormai si sospetta da anni, e cioè che l’aumento della complessità morfologica negli organismi viventi sia primariamente da ascriversi a modifiche nella regolazione genica, più che all’incremento del numero di geni. Questi due processi, però, possono spesso co-esistere, e soprattutto possono dipendere l’uno dall’altro. I ricercatori descrivono, al fine di visualizzare intuitivamente il processo, un “paesaggio di regolazione”, che racchiude tutti i modi in cui è possibile regolare l’attività dei geni. Grazie probabilmente al materiale genetico fornito dalle due duplicazioni genomiche, i primi vertebrati furono in grado di ampliare il loro paesaggio di regolazione. E da qui, forse, derivano le loro peculiarità morfologiche.

Bibliografia:
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